Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/117

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P‘7 luogo a Firenze mentre io mi vi trovava al tempo che era ivi radunato il Congresso scientifico, fui molto stupefatto delle innumerevoli negligenze occorse nella esecuzione dell’Oratorio di Haydn la Creazione del Mondò, la quale non offre che ben poche difficoltà. E non di meno Firenze può vantare degli artisti non privi di merito, nè mancavano i mezzi d’effetto, perocché eransi radunati 576 cantanti e 256 suonatori. Gessò ogni mia meraviglia allorché mi si disse che il capo di tutta quella schiera non aveva potuto ottenere da èssi che due sole prove. Vero è bene che costui non dava molti indizii di esimia capacità nelle sue funzioni, tanto chè durante l’esecuzione, il sig. Picchianti (1), valente professore di violino che occupava il primo seggio, dava segno di inquietarsi del poco felice modo col quale era diretta, ecc. Al mio primo entrar in Italia rimasi non poco meravigliato della negligenza con cui suonano le orchestre e d’ella poca -cura che presiede alla organizzazione di queste. Ad uno dei più grandi e famosi teatri della Penisola, per* esempio, gli stromenti da fiato sono molto buoni, ma deboli sono jael contrapposto i violini ed i contrabassi. E questo diletto risulta maggiormente sensibile ove si noli, come già osservai in altra mia lettera, che la banda militare suol occupare la scena pel durare di buona metà dell’opera e del ballo, e rende quindi più necessario il giusto equilibrio e la robustezza delle parti componenti la base d’ogni orchestra. Non mai la menoma sfumatura o fina osservanza di piani e forti, non mài quelle dilicatezze e grazie d’esecuzione che tanto sarebbero necessarie a dar riposo all’orecchio stancato da un continuo fracasso assordante. Per’amor della verità è però necessai’io notare che codeste finezze, codeste sfumature di piani e forti tanto ricercate nelle orchestre perfette, andrebbero perdute di mezzo al romore che può benissimo ’paragonarsi a quello d’un mercato o d’una pubblica piazza. Gli abitanti della capitale or accennata si occupano nel, loro gran teatro degli affari, e li trattano ad alta voce, parlando e disputando di contratti, di variazioni dei fondi pubblici, vanno e vengono, ridono e.schiamazzano, come se sulla scena e in orchestra non si facesse nulla di meritevole della menoma attenzione. E d’altra parte la mancanza di buone prove e in bastevole numero è pure causa principale della trascurata esecuzione musicale che di solito si ode nel gran teatro di cui vi parlo. A Bergamo la stessa abbondanza di stromenti d’ottone, timpani, tamburi, gran cassa, lo stesso rumoroso sfoggio della banda militare, e per lottare con tutto questo apparato formidabile, de’ violini ancor più deboli e dei bassi più infelici di quelli dei quali vi ho detto parola più innanzi. Il malessere ch’io soffriva all’udir quell’orchestra era tanto maggiore in quanto che la compagnia cantante componevasi di artisti di vaglia. E tuttavia è da confessare che anche per questi l’istinto italiano trionfava della incapacità artistica, poiché in certi momenti, e in ispecie ne’pezzi concertati, si notava un calore di sentimento, un’unità, uno slancio che ben di rado ] si ha a lodare ne’nostri teatri, e neppure al r gran d’Opéra a Parigi. A Roma la mia sorpresa fu anche maggiore, perocché ivi cantanti, coristi, suonatori d’orchestra, tutti erano mediocri o cattivi, e nondimeno non potei a meno di ammirare l’animatezza di tutta quella gente nel finale del primo atto della Maria di Rudenz. Fra le città d’Italia da me visitate, Napoli è quella ove trovai l’esecuzione generale clella musica nello stato il più soddisfacevole, abbenchè al teatro san Carlo la non sia più così buona, coni’ eli’ era alcuni anni fa quando Festa dirigeva l’orchestra. Eppure non era a lui dovuto l’impulso a far meglio di quanto prima di lui in qùesto proposito si faceva, ma, uomo d’istinto e di talento, egli aveva avverate le mire di Rossini. L’illustre compositore aveva stretto con Barbaja un contratto che lo obbligava a dirigere la musica del teatro,. con una paga di i2000 franchi per anno} e le cure di Rossini si erano dapprima rivolte all’orchestra, la cui composizione era assolatamente viziosa. Per esempio, in quella numerosa orchestra non v’erano che due sole viole e tre violoncelli. Il suo genio aveva indovinato una perfezione d’esecuzione che mai non avèva potuto udire il suo orecchio, e le sue esigenze avevano insensibilmente indotti i suonatori a certe delicatezze d’espressione per lo innanzi neppur sospettate. Dopo partito Rossini, Festa aveva mantenuta l’orchestra sulla buona via per la quale era stata posta dal gran maestro, ma dopo la morte di lui le buone tradizioni si sono insensibilmente alterate, e sebbene sia ancora incontestabile la superiorità dell’orchestra del san Carlo su quella degli altri teatri d’Italia 6), pure ha essa molto perduto del suo antico valoi’e. Gli altri teatri di Napoli non offrono nulla di straordinario, o per dir meglio sono tutti mediocri sotto questo rapporto. Non parlo già dei piccoli che sono molti, e ne’quali si rappresenta talvolta l’opera in musica, ma sempre con cattive.parti sì di canto che d’orchestra. L’orchestra del Fondo non è che un raddoppio di quella di san Carlo, quella del teatro Nuovo pecca delle trascuratezze proprie a tutte le altre orchestre d’Italia. Delle altre non vai la pena tener discorso. Parlando dell’esecuzione generale della musica non posso passar sotto silenzio quella che si ode nei Conservatorii. Ma volendo dire con qualche dettaglio ciò che ho veduto ed inteso in queste scuole ne farò tema di un’altra mia lettera. I difetti da me osservati intorno all’esecuzione generale della musica, le negligenze degli stromentisti e dei coristi, la nessuna cura delle mezzetinte e delle finezze, mi paiono i risultati dell’educazione musicale e delle abitudini del pubblico, e fors’anche dell’organizzazione sociale. I teatri, in generale vastissimi, sono male illuminati, all’eccezione di’alcuni giorni di festa e di solennità, nei quali si versa un torrente di luce dalle candele di cera che guerniscono la platea dal basso all’alto. La mancanza di illuminazione è in certe platee spinta al segno che poco è meno un’oscurità perfetta} è cosi quella di Bergamo, ove non vi sono punto fanali. Nelle località avvezze a questo sistema non si ha luce che dalla ribalta e in alcuni palchetti mutali in gabinetti di. conversazione. Egli è qui ove vengono a visitarsi le persone che ben di (I) Senza boria municipale ì trebbe far qualche obbiezione t Félis? a milanese non poquesto giudizio del rado si trovano assieme a casa loro} egli | è qui dove gli stranieri sono presentati, f La distrazione vi è dunque permanen- i te, la conversazione vi si fa ad alta voce, e l da tutto ciò risulta un bisbiglio ed un sordo chiacclierio che rende impossibile il distinguere le finezze e le dilicatezze di esecuzione. Dirò di più: non è punto possibile recar alla perfezione l’esecuzion musicale quando si ha a fare con un pubblico che non px-esta punto attenzione } perocché questa pex’fezione non è solamente il prodotto di un buon meccanismo, ma risulta bcnanco da una tal quale px’opagazione delle emozioni dell’anima tra gli esecutori e gli uditox’i, e di una specie di vicendevole azione e reazione morale. La distiazione da una parte induce la distrazione dall’altra} ora, com’è possibile mai che esecutori distratti possano far iiiilla di perfetto! (Sarà continuato) CRITICA. MELODRAMMATICA Tragedia lirica in quattro ginrii, parole «li jP. Guitti, ni «ittica «li Teotlut a lUabellini. Fu detto già in questo foglio come l’opera, il cui titolo è scritto in fronte, di questo articolo, apparisse di recente su queste maggiori scene della Pergola, e con quanto lusinghieri plausi fosse accolta dal pubblico. Ora ai primi plausi hanno costantemente tenuto dietro quelli delle sere successive, e, ciò che è più decisivo, il numeroso concorso degli spettatox’i. Nè fu taciuto del pari, nè io qui starò a ripeterlo inutilmente, quali sono i pezzi che più specialmente hanno incontrato il pubblico favoxe. Accingendomi però a dettare alcune critiche osservazioni su questo lavoio di uno dei miei migliori amici, credo mio dovere comixxciai’e «lai dire due cose, che, ad onor del vero e ad jnteresse del maestro, non debbon tacersi in verun modo: i.u che allo scopo essenziale di destare l’interesse.dell’uditore gli è del tutto mancato l’ajuto del poeta e spesso anzi contrb il poeta ha dovuto lottare scrivendo: 2.° che la morte di peisona a lui cara, e congiunta coi più stretti e sacri vincoli del sangue, è venuta in mal punto a contristarne l’animo, quando più abbisognavagli esser scevro di cure e tx-anquillo per dar mano a compire il suo artistico lavoro, il quale, forse, per ciò in qualche parte è restato in parte lontano da quella perfezione a cui l’autore anelava. Tutto ciò premesso, anziché scendex’e a particolari, per lo più inutili e nojosi a chi non ha sott’occhio la partitura, mi terrò nel mio non grato ufficio di critico, ad alcune generali considerazioni che all’interesse generale dell’arte, non che a quello particolare dell’autore, mi sembrano poter riuscire. E per cominciare notex-ò, come lo stile cui è dietro a formarsi il Mabellini, e quale apparisce nel Conte di Lavagna, non è certo assolutamente nè quel di Rossini, nò quel di Bellini, nò quel di Donizetti} nè tampoco è quello del suo maestro Mercadante, quantunque ( cosa ben naturale ) ne senta la maniera. Ha però sempre tanto f d’individualità essenziale e caratteristica’, ’ da contraddistinguerlo facilmente. Questa | circostanza di fatto, che ho sentito notare | li