Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/179

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I Senofonte ci fa sapere che i suonatori di | flauto viveano signorilmente, e che la loro l presenza alle feste od ai funerali s’avea per 5 grandemente necessaria. Pare perciò che gli esecutori guadagnassero ingenti somme, e si ha da Ateneo che l’arpista Amelio riceveva un talento (4,850 franchi) ogni volta che suonava al teatro (l). Dopo il flauto, la lira teneva il primo posto infra gli stromenti musicali de’Greci. Tutto ciò che risguarda l’origine di questo è già stato detto. Le Muse, Lino, Orfeo, Amfione, Terpandro, Pitagora e Timoteo sono stimati per aver perfezionato questo stromenlo aumentando la sua estensione e il numero delle corde. 1 diritti di ciascuno di costoro possono essere tutti validi e giusti, perchè la medesima modificazione o perfezionamento può essere stata fatta da uomini differenti od essere stala da loro adottata, senza che eglino sapessero che la medesima discoperta era stata precedentemente già fatta. Il grido delle nuove invenzioni non correva allora cosi sollecito per tutto, siccome è a’ nostri giorni, e le relazioni fra i diversi paesi non avevano quella regola e ce.lerità che si vede nei tempi moderni. Vi avevano lire di più maniere: il formica, la cetra, la chelys, la testudo, ecc. Difficile sarebbe il precisare le minime differenze che avevano questi stromenti l’uno dall’altro -, poiché Quintiliano dice che nel numero degli stromenti da corda si trovava la lira, la quale aveva un carattere analogo al genere mascolino per la profondità e gravità de’ suoi suoni; la sambuca, debole e dilicata, rassomigliava al genere femminino, e per cagione degli acuti suoi suoni e per la sottigliezza delle corde era atta ad affievolire lo spirito. Fra gli stromenti mezzani, il potyplhongon s’approssimava al genere femminino della sambuca, e la cetra non era guari differente dal maschio suono della lira. Vi era ancora, secondochè pare, una serie di stromenti da corda, de’ quali la lira e la sambuca formavano i due capi estremi, ed il polypthongou e la cetra l’ordine mezzano. Quintiliano nota poscia che vi erano fra Queste lire principali degli spazii intermeii: la cetra differiva forse dalla lira comune, Tarpa semplice dall’arpa doppia. Da un passo del poema degli Argonauti paiprovato che la cetra e il fornice èrano due stromenti diversi: ivi detto è che Chirone toccava qualche volta la cetra d’Apollo, e qualche volta la sonora conchiglia del formice di Mercurio (2). Nell’inno a Mercurio attribuito ad Omero, si dice, che questo dio ed Apollo suonassero colla lira alle braccia. Ciò indicherebbe uno stromento somigliante più alla chitarra che all’arpa;, ma gli antichi avevano lire, cetre e testudo di forme così fra loro differenti, come sono a’nostri dì Tarpa, la spinetta, il clavicembalo e il pianoforte. Questi stromenti variavano altresì quanto al numero delle corde, lo che ha fatto luogo a discussioni per sapere se la lira aveva in origine tre corde o sette o più ancora. (Sarà continuato) (1) Non è dunque solo a’ nostri tempi che i Paganini, i Tlialberg, ecc., ammassano tesori colla loro. virtù musicalo. (2) Nel volume nono della Ilevue Musicale di Parigi j può vedersi un’applicazione completa delle diverse spc- eie di lira e di cetra. CARTEGGIO I. Al sig. C. di Parigi Voi vi sarete accorto facilmente che nelle due lettere che v’ho scritte sull’esposizione, io non ho che fatto passare in celere rivista i nomi cd i lavori, che mi parvero più eminenti; cd adopro pensatamente la parola parvero perchè, nè voglio presentare l’opinione mia individuale come un giudicio, nè amo di ferire le facili c facilmente iraconde suscettività degli artisti, che si credessero in diritto di appartenere alla schiera dei sommi, dei grandi, degli inarrivabili. Per me non voglio farmi il portinojo del tempio dell’immortalità, c lascio libero l’ingresso a chi lo desidera. lìcn io avrei potuto citarvi ancora un numero discreto d’opere e di artisti, clic meritano sicuramente degli elogi, c che certo non fanno torlo al paese, nel quale se non nacquero, risorsero almeno le arti belle; ma mi condannerete se invece d’una inutile c nojosa enumerazione io cercherò ili epilogare sotto la forma di alcune idee generali la parziale impressione prodottami da questo assembramento di tele c di marmi, che porla il titolo (l’esposizione? Che se ogni valore fosse per mancare alle mie idee, avranno almeno quello inapprezzabile di essere sviluppate assai brevemente. lo non soiio di quelli che veggono tutto sotto un aspetto sinistro, che amano le declamazioni sentimentali contro la decadenza del secolo, clic diffidano dei loro contemporanei, c clic sono disposti ad adottare la critica insofferente, che di tutto si lamenta, clic non si appaga di nulla e clic tutto condanna. Ma pure ad onta d’una certa tendenza all’ottimismo, ad onta ch’io mi senta più disposto all’elogio che al biasimo, io non posso negare a me stesso clic talora si vegga negli uomini de’ nostri tempi una propensione troppo dichiarata a prediligere la forma al pensiero, le apparenze al concetto, cd a fare quindi un troppo granile consumo di pura c semplice vernice. E questa confessione sarebbe tanto più necessaria c spontanea, qualora volessi svelare quale impressione collettiva abbia su me prodotta l’esposizione di quest’anno. Davvero clic esaminando tulle queste opere artistiche, le quali rappresentano il prodotto d’ini ccnlinajo di intelligenze, si trova complessivamente che l’esecuzione, il macchinismo, la parte materiale dell’arte, è coltivata con amore, con coscienza e con successo. Tranne qualche lavoro, la cui esposizione sembra destinata a provare sino a quali conseguenze possa giungere l’innesto dell’amor proprio e della nullità, lutlo il resto offre de’ notabili pregi di esecuzione, clic non si possono sconoscere senza commettere una vera ingiustizia. Ma perchè dopo avere scorse le sale di Brera voi ne uscite coll’anima c col cuore freddi, perchè provate quel vuoto c quella stanchezza, che nascono allorché si assiste ad un dramma che sia plausibile letterariamente, ma che manchi d’interesse? La pittura c la scultura non posseggono forse mezzi suflicicnti per iscuotcrvi, per gettare nella vostra anima il seme d’un pensiero che germini colla riflessione, per parlare alla vostra imaginazione, per produrre i due grandi effetti di tùttc le poesie, la commozione cd il terrore? Queste due arti non saranno destinate a nulla più clic ad offrire degli aggradcvoli effetti ottici? Non troveranno la loro messe che nella natura fisica c si terranno isolate dai campi dell intelligenza? Io non credo che così stretti limiti siano assegnati a queste due arti, ma credo piuttosto che regni negli artisti una colpevole trascuratezza in ciò clic è chiamato la scella del soggetto. Generalmente gli artisti fanno questa scelta con una incredibile leggerezza, cd accettano a preferenza i soggetti, che meriterebbero il titolo di mestiere, e clic sono già passati cento volte attraverso alla tavolozza di cento pittori. Credono di ricscirc abbastanza originali cambiando la posizione di qualche figura, aggiungendone di nuove, togliendone alcune, presentando degli effetti di luce diversi, riponendo insomma l’originalità nella modificazione. Con questo metodo essi costringono il pubblico a subire una serie di impressioni che si assomigliano c che finiscono quindi per divenire eccessivamente noiose. Inoltre l’artista nella scelta del soggetto, adotta un processo intellettuale, che sarebbe bizzarro se alla fine 11011 fosse fatale. Io non posso spiegare chiaramente il mio pensiero che citando l’.esempio d’un compositore, che fatta la musica cercasse un libretto per ndatlarvcla, o meglio quello d’uno scrittore clic raccogliesse un certo numero di frasi e di parole per adoperarle nella confezione di un libro di cui non conosce ancora l’argomento. 11 pittore cosi c lo scultore non cercano già un soggetto che possa ferire colla novità, colla grandezza del pensiero, ma un soggetto che permetta di dipingere un bel busto di donna e di scolpire il braccio muscoloso di un sicario; chi cerca, in una parola, un soggetto per farvi entrare del nudo, chi per poter impiegar quel tal partito di pieghe, chi per far lampeggiare un raggio di sole sovra una brunita corazza. Ideano il taglio della veste c poi vanno alla scoperta della persona a cui possano applicarla. Inoltre, per impedire clic le due arti mietano liberamente nei vasti campi del passalo c del presente, si innalzano formidabili le classiche idee, clic fanno giudicar come parte importante di un lavoro artistico, ciò che non dovrebbe esserne che l’accessorio. Si grida che un quadro sarebbe perduto, che una statua riescirebbe detestabile adottando le tali vesti, i tali costumi; quasiccliè il pennello polente che presentasse nella sua verità qualche scena del gran dramma in cui s’agitano individui e nazioni, avesse bisogno di toghe romane; di tuniche greche c di nudità, che possono riuscire alla fine nauseanti, per far accettare dal pubblico un lavoro, in cui alla grandezza deH’argomcnto s’associasse una sublime interpretazione. Eino a che gli artisti non si persuaderanno clic il pubblico può esigere qualche cosa al di là della pura perfezione materiale nelle loro opere, sino a clic non saranno convinti clic l’arte può avere una missione ben preferibile allo piccola vanagloria di colpire gli sguardi con effetti più o meno brillanti, fino a che non sentiranno che vi può essere un’ispirazione pcll’artista come ve ne è una pel poeta, pel drammaturgo, pel romanzicro, fino a dicessi non aspireranno a parlare al cuore, alle anime, alle intelligenze c non agli sguardi soltanto, l’indifferenza accoglierà sempre queste annuali esposizioni, giacché alla fine queste tinte più o meno ardite, questo disegno più o meno esatto, questo lusso di sfondi, questa saggia distribuzione di piani, qucsl’abilc condotta di lince, tutto questo sfarzo nel meccanismo dell’arte,’ non è alla fine che uno scherzo ingegnoso c nulla più, qualora non sia applicato a rivestire qualche concepimento o utile, o grande, o commovente. Il pittore ha la tavolozza, Io scultore lo scalpello, come il poeta ha la parola; clic ciascuno adunque adopri il suo linguaggio, ma per esprimere un pensiero, c non per gettare un suono vano clic vagoli lievemente pcll’almosfera accarezzando le orecchie, per isperdersi dopo come la nube clic non lascia dietro a sè alcuna traccia. Nè io esigerei corto clic tutti gli artisti creassero soltanto delle opere clic portassero questa aureola scintillante dcU’inlclligcnza; oh no! conosco anch’io a quali circostanze debba l’artista sottomettersi, e come la parola commissione possa frenare gli slanci arditi cd avventurosi dell’artista di genio. Io accetto tutte le gradazioni nell’arte c nella poesia; il sonetto cd il ritratto, il paesaggio c l’idillio, il quadro di genere e l’epigramma; ma vorrei che al di sopra di tutta questa massa, che servirebbe opportunamente All’ufficio d’ombra, dominassero alcuni di quei grandi lavori, innanzi a cui arrestandosi il pubblico maraviglialo e commosso, dovesse esclamare - Ecco l’artista! - Vorrei che quando un generoso committente domanda all’artista un quadro od un gruppo, confidandogli la scelta del soggetto, non si si fermasse a quegli eterni argomenti delle Diane, delle Bcrsabcc, delle Susannc, delle Lucrczie c a tutte quelle vecchie pagine di storia già corrose da tanti artisti, già diluite su tante tavolozze, c clic hanno già stancale tutte le pazienze dei pubblici. Nè io ammetterci come onorevole c come giusta la formola generale con cui gli artisti cercano di sottrarsi alle conseguenze di questo grido, che evoca alla fine un’arte contemporanca, la quale dimettendo le classiche sue restrizioni, possa ispirarsi alle idee, alle speranze, alle credenze dei nostri giorni; formula clic si riassume nella frase, ebbene datemi dei soggetti. Darvi dei soggetti? Risparmiarvi adunque l’officio più nobile