Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/214

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I persuaderci. Ce ne fornisce quello stesso j Mercatante che tante volte abusò straria, mente dell’orchestra soffocando con essa | il canto, e basta ricordare di lui il Giuramento, ed il Bravo ma in questi che pure ebbero il plauso universale egli non fu guari imitato. Ai tratti dal medesimo sparsi nelle opere teatrali in cui si trovano impiegati per un tempo considerevole soltanto alcuni pochi istromenfi, ne aggiungeremo uno il quale sarà men noto perchè appartiene all’ultima grandiosa messa che egli scriveva prima di lasciare la Cappella di Novara («). Consiste questo in un duetto non brevissimo di due clarinetti senza alcun accompagnamento situato dopo il vivacissimo e rumoroso pieno del (iloria, il cui efletto riuscì incantevole a segno di non lasciar desiderare neppure un bassetto in giunto (l). Sia forte il concetto, sia vera l’espressione, e non si avrà tanto bisogno dell’assordante forza materiale troppo spesso impiegata a supplire al vero calore dell’affetto. Diremo per ultimo della struttura della melodia, la quale sembra si vada sempre più accostando alle forme della canzonetta, anziché assumere un fare largo qual si conviene alla drammatica; specialmente se trattasi di argomento serio. Non vi ha dubbio che le regole melodiche e ritmiche registrate dal Reicha nel suo trattato della melodia abbiano fondamento nella nostra istessa natura; ma non vi ha dubbio del pari che il seguirle troppo alla lettera non impicciolisca il pensiero e non ne scemi molte volle. l’efficacia. Il bello nella melodia drammatica sarà egli solo riposto nella facilità di imprimersi nella memoria sì che si possa ripetere questo o quel tratto subito dopo la prima recita? Non sappiamo crederlo, e stimiamo anzi che al dramma meglio si convenga una certa libertà, una certa artifiziosa trascuranza. purché diretta ad accrescere evidenza all" espressione, e dignità al carattere, e novità al concetto. Quel restringere i periodi in otto, dodici, o sedici battute come si fa per lo più, quell’appajare i ritmi e le frasi si, che ciascuna sia seguita da una seconda corrispondente, se può essere indispensabile in una musica da ballo, o in altri generi di piccole proporzioni. può molte volte nuocere alle composizioni grandiose e sconvenire alla ragione drammatica, la quale vuole che tutti i mezzi siano subordinati allo scopo di dipingere i fatti che si rappresentano colla maggior illusione possibile (2). Da questa servilità proviene in (a) Si ripone (pii a suo luogo questo e l’antecedente paragrafo, clic per uno sbaglio tipografico, furono inseriti nella terza colonna dell antecedente articolo. La R. (1) Questo pezzo fu sentito tre volte a Novara, eseguito sempre dal celebre Ernesto Cavallini, c dall’egregio Careggia alunno dcll’I. R. Conservatorio di Milano, ed ogni volta fu al pubblico graditissimo, restando tutti maravigliati come da si pochi mezzi tanta bellezza potesse prodursi. (2) Molti maestri pratici e teorici si sono dichiarati contro la regola clic tenderebbe a introdurre in ogni genere di musica una rigorosa euritmia. Fra tutti ci contenteremo di citare il lodatissimo Albrcchtsbcrger cui nessuno può tacciare o di spirilo d’innovazione, o di rilassatezza di principii. j Questo maestro nel suo metodo elementare di com} posizione, tradotto dal rinomato Choron, dice apcrlas mente che il ritmo musicate nei pezzi richiedenti lar» glie proporzioni (e si parla appunto di musica dramj malica) non può essere assoggettalo alle forme rego■ gran parte l’uniformità che guasta molte; delle moderne melodie, e la difficoltà di: crearne di nuove. Da questa l’esclusione i: di alcuni metri nella poesia drammatica, i ii quali potrebbero essere opportuni a eoa- |! diuvare l’espressione, e le leggi quasi sempre arbitrarie con cui i maestri martoriano spesso i poeti; i quali, costretti ora a fare | un’aria invece di un duetto, perchè così j vuole la prima donna, ora un duetto col; tal cantante invece del tal altro, così esi■, gendo le convenienze, ora ad introdurre | contro ogni buon senso il coro e la banda,; ora a raccorciare a costo di mutilare, ora | ad estendere a costo di diluire, ed a mille altre tutte del pari irragionevoli esigenze della virtuosa famiglia, son ben degni di scusa se a mala pena riescono a fare un soffribile pasticcio. Concludiamo. Si vuole la maggiore possibile perfezione nella musica drammatica? Si esamini bene tutto che s’accorda coll’idea che abbiamo a principio stabilita, si sottopongano a severa critica le leggi imposte, le pratiche usate, per eseguire ciò che la più sana ragione dimostra utile, ed evitare quanto può nuocere. La composizione musicale ha delle norme impreteribili per l’armonia, perchè quanto riguarda questa cade sotto il dominio del calcolo; ma non può avere se non se norme generali per l’invenzione e condotta della melodia, per l’istrumentazione, perchè queste dipendono dall’immaginazione del compositore. Se dunque il trascurare le prime è riprovevole perchè conduce a una scorrezione di stile nocevole al buon effetto armonico; il farsi schiavo di regole troppo particolarizzate nelle altre parli non produce che grettezza. Peggio poi è il farsi del pubblico un vano spauracchio sul timore che ad ogni novità egli debba avventarsi contro l’autore. Sebbene composto dei più strani elementi, il pubblico è d’ordinario miglior giudice che non si pensa, e beh di rado avviene poi che egli l’accia mal viso alle novità, benché talvolta ardite e poco ragionevolmente introdotte; e per altra parte, salve alcune circostanze sociali sotto la cui influenza tutti viviamo, non è già il pubblico che determina il gusto nelle arti; ma è l’artista di genio che volge a suo talento il gusto del pubblico, nè questo ha mai dimostrato una forte predilezione per gli stazionarli (I). M. R. Boucheron. lari c simmetriche dei piccioli pezzi, perchè i limiti clic una tal legge prescrive possono sconcertare, ed anche annientare la più felice idea. In quanto a noi, siamo d’avviso che quella regola sia da porsi a paro di quella che si da ai pittori di disporre i gruppi delle figure di un quadro in forma piramidale. Regola da seguirsi quando non siavi un motivo di trascurarla, e sufficiente ci sembra quello di dare novità alla melodia purché ciò sia senza nuocere alla chiarezza ed alla verità di espressione. (I) Non avendo in questo esame avuto intenzione di fare l’elogio o la critica d’alcuno in particolare, ci siamo limitali a parlare soltanto di quei maèstri che nel tratto di tempo da noi abbracciato figurano quai capi scuola, tacendo di molli altri per belle composizioni meritevolissimi d’encomio. Nessuno se ne adonti; verrà tempo in cui potremo forse mandare ad effetto il pensiero di fare in questo medesimo giornale una ragionala rassegna di quanto si produsse di bello nella nostra Italia da alcun tempo in qua nella musica drammatica, affinchè gli studiosi non appartenenti a conscrvatorii possano facilmente scieglierc i modelli su cui meditare. Nessuno allora sarà defraudato della lode meritata per quanto il consentiranno i nostri scarsi BIBLIOGRAFIA MUSICALE ALCX’KI PEZZI PER PIANOFORTE l recentemente editi presso Ricordi. Allorché si tratta di un nome poco cognito, o di un artista la cui riputazione è all’aurora, in certo qual modo diventa indispensabile qualche parola d’csordio onde disporre il pubblico in favore del compositore le cui opere voglionsi assoggettare a particolare esame. Ma allora (pianilo si deve tener discorso di una celebrità già da molli anni universalmente riverita a che servnn superflue argomentazioni? Nominare Sphor, ed il lettore trovarsi ad un tratto preparato ad esser trattenuto di lavori coscienziosi c dotti non è la stessa cosa? 11 sommo armonista alemanno, non ha molto, pubblicò un Necomlo Trio concertato per violino, violoncello e plaforte in cui, come adoperò nel primo, dispose le parti istromentali in modo che ciascuna presentasse un interesse speciale, c cercò che avesse ben anco a risultarne un pregevole tutto, dimostrando la profonda conoscenza e padronanza di tutte le combinazioui scientifiche, per render preponderanti le quali qua c là parve talvolta inceppare il libero corso della sua immaginazione, c pertanto non è a meravigliarsi che nelle parli più ricercate del pezzo ne sia derivata una lieve tinta di monotonia. Il Trio, Op. 125, di Sphor merita che i maestri c gli esecutori nudrili di buone dottrine musicali lo faccian soggetto di accurato studio. Il primo tempo - allegro moderalo - in fa contiene alcuni pensieri maestrevolmente riprodotti sotto differenti aspetti che forse a tutta prima non sembreranno troppo omogenei c nuovi, ma più si udranno meglio potranno apprezzarsi e si finirà per applaudire all’eccellente loro sviluppo. La nobile cantilena del larghetto a tripla è assecondata da sì efficaci e si ben coloriti accompagnamenti, ed un islromcnlo serve di sì attraente risalto all’altro, clic chiunque l’avrà ad eseguire o ad udire non potrà a meno di rimanerne penetrato. Lo scherzo in do minore col trio in la bemolle brilla per vivacità di concetti e degli andamenti per squisitezza delle enarmoniche transizioni; deve riuscir non agevole I’ eseguirlo nell’animato movimento e coll’accento prescritti. Il finale che principia in fa minore, ed al par del primo tempo si compie in fa maggiore, è travagliato in stile fugato c le più erudite imitazioni mirabilmente si susseguono e si collcgano fra lo svolgersi d’incessanti modulazioni. Le ricerche scientifiche c lo sfoggio delle armonie, portate ad un sì eminente punto, se non gran diletto agli orecchianti, devon al certo recare stupore agli intelligenti, che di esse ponno fare tesoro. Rendasi pertanto il debito tributo di grazie c di cncomj a Sphor che come irremovibile scoglio manliensi fermo in mezzo al precipitoso torrente devastatore della musica istromentalc moderna. I severi componimenti di lui, improntati di classicismo, sopravvivranno all’epoca in cui furon scritti, nei mentre la maggior parte de’pezzi ora calorosamente acclamali dalla generalità fra pochi anni verranno obbliati. Tale si è il destino clic la moda riserba a’eieci suoi seguaci. Varj di questi, tuttavia in vigorosa età, piangoli già le derelitte loro pagine musicali. A quelli invece che con avvedutezza si mantennero forti sulla via del vero bello, in compenso del corpo curvato sotto il peso degli anni, è data la soddisfazione di osservare le opere della loro giovinezza innalzarsi vie maggiormente nella stima de’ conoscitori. O voi che possedete eletto ingegno decidete a qual partilo vi convenga attenervi? Oggi piacere al pubblico; metter insieme delle fantasie (!!) sopra altrui motivi, e fra poco esser dimenticali. Disdegnare le momentanee capricciose esigenze del pubblico; creare della musica ragionata? c procacciarvi la riverenza de’ posteri. Se non avete coraggio per appigliarvi al meglio, almeno abbracciate un sistema clic troppo da esso non si scosti! Adolfo Ilcnsclt è fra que’ pianisti d’ingegno nel novero delle produzioni de’quali trovansi alcune falle per cattivarsi i suffragi ne’ concerti c nelle sale, ed altre invece dirette all’intelligenza di chi nella musica vuole immaginazione c condotta. I superbi suoi stndj c l’appassionato Duo per pianoforte e violoncello da una parte, e le Variazioni sull’Elisir d’amore c sul Roberto il Diavolo, dall’altra, vengono in appoggio alla nostra opinione: - Ee tallitati musicalfantasia sopra un’aria liocina-russa (così sta segnato nel frontispizio del pezzo più nuovo di Hensclt) senza pretendere ad esser qualificato fra quelli di maggior importanza, deve assai aggradire per l’elegante e dignitosa maniera con cui I’ autore svolse, adornò ed armonizzò il tema da lui scelto, al quale frappose una specie di pastorale di una melodia che t trasporta. Dispiace come una delle provette sommità pianistiche siasi abbassata in alcune delle più recenti sue produzioni ad offrire al malaccorto dilettantismo cd £ alla speculazione degli_editori de’ pezzi a pot-pourri che (