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GAZZETTA MUSICALE

ANNO II.
N. 1

DOMENICA
4 gennaio 1843.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


NB. Alla nota de’ principali sig. Collaboratori a questa nostra Gazzetta, indicati nel manifesto d’associazione che si diede col passato foglio, si aggiunga anche il sig. Don N. E. Cattaneo, l’autore di varie pregevoli operette didattico-musjcali.

SOMMARIO.

I. Critica Musicale. Di un libro intitolato Lezioni d’Armonia, scritte da Domenico Quadri, ecc. - II. Critica Melodrammatica. I. Stretti rapporti fra la poesia e la musica melodrammatica. II. Vallombra, dramma lirico in due atti, ecc. - III. Carteggio. Firenze. Parigi. - IV. Notizie Musicali Italiane. Palermo, Torino. - V. Dizionario critico-umoristico, ecc.




CRITICA MUSICALE

Di un libro intitolato: Lezioni d’Armonia scritte da Domenico Quadri vicentino, per facilitare lo studio del Contrappunto. Terza edizione, Roma dai tipi di Angelo Ajani. 1841.


Continuazione V. il foglio N. 52 dell’annata decorsa


II.


Se mio intendimento fosse l’occuparmi di ogni cosa più minuta, appena aperto il libro, subito mi verrebbe all’animo il domandare al sig. Quadri se il fatto veramente c’insegni che la più piccola distanza (fra suono e suono), di cui il nostro orecchio può accorgersi in modo da saperne determinare la qualità ed il carattere, sia quella che chiamasi semitono: laddove è noto che gli antichi Greci praticavano il genere enarmonico, e, a’ giorni nostri, gl’Indiani dividono l’intervallo di ottava in ventidue parti, corrispondenti a un dipresso ad altrettanti quarti di tuono, e gli Arabi hanno la loro scala talmente ordinata che la minima differenza fra l’uno e l’altro degli intervalli intermedii, è di circa un terzo di tono. Gli domanderei altresì in qual maniera intenda che l’Armonia sia una scienza certa, facile e breve, ed altre tali cose. Ma poco frutto si ricaverebbe da siffatte questioni. Onde lascerò stare la prima lezione, e passerò subito alla seconda.

Quivi egli dice: «Questa successione di suoni» (Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do) è somministrata naturalmente da chiunque si ponga a cantare anche senza cognizione di musica». A mio avviso il sig. Quadri s’inganna. Difatto, se noi vogliamo riguardare gli antichi Greci, e coloro che da essi redarono l’arte musicale, siccome i popoli di gusto sopra tutti gli altri squisitissimo, la scala inspirata immediatamente dalla natura nei primi, è stata bensì la diatonica: ma ancorchè il nostro Autore dai numerosi volumi in foglio che furono scritti intorno alla musica greca nulla abbia potuto capire di quanto riguarda l’essenza di quella1, è pur noto per buona sorte che i Greci consideravano la riproduzione del periodo tonico, non di ottava in ottava, ma di tetracordo in tetracordo; che ogni tetracordo racchiudeva ne’ suoi estremi una quarta minore, generalmente chiamata giusta; che i tetracordi (fuor solamente un caso) erano congiunti ossia talmente disposti che l’ultima nota di uno serviva per prima dell’altro suo vicino, che là dove succedeva la disgiunzione (fra i tetracordi meson e diezeugmenon), ivi era introdotto un tetracordo supplementario (il synemenon): dalla qual natura e ordinamento dei tetracordi seguitava che il tritono era sbandito dal loro sistema. La musica nostra, in quanto alla parte melodica, è figlia della greca, e il più chiaro fra gli antichi innovatori che noi conosciamo, Guido d’Arezzo, abolito il sistema tetracordale, fondò il suo, non nella riproduzione delle ottave, ma negli esacordi; e ciò eziandio affine di evitare, almeno in apparenza, il tritono. Quindi ne emerge che il tritono, come quello che a grande studio si cercava di sfuggire dai Greci massimamente, il cui orecchio non guasto dalle abitudini, agl’impulsi della natura al tutto si abbandonava; il tritono, dico, e per conseguenza ogni scala che lo contiene, è ben altro che un prodotto naturale dell’istinto dell’uomo. Ma, prescindendo da questi fatti che la storia ci somministra, consultiamo quando che sia l’esperienza: facciamo che un uomo, affatto ignorante di musica, intuoni la scala diatonica, e vedremo che questi, sebbene d’altra parte dotato di un’organizzazione favorevolissima allo studio della musica, intonerà con facilità le prime sei note, Do-Re-Mi-Fa-Sol-La; ma giunto al Si, non saprà risolversi a farlo bequadro, il farà naturalmente bemolle.

Contuttociò, ove la scala di cui ci occupiamo, si riguardi sotto un aspetto diverso, esiste in natura. Ove dunque avrà il suo germe, dappoichè l’istinto dell’uomo non può da sè medesimo effettuarla? È agevole scoprirlo, se non riflettiamo che il sistema esacordale di Guido rovinò per opera del progresso dell’armonia. Questa, ridotta al suo stato normale dall’invenzione della tonalità moderna, prende vita soprattutto dalla nota sensibile, in cui è riposta precipuamente la forza del suo linguaggio. Ora, dovendo la melodia, nel sistema nostro, starsi congiunta con l’armonia, il tipo di questa (che è la risonanza del corpo sonoro), e il tipo di quella (che è la scala diatonica scevra dal tritono) hanno dovuto perdere ognuno tanto della sua nativa purezza, quanto era necessario perchè la loro combinazione si effettuasse.

Dalla qual cosa derivò che, volendo noi fare una scala, verbigrazia, nel tono di Do, necessariamente il Si debb’essere ♮, perchè egli è una pertinenza dell’accordo della dominante, Sol-Si-Re-Fa, senza il quale l’accordo della tonica non può essere prodotto, e mancherebbe per conseguenza il mezzo di conchiudere il senso musicale. Epperciò la scala diatonica moderna, sebbene, considerata dal suo lato puramente melodico, siasi dilungata della natura, ci si presenta naturalissima quando la si riguarda nelle sue attinenze con l’Armonia. E a questo titolo soltanto può chiamarsi scala naturale, giacchè la sua naturalezza effettiva è affatto illusoria, essendo fruito dell’abitudine nostra nel sentire continuo i due tipi, armonico e melodico insieme congiunti. Il sig. Quadri ha dunque errato nell’assegnare la naturalezza della scala diatonica suddetta al solo istinto dell’uomo.

L’errore, a vero dire, non è di grande importanza, e avrei dovuto passarlo sotto silenzio: perciocchè tutto il resto della dottrina dell’Armonia si potrebbe lodevolmente spiegare senza addurre la vera ragione della costruzione della scala diatonica, od anche allegandone una erronea. Io ho voluto nulladimeno intrattenermivi, non tanto per avvertire che, anche nelle cose poco rilevanti, assai miglior partito è il tacere, che il proferire sentenza contraria al vero, quanto perchè in tale discussione si racchiude un argomento che servirà a dilucidare alcuni punti della teoria della scala di modo minore, dove l’Autore è caduto in errori non al tutto leggieri. E lasciando da parte parecchie anomalie, che s’incontrano dopo il punto testè discusso, entrerò senza più a chiarire gli enunciati errori.

La scala di modo minore, secondo il Quadri, è un trovato dell’arte; ed è il vero: perciocchè se l’istinto umano rifugge dal tritono, a più forte ragione rifugge dalla successione dei quattro toni che intervengono quando la sesta e la settima della scala si fanno maggiori, oppure della seconda eccedente (intervallo cromatico) che interviene quando si fa maggiore la sola settima; e d’altra parte il tipo del-

  1. Lez.d’Arm., pag. 53.