Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/93

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Italiani, che ci vantiamo a ragione mae- l " stri degli altri popoli nel canto, non siamo più che scolari nella stromentale! E dico ■ più che scolari, mentre dovrei dire non | siamo nulla, stantechè tra noi la musica del genere propriamente detto stromenta/e è poco meno che sconosciuta; sconosciuti i grandi capolavori di Ilaydn, di Mozart, | di Beethoven; poco meno che ignoto il i nome di un Onslow, di un Mendelshon tanto stimati in Francia e in Germania. Io vi parlo senza far la corte al mio ■ paese, che amo per tante altre belle cose, ma non già per la sua imparzialità e discernimento ne’ giudizii di spettacoli melodrammatici. Non troverei punto difficile il farmi a. svolgere questo tema sotto i suoi vani aspetti e finir per convincervi della verità di quanto ho voluto venir affermandovi, che cioè la caduta si frequen te e si clamorosa del maggior numero delle Opere che si danno sui nostri teatri lirici è da attribuirsi almeno in gran parte alla cattiva esecuzione dello stromenta/e, e per conseguenza alla conformazione imperfetta, per non dir peggio, di aliasi tutte le orchestre italiane. Ifla qual fede otterrebbero le parole di un oscuro artista di canto, qual mi son io. il quale, ollrecchù verrebbe tacciato di perorare la sua propria causa, lo si accuserebbe inoltre di non aver il coraggio di firmare col suo nome questi quattro scarabocchi che ora affida alla vostra indulgenza? Si direbbe che di sotto ad una cert’aria di baldanza si nasconde una paura bell’e buona, e voi ben sapete che alle parole di chi ha paura si suol dare poca o nessuna retta. E che io abbia paura, è verissimo, e. per questo appunto mi tengo ben ben avvolto nel mantello delianonimo. E sapete poi perchè ho paura? Ilo paura {voi già lo avrete indovinato ) perchè, se a piè d? uno scritto ove venissi a dire delle verità tuli’ altro che cortesi delle orchestre italiane, ponessi con esempio di rara imprudenza il mio

nonie, sarei certo di tirarmi addosso la

j nimicizia di tutti i violini e violoni, bassi e contrabbassi, clarini e fanti e fagotti j della Penisola, ed in tal caso guai a me, povero tenore, la prima volta che dovessi presentarmi al pubblico in qualche^ spar-,, i /ito! E’mi pare già di essere là, in f ac- jj eia alla ribalta, con un migliaio di visi severi affissati in me, allatto di Janni a I cantare la bella prini’ aria di sortita! Il | capo orchestra, che me l’ha giurala assie| me alla tremenda coorte de’ suoi campa- j I • gni, comincia a prendere a bello studio il;! tempo del pezzo o troppo stretto o troppo largo, come gli par meglio nella mira di; farmi andar in traverso e sfigurare... Le: viole f i violoncelli, i corni, che, invece di; | dar pietoso sostegno alla mia voce colle ’i| loro amorevoli note tenute, mi grattano e mi i| soffiano sgarbatamente all orecchio certe! semiminime cosi scortesi da movere l’asma ij nei polmoni più saldi... Messe/; lo con; trabbasso, che invece di farmi puntello co’! suoi pizzicati in tempo forte, me li getta j| addietro in controtempo e mi fa perdere jj la battuta... Poi viene il pieno... e vi so li dir io che casa del diavolo mi fanno ad! dosso tutta quella frotta di cerberi abba| fanti! - La cavatina va a rovescio, il pub«blico se la piglia non con altri che con me, e i jìschii che avrebber dovuto fulminare la turba congiurata a mio danno, cadono tutti sul povero cantante ch’ebbe il coraggio di stampare sul vostro giornale un articolo di critica sulle orchestre italiane... No, no, carino mio! Ilo ben vivo desiderio che le tante verità che si hanno a dire su questo argomento le si dicano nette e tonde e con tutta franchezza, ma non voglio, no davvero, attirar sulle povere mie spalle tutte le saette della collera stromentalesca che indubitatamente susciteranno. Ilo però trovato un ottimo ripiego al male, Il ed è di mandarvi bell’e tradotta nientemeno che una lettera dell’illustre Fètis ove precisamente delle orchestre italiane si ragiona con la dottrina, con la pratica, e colla indipendenza di giudizio che a mio dire sono appunto necessarie, in simili scritti. Ora a voi, sig. Estensore, a darvi la pena di renderla di pubblica ragionej che, se non vi spiacerà di stampare anche le postille da me gittate in margine alla lettera del signor Fétis, tanto meglio. Il vostro A. E. 1. 0. U. Tenore. Varitji. La nostra società, sì compatta, sì densa nella stagione delle nevi c delle stufe comincia a disciogliersi, lo spirito d’emigrazione invade tutte qùcstc feste superbamente inanellale, che aspirano con deluda il lepore della legittima primavera clic prende il posto della primavera artificiale de’nostri salvns; tutte le notabilità che hanno un castello vicino ad una foresta, o per.lo meno mia casa di campagna in mezzo ad un prato, si abbandonano con entusiasmo ad innocenti sogni buccolici, c sono impazienti di cangiare i fiori ricamati de’ loro tappeti di velluto coi tappeti di molle erbetta ricamati di fiori. II mormorio del ruscello, il canto dell’usignuolo, la lettura a mezzogiorno all’ombra d’un boschetto di gelsomini, la passeggiata piena d’incantesimi c d’emozioni ne’solitarii viali d’un parco, ove una soave parola vi giunge circondata dal profumo della vegetazione che fiorisce, l’attiva neghittosità della pesca, l’attività oziosa della caccia, la messa nella chiesa di un villaggio, le care e qualche volta innocenti soddisfazioni d’una dolce intimità, la romanza cantata nella sala terrena attraverso ai cui aperti veroni, penetra lo. spettacolo del sole che muore indorando col morbido suo ultimo raggio le belle leste dei fiori che arricchiscono di profumi c di colori un delizioso giardino, l’incerta e poetica lotta delle tenebre c della luce, volgarmente chiamata crcpuseolo’c consumala in qucll’ineOàbile c languida inerzia così piena di voluttà c di godimenti, celie voi soli italiani avete superbamente tradotto colle parole il dolce far nioidc, i balli improvvisali alla se- ii ra, i concerti interrotti da un cicaleccio ricco di sorrisi c j di amabilità, l’ultimo addio sulla soglia della Stanza da! letto clic finisce con un a rivederci domani, tutta questa vita semi-botanica e semi-sociale, tanto franca nella j sua gajczza, tanto adorabile nella sua melanconia, colle |j sue novità di tutti i giorni, coll’ingenuità delle sue j| emozioni. coll’ebbrezza delle sue.piccole passioni na- I scosto dalla, mite atmosfera che s’apre la via attraverso | le persiane d’un padiglione, là battere lutti i cuori, e ij inette in movimento tutti i cavalli che debbono tra-! scinarc i fortunali, clic possono villeggiare ai piedi d’un I; colle, sulle rive d’un lago, od almeno in una campa-: gna popolata dalla barbabietola, sublimo vegetale che fa I. agitare in questo momento la Francia, la camera dei j deputati, ed- il campanello del presidente, che s’affanna I a mantenere la parola ad un oratore, clic parla del passaggio del mar Rosso a proposito della consuma-! zione dello zuccaro. Da questo breve esordio, clic vi sarà forse anche j sembralo lungo, voi comprenderete fàcilmente clic! partendo il mondo brillante, partono anche gli artisti! c con essi le novità musicali, giacche sarebbe perfet- i lamento inutile far risuonare di divini, ed umani, c! meno clic umani concenti delle sale deserte, c ciò pel solo amore di consumare del fiato c degli stromenti. La gragnuola dei concerti infatti 6 quasi cessata; appena qualcuna fralle celebrità più ostinale osa ancora offrire un programma e minacciare un’accademia; quasi tutte le cavalclle cromatiche vocali ed islrumentali hanno messo nelle valigie le loro vesti c la loro musica per andar a gettarsi sul Belgio, sull’Inghilterra, sulla Germania, dappertutto infine ove si possa trovare ciò che ora manca a Parigi, vale a dire un pubblico numeroso e paziente. Che il destino le ajuli nel loro pellegrinaggio, e che possano trovare dappertutto delle j| orecchie abbastanza intrepide da sostenere un oragano che mette in pericolo la salubrità dei timpani meglio l costituiti! Sia tutto ciò, alla fine, è ancora esordio; veniamo 1 dunque alle poche novità clic, mi fu dato raccogliere., All’Omero, per cominciare (la qualche cosa, il Charles VI continua il suo cammino trionfale. c reca dei grandi vantaggi alla gloria dell’autore ed alla cassetta del teatro. Duprcz, clic s’era appellalo dalla sentenza che lo condannava a rimanere indefinitamente Delfino, vide la sua causa sospesa alcuni giorni per un’indisposizione del suo avvocalo, il sig. Dupin. La voce del ccicbrc oratore s’era abbassata, ed egli avrebbe avuto orrore di difendere le ragioni del primo cantante francese, con un organo rauco, offuscalo, indegno insomma del suo grande cliente. Non sarebbe stato un epigramma proteggere con una voce compassionevole c detestabile i diritti d’una voce abbastanza illustre per guadagnare regolarmente dodicimila franchi al mese, quando si abbia fatta la sottrazione dei mesi di congedo? L’acqua zuccherala c quella di pomi affretto la salute del sig. Dupin, ma anticipò pure la perdita della lite mossa da Duprcz. Non c’ò verso, nessuno de’ tribunali di Francia vuole accettare l’abdicazione di Duprcz; egli fu, È, e sarà Delfino a suo dispetto, c dovrà ascoltare tutte le sere la patetica profezia di Baroillhct, clic col maggior sangue freddo gli promette morendo la corona di Francia. Un’opera buffa in un atto del sig. Lcfcvrc 0«ne s’avise jamais de toni, ebbe all’Opéru-comique un meno che modesto successo. È una di quelle musiche etiche, clic col pretesto di risalire alla semplicità dell’arte antica, vi annoiano colla languida povertà delle idee c delia forma. Lo sbadiglio, che (l’ordinario rovina un autore, salvò questa volta l’integrità del lavoro del sig. Lcfcvrc, giacchi: se il pubblico non si fosse occupalo in questa onorevole funzione, polca succedere il caso che gli venisse il capriccio di rinforzare l’orchestra, con suoni che riescono sempre (lisaggradcvoli pelle orecchie d’un compositore. 11 principe de la Moskowa — ’ ’ di già dc’grandi incoraggiai» d’una società, clic, si propone ui dare uc’conceru ui musica vocale classica c religiosa. Nella sua posizione gli fu facile di disseppellire alcuni pezzi sublimi, che sarebbero forse senza lui rimasti sepolti ncll’obblio. Le duchesse d’Albufcra, de Coigny, de Grammont, di Massa, de Pois, de Tallcyrand, le principésse de la Moskowa, de Craon, de Beauvcau, le contesse de Lobau, de Noaillcs, Merlin, de Sandwich ecc., si sono (ìitle premura (li associarsi a questa interessante istituzione. Nelle feste pieno di distinzione date da questa società, c che attirano il mondo più elegante, queste signore sostengono a vicenda la parto di spettatrici c’di.artista; rivelando alla brillante, udienza i capolavori di Palcslrina, di Unendoli di Lasso, di Scarlatti ecc. Il sig. De la Moskowa è il direttore d’orchestra, c questo nobile personaggio adempie alla difficile incombenza con una maestria c con una disinvoltura incredibili. Quest.’istituzione avrà un brillante male alcune ò posto alla lesta CE.AM BIOGRAFICI «SIESEIPIPE BiAMKEK. Questo • prototipo del carattere popolare viennese, i cui. fiori musicali odorosi sono sparsi su tutta la terra, il quale, meglio (Fogni altro prima di lui, seppe dar ali ai piedi:, rapire Foracchio e commuover perfino ii cuore, nacque a Vienna il 11 aprile 180-5-, in borgo S. Uldrico, ove suo padre era guanlajo. Dotato di un insolito talento musicale, imparò quasi da sè stesso non solo il violino ma anche la Composizione. Spinto dall’istinto a dirigere un corpo musicale, irislituì un quartetto c quintetto, adattandovi le,sinfonie, màrcio ed altri pezzi delle opere favorite, c Gio. Strauss, che in appresso divenne il suo famoso rivale, vi sonava la viola. In (pici tempi Lanner diede un saggio di’ varie partite di Walzer,"clic eseguì pubblicamente, colia sua piccola orchestra, la quale a ragione del perfezionamento di quelle danze s’accresceva ognor più, c pervenne all’apice coll’ottenuto applauso generale. Dibàtti ogni sua nuova composiziono sorpassò la precedente in (pianto alla novità delle idee ed amabilità delle melodie. Divenuto il favorito de’viennesi ebbe continui inviti dà tutte le regioni della monarchia, che accettò soltanto in parte. Pertanto, diresse la sua I orchestra a Prcshùrgo, Pesi, Brunii; Gralz ^.ccc-, c nel IS.iH gli fu compartito l’onore, in occasione del1 incoronazione di S. M. l’Imperatore a Milano, di H® dirigere In musica di ballo c di tavoli olle feste di Corte datesi a Innsbruck, Milano c Venezia. ■ gtgSS» l/onner (cosi la Gazz. Min. di Vienna, ila cui ò jlgìSft ì tolto questo estratto) è il vero fondatore della nostra