Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/150

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(1 intenderla, è ancor maggiore quello di non frapporre ostacolo alla voce umana, affinché questa possa uscire chiara e sonora quale si può appena ottenere dal migliore stromento <D. Al che si oppongono le vocali semichiuse o mule, le nasali. le gutturali, e il duro accozzamento di più consonanti (massimamente a fin di termine) che tanto abbondano nelle lingue francese. germaniche ed inglese. Per lo contrario eia favorevole al canto la struttura della lingua greca, la quale, anche solo parlata, una vera musica rassembra. Non è perciò che il popolo non canti ovunque e con ogni lingua, che anzi quella stessa nazione, da cui sorti il minor numero di artisti distinti, è forse più ricca di canti nazionali di qualunque altra: voglialo dire dell’Inghilterra, colle sue principali adiacenze, la Scozia, 1 Irlanda, e il paese di Galles. Cosi la Francia che nella coltura dell’arte non surse ad un grado eminente se non da mezzo secolo, e mercè l’opera di artisti e maestri italiani o tedeschi. coltivò assai per tempo e fiorisce ancora nelle romanze e nelle piccole arie o canzonette di stile popolare. La Svizzera abbonda dei cosi detti Ranz des Raches^ nè mancano di canti nazionali gli stessi Russi. (Sarà continuât’)). Raimondo Bouchebon. (1) Le lingue straniere potranno servire di scusa ai cantanti del non pronunciare chiarissimo, non la nostra che sembra creata pel canto. CICALATE IH BARTOLOMEO MONTANELLO (Continuazione c fine. Vedi il N. 51). natura ci somministra l’organo dodo delle facoltà di poter spiegare con aversi gradi e in diversi modi la voce; rimanente nella musica è fattura noIra, è nostra invenzione; come avviene in un edificio a cui la natura somministra i materiali, ma la modificazione, la unione de’ materiali, il disegno, la costruzione sono opera nostra; e quest’opera può essere di molle maniere, e più o meno confacente ai nostri bisogni e alle nostre tendenze. Cosi nel linguaggio la natura ci ha dato voce e mezzi di articolare le parole; ma (piante, lingue non vi sono diverse? e molti popoli chiamali la lingua loro la sola naturale, e dichiarano barbare le altre; ed io ho udito qualche oltramontano dichiarare fuor di natura e impronunciabile la nostra lingua italiana. Eppure sotto certo aspetto tutte le lingue, son naturali, e ciascuno ha più facile e più dilettevole quella in cui si è maggiormente esercitato. Molli popoli hanno diversa scala musicale, che è impossibile rappresentarsi dalla scala nostra. A noi non è dato di giudicare della musica antica appunto perchè non possiamo conoscere precisamente i rapporti de’ suoni sui (piali era basata. Si rileva dagli antichi scritti che la scala musicale, fu diversa ne’ diversi tempi e presso i diversi popoli. Che se anco ci fosse dato di conoscere la misura di tensione delle loro corde per conoscere il rapporto numerico de’ loro suoni (ciò die dagli antichi scritti non mi sembra potersi rilevare abbastanza chiaramente), sarebbe sempre duopo che ci esercitassimo molto sulla loro scala per giudicare della loro musica, c di più che conoscessimo le loro composizioni per vedere (piale partito han saputo trarre dai rapporti de* suoni da essi fissati. Qui pure torna a proposito il paragone delle lingue. La lingua greca c la Ialina, che sono lingue morie, devono aver perduto mollo presso di noi pel modo con cui le pronunciamo, diverso dal modo col quale i popoli le pronunciavano quandi ferali lingue vive. Nè potremmo pronunciarle come le pronùnciavan i Latini c i Greci se non per via di tradizione, c la tradizione si è perduta pel lungo tempo trascorso da che più non vivono, c per la mescolanza di popoli e di lingue ne’ tempi barbari. In oggi Francesi, Inglesi, Italiani, Greci moderni, tutti pronunciano di un modo diverso le parole greche o Ialine, e ciascuno pretende alla sua volta di pronunciarle meglio, nel tempo stesso che nessuno sa rendere ragione di certe avvenenze e. di certe particolarità clic i gramolici greci o latini rimarcati nelle lor lingue. Vediamo gli stessi autori vagheggiare certe parole, che non hanno più presso di noi quel grato suono che essi sembrano assaporare cotanto. Come i Latini pronunciassero la S c la M, per eliderle a modo delle vocali, fu da molli ricercalo con varie e dolio discussioni, le quali tornarono sempre vane e inconcludenti. Così diciarn pure della musica, constando essa non solo de’rapporti dei suoni, ma eziandio di lutti i modi di esecuzione, accenti varj, inflessioni, accrescimenti, diminuzioni, strisciamenti di voce, eco., ccc.; e se non si conoscono perfettamente anco i modi di esecuzione è impossibile giudicare di cosa che dall’esecuzione massimamente dipendi;. Nella musica poi i modi di esecuzione si van mutando ogni dì, c (piindi si dimenticano gli antichi per la sopravvenienza de’ nuovi. Ci sarebbe, ora impossibile di sentire da’moderni cantanti le gravie deliziose armonie de’ tempi di PAIestrina, di Morales, di Costanzo Porla, e di Orlando De Lasso, se i cantori della cappella sislina in Roma non ne conservassero per tradizione Ì modi di esecuzione. Pochi sono in oggi i cantanti che ci rendano con effetto i salmi di Marcello; podi1 eziandio quelli che ci cantino a proposilo c come erano cantate a que’ tempi le arie di Paesicllo e di Cimarosa, e quasi non si canta più come era cantala al tempo in cui fu scritta, c come dovrebbe esser cantata, la musica di Rossini. Andiamo poi a giudicare della musica greca, o ebraica, o egizia!! La nostra musica a partire da Guidone d Arezzo, e dai canti ecclesiastici che la precedettero, non solo ha cambialo totalmente ne’modi di esecuzione, ma anco in buona parte nei rappoi li de’suoni della scala; c furono mutate di conseguenza le modulazioni e le cadenze. E (piante cantilene popolari non si conservano in oggi, le (piali partono da distribuzione de’ suoni diversa dalla nostra, nè riesce possibile ripeterle coi suoni nostri se non per approssimazione, e perdono quindi affatto del loro carattere e di ogni gusto? Se anco a tempi nostri vi ha possibilità di modulare al modo de’ cinquecentisti, le nostre modulazioni basale su quelle non hanno più l’effetto che quelle aveano. Coll’antica distribuzione dei suoni le dissonanze di seconda facevano arricciare i capelli in fronte a chi le udiva, tarifera l’urlo, lo sbaitimenlo loro; ed ora appena otteniamo di simili effetti colle maggiori dissonanze nostre, le quali non erano punto dagli antichi praticale. Le seconde, son divenute per noi un vezzo; nè possiamo attribuire all’abitudine nostra se quelle antiche armonie non hanno ugnai potere appo di noi, poiché se le udiamo in Roma da que’ cantori che le rendono al modo antico troviam che non hanno punto perduto di effetto. Un secolo fa le proporzioni tra le corde della scala erano del seguente modo: 24, 27, 50, 52, 56, 40, 45,48, do, re, mi, fa, sol, la, si, do. Si aveano pertanto degli intervalli di tuoni, di terze minori e. maggiori, di (piarle, di quinte affatto differenti. Do-re, fa-sol, la-si presentavano la relazione di 24 a 27, di 52 a 56, di 40 a 45, cioè di 8 a 9. Re-mi, sol-la avean la relazione di 27 a 50, di 56 a 40 cioè di 9 a 10. Ecco de’ (noni a differenti intervalli; c maggiori differenze, si riscontravano nelle terze, nelle (piarle, quinte, e maggiori ancora risultavano ne’ tuoni di diesis e bemolli. Queste differenze di relazioni nei varj intervalli cran quelle che davano un carattere speciale ai diversi tuoni: Do - sonoro: Ite - maestoso: Mi - brillante: Fa - vivace, ecc. Mirandosi in oggi sempre più di ridurre l’accordatura degli islromenli ad un temperamento equabile, si ottiene bensì di render facili e uniformi le armonie c le modulazioni in tutti i tuoni; ma i tuoni perdono del lor carattere distintivo, delle loro qualità marcate;. perciocché il carattere non consiste già nell’essere un tuono più acuto o più grave, ma specialmente nella diversità, sebbeti poco rimarchevole, degli intervalli! de’ suoni che lo compongono. Tulle queste osservazioni (e molte altre che potrei aggiungere se mi facessi all’analisi dc’suoni) mi confermano nell’opinione che la nostra scala non parla così radicalmente dalla natura da non poter essere cambiata; e se può èssere cambiata perchè non potrebbe essere cambiata in meglio? Ridiamci della contraria sentenza che con tanta autorità ci affacciano i nostri Bacalaci; ridiamci come delle altre loro austerità nelle armoniche teorie, o della loro pertinacia nel richiamarci esclusivamente alle fughe ed al cantofermo per apprendere la musica. Ma converrebbe modificare o cambiare la scala, c sostituirne un’altra a quella che abbiamo in uso? Non mai. Ciò sarebbe sconvenientissimo ed impossibile. Sconveniente, perchè perderemmo di posta il gusto a tante e così stupende composizioni già create, e cadremmo in un caos tale, da non poterci ritrarre che dopo un secolo; c intanto addio armonia, addio musica. Sarebbe poi impossibile E introduzione di una nuova scala, come è impossibile clic si crei una nuova lingua se non per mezzo dell’uso a poco a poco; e nel nostro caso prima di creare è duopo di abbattere, e per abbattere ciò che è fattura di secoli è indispensabile ima di quelle catastrofi prodotte o dalla natura o dalla barbarie degli uomini, per le quali vici) distrutto tutto ciò che era innanzi stato cretto c inventato. Sembra che queste osservazioni mi abbiano condotto ad una conclusione di poco profitto; ma mi apriranno in seguito la via ad altre deduzioni, che avranno, oso lusingarmi, un più utile risultato. POLEMICA. n signor Francesco Parodi nell Espcro di Genova, parlando dell’opera di Lauro Rossi / Monetar) Falsi ovvero La Casa Disabitata, che noi (pii abbiamo ed applaudita cd ammirata come lavoro musicale basalo sulle norme della vera scuola buffa, fa egli pure, elogi al compositore, dicendo che la sua musica è brillante, vivace, e buona. Ma sapete perchè? Perchè è tulla rubala, afferma l’articolista, da brani di opere sceltissime, e di sommi maestri. Voi crederete ch’egli s’intenda parlare di qualche capolavoro buffo, come sarebbe del Barbiere, dell Italiana, dcll’Elisa e Claudio, ccc.... Mai no. L’opera buffa di Lauro Rossi, secondo l’opinione del sullodato, è levala di pianta dalla orma, dall’.lmm Balena, e dalla &miramide. Veramente il dotto critico annovera altri due spartiti, dei (piali il Rossi si avrebbe servito per completare i suoi plagi, e sono Lucia c Don Pasquale. Buono pel Rossi che., ammesso codcsl’ultimo plagio affermalo dal sig. Parodi, il delitto cadrebbe invece su Donizelli: poiché fa pur d’uopo rettificare le epoche, e notare, che La Casa Disabitata conia già 10 anni d’esistenza, nel mentre Lucia ha appena compiti gli otto, e Don Pasquale è ancora un bambino di due anni non compiuti. Del rimanente, perdonando al signor Parodi questo leggero sbaglio cronologico, non sappiamo convenire colla di lui asserzione: vale a dire che riproducendo ed amalgamando pezzi interi della Semiramide, Norma, Anna Polena c Lucia, si possa da quésto miscuglio ottenere una buona (facciasi attenzione, buona) opera Buffa brillante e vivace, (piale egli si degna pur dichiarare La Casa Disabitata. Ne sembra che si faccia ben poco onore ai suddetti quattro tragici capolavori, trovandoli sì perfettamente convenienti a servire di materiale per l’edificio di un’opera la più giocosa che mai si possa immaginare. In quanto risguarda codesta musica di Lauro Rossi, essa non ha adesso certamente bisogno delle nostre difese, nè gioverebbe presentemente ripetere ciò che fu le cento volte asserito, vale a dire dover essa annoverarsi fra le produzioni odierne che ambiscono con