Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/167

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- 4G3 li, oh! in qual orribile modo io ne rimaneva punito dalla triste e dolorosa prova della mia difficoltà di udire! E ad onta di ciò era impossibile ch’io avessi detto agli uomini: parlale più forte, gridate; io sono sordo. In (piai maniera poteva risolvermi a confessare la debolezza di un senso che. avrei dovuto possedere di un grado superiore agli altri, e che per l’appunto tale in principio era dalla natura a me stalo concesso? No, io noi posso al certo. Perdonatemi dunque se mi vedete retrocedere, quando io avrei desideralo frammischiarmi con voi; la mia sventura è tale, c sempre più pcr me insopportabile e penosa, che è necessario il non farla conoscere ad altri. Di ninna distrazione in’è dato godere nel consorzio degli uomini, nella loro ingegnosa conversazione j niuna mutua effusione: vivendo (piasi sempre solo, senza altre relazioni che quelle comandatemi da una imperiosa necessità, simile ad un bandito, ogni qual volta io mi avvicino al mondo sociale, una spaventevole inquietudine s‘ impadronisce di me: io temo ad ogni istante di fare scorgere a lutti lo stato mio. Negli ultimi sei mesi, che passai per appunto in campagna, il mio abile medico mi raccomandi» che parcamente avessi usalo dell’organo dell’udito; la sua ordinazione accordinosi colla mia disposizione del momento. Ciò non ostante, allorché a dispetto dei motivi che mi allontanavano dalla società, io mi vi lasciava trascinare, da quale affanno veniva assalito (piando trovatasi alcuno vicino a me, il (piale sentiva il lontano suono di un flauto da me non inteso; quando alcun altro udiva il canto di un pastore, da me pure non sentito! Io veniva assalilo da una tetra ed orribile disperazione, clic mio malgrado trascinavami al momento (piasi di dover dar fine con un suicidio alla mia insoffribile esistenza. L’amore ch’io ho sempre portato all’arte mi ha con forza trattenuto; erami impossibile l’abbandonare pcr sempre il mondo prima di aver prodotto tutto ciò che in me sentiva di dover produrre. Questa è stala I’ unica cagione che mi ha fallo sostenere questa miserabile vita, oh! al certo miserabilissima, con una organizzazione cotanto nervosa e sensibile, che basta un nulla a farmi passare dallo stalo il più l’elice allo stato più penoso. Pazienza! Questa è la guida da me già presa; spero che la mia risoluzione rimarrà durevole sino a tanto che piaccia alle spietate Parche di tagliare il filo di mia esistenza. Forse proverò uno stalo migliore, forse no; non importa, sono risoluto c pronto a soffrire. Divenire filosofo all’età di veliteli’ anni, non è cosa tanto facile, meno poi ancora per l’artista che per qualunque altro. - Divinità, tu dall’alto scorgi il mio cuore, tu lo conosci, tu sai ch’egli non respira che filantropia e desiderio di far del bene. Uomini, quando leggerete questo scritto pensale clic mi avole usali dei torli! E lo sventurato si consoli nel ritrovare in me un suo simile, che malgrado gli ostacoli della natura ha fatto tutto ciò che. era in suo potere, onde essere posto nel novero degli uomini c degli artisti di un merito distinto. Voi, miei fratelli Carlo e, se al momento che io cesserò di vivere il professore Snudi esiste ancora, pregatelo a mio nome di scrivere la mia malattia; ed aggiungete alla storia de’,miei mali questo foglio da me vergalo perchè più che sia possibile, almeno dopo la mia morte, il mondo si riconcilii con me. Vi nomino ambedue credi della mia piccola fortuna (1) (se con questo nome può chiamarsi); (1) Beethoven lasciò una somma di circa nove mila fiorini in tanto contante, indipendentemente da una somma di cento venticinque ducali che gli doveva un Principe straniero per diverse composizioni: con ciò viene pienamente smentita la voce sparsa che Beethoven era quasi ridotto all’indigenza. Come pure non rimarranno sorpresi i nostri lettori nel venire a cognizione che i lavori di questo celebre artista, soprattutto negli ultimi tempi, venivano pagali con delle! somme considerevoli, e che il diritto di pubblicare le sue. Sinfonie, i suoi Quartetti, cec., era acquistalo ad altissimo prezzo dai primarj editori di musica. Inoltre, prima di far imprimere la sua gran Messa, egli aveva invialo sino a dieci o dodici copie ai primarj Sovrani d’Europa, e per ogni esemplare aveva ricevuto un prezzo di sottoscrizione di cinquanta ducali. dividelevcla lodevolmente: amatevi di cuore, e scambievolmente soccorretevi. Voi sapete che da molto tempo addietro io vi ho perdonalo il male che mi avete fallo. Tu, mio fratello Carlo, parzialmente ti ringrazio per l’attaccamento c le amorose cure che. mi hai usate in questi ultimi momenti. Desidero che voi conduciate una vita meno triste della mia. Inculcale la virtù a" vostri figli: la virili sola può renderli felici, c non le ricchezze; io vi parlo per esperienza. La virtù è stala quella che mi ha sostenuto nella mia sventura; debbo a lei ed all’arte mia il lucrilo di non aver posto fine a’ mici giorni con un suicidio. Portatevi bene ed amatevi. Ringrazio lutti i miei amici, ed in modo particolare il principe Licknvuskj ed il professore Silfidi. Desidero che gli stromcnti del principe L.... sieno conservali presso uno di voi due, c che non nascano per questo dissensioni fra di voi. Se ne potrete ricavare un vantaggio, vendeteli; io sari» contento se, al di là della tomba, putrì» esservi utile in qualche cosa. Ora, che la sorte mia si compie, io vado con gioja incontro alla morie: se questa mi fosse sopraggiunta prima di aver potuto lai pompa di (ulte, le mie facoltà di artista, ciò mi sarchile stato troppo dispiacente, malgrado il rigore del mio desiino. Ma ora!... Vieni (piando più li aggrada, ch’io arditamente li vengo incontro. Non mi dimenticate del tulio dopo la mia morie; inerito da voi una durevole rimembranza per essermi occupalo pel vostro bene in tulio il corso della mia vita onde possiate essere felici: siatelo. Ileiligensladl, fi ottobre 1802. Luigi van Beethoven, M. P. SOPRA L’INVOLTO 7 Ileiligensladl, il) ottobre 1802. Io mi congedo da le c con tristezza. Si, la dolce speranza clic aveva concepita di mia guarigione., se non del lutto, almeno sino ad un certo limite, ora mi abbandona; coni’.’ le foglie dell’autunno cadono appassite dagli alberi, così la speranza da me si allontana. Io di <pii me ne vado nel modo stesso con cui sono venuto; e cosi pure il buon umore che si di sovente mi animava im’bei giorni dell’estate, è svanito. 0 Provvidenza! fa brillare ancora per me un solo giorno di gioja! E da gran tempo che l’interna eco di una gioja veritiera mi è straniero! O Divinità! (piando mi saia dato di poterla di nuovo gustare nel tempio della natura e fra il consorzio degli uomini? Giammai ì No!... Ciò sarebbe troppo crudele. A’miei fratelli Carlo e per leggerlo, c fare quanto viene prescritto dopo la mia morte. Di F-o - B-i. ALLA REDAZIONE DELIA GAZZETTA MUSICALE Signor Estensore! iccvclti con piacere P Offertorio del si£zernlh scritto a bella posta <3^ liCr *lucs’() musicale, e vi ammis<)’*,a,1,rtCsl,’*a celebre conif^^^^^CT^„posilorc. Io già avvertii come questo maestro intenda assai bene il genere ecclesiastico, c come si lasci dietro nella carriera gl’illustri compositori di musica sacra. 1 suoi sacri lavori spirano semplicità c grazia, hanno espressione, c dignità, c mcglio si acconciano al Santuario che la musica elaborala e clamorosa di cui pur troppo abbondiamo. Deh! volessero i maestri intenderla una voila, c far senno, c mettersi sulle traccio di (pie’ pochi che sentono I’ importanza c la gravità del genere ecclesiastico! Fra questi io pongo il signor Czerny, il (piale ha sì bene sentilo le parole che compongono il suo nuovo Offertorio. Esse son lolle dal Salmo XXIV, c scelte qua c là forse pcr un maggiore effetto. lo non condanno la scelta quanto al sentimento; ma credo che letteralmente sieno riescile poco opportune alla musica, voglio dire alla cantilena che l’autore intendeva di 0^61 dare alle medesime. Quelle ììcspice in nie et miserere mai del principio ripetute troppe volte, alla terza e (piarla ripresa per quell’ascendere del canto vengono come (informale, tanto più in quella seconda salila sip? dove si risolve di nuovo alla quinta del tono. Come poi pronunziare o cantare quel Quondam unicus? Italianamente non si può. Ma le seguenti.• Quia paupcr-... vanno all’opposto a maraviglia. Osserviamo anche al ritornello le parole Domine, quonìam unions, alle (piali bisogna dare di necessità un accento francese. Queste, piccole negligenze nel canto pare a me che debbano nuocere assai all’effetto dell’esecuzione. La seconda parte mi sembra meglio intesa riguardo alla collocazione delle parole. Ma non mi piace I aggiunto mentii separalo dal suo suggello per un salto di decima, c congiunto colle parole scgucnli. Anche la ripetizione di una cantilena non sempre va d’accordo colia diversila delle parole, il che si avvertirà paragonando le note dell.id te levavi con quelle del Deus meus, Queste ultime essendo un interiezione od apostrofe non amano il gorgheggio come le antecedenti. Certo i grandi macslri non badano a queste inezie, e nell ardore della composizione tirano avanti più badando alla musica che alla poesia. Eppure il notar bene le parole e conservare a ciascuna sillaba la sua prosodia debbi; essere un officio principale del compositore. Se uno tra noi favellando pronunziasse il Ialino o E italiano in Francese non ci farebbe ridere? Cerio che sì. Dunque anche cantando. Ed io nolo questo, perchè son certo chi’ il signor Czerny non scrive per i francesi, ma per noi italiani, per dare a noi modelli di musica sacra di cui tanto al presente abbisogniamo. E noi riconoscenti a lauta bontà, chiudendo un occhio sulle negligenze letterali, ammiriamo coll’altro l’opportunità della musica, la modi stia degli si l omenti, la severità del canto, c mollo più l’acconeiczza degli accompagnamenti, che ajulano e non soffocano, ombreggiano, e non offuscano la bella composizione, lo intanto niello quest’Offertorio colla Salve regina del medesimo compositore, e prego tutti i macslri presenti e futuri a darmene somiglianti, onde col tempo farne una Raccolta o Antologia che serva di modello ai discepoli della musica sacra. E senz’altro mi dico rispettosamente: forino, addì 1 fi settembre 1844. Umiliss. Devoliss. Servo. V. Bigliam. GAZZETTINO SmiMAlULZ DI VIII.AVO — Nelle sale dei Ridotto dell’I. R. Teatro alla Scala ebbero luogo due accademie musicali; l’ima data dalla signora Bertucat c l’altra dal sig. G-olinelli. - Vedansi più sopra gli articoli relativi. — Questa sera al suddetto teatro si riprodurrà il Giuramento di Merendante, colle signore Gruitz c Augii, e coi signori Cuzzani e Valente. CARTEGGIO PARTICOLARE Trieste, 12 settembre 1844. Domenica scorsa, 8 corrente, il mare della nostra rada accoglieva sull’ondoso suo piano quasi tutta Trieste [ter assistere ad una straordinaria illuminazione del porto c delle adiacenti colline, che brillavano con splendore sorprendente, magnifico, indesciivibile. In mezzo a (pici brulichio di barche e barchette, parate tutte a gala e rischiarate da variopinti palloni che sulle antenne pendevano, si udiva un graziosissimo coro di pescatori e pcscatrici, con accompagnamento d’isLrumcnli a fiato, composto appositamente su belle parole del distinto poeta I’ avvocato Gazzolelli, che veniva eseguito da cinquanta distinti dilettanti, in ringraziamento della graziosa condiscendenza delle LL. MM. I’ Imperatore c l’Imperatrice che degnavansi scendere nello scalè imperiale ed assistere al canto da una galleggiante, a loggia di tempio appositamente eretta dalle Unite Camere di Sicurtà; c da dove le I L. MM. si compiacquero chiederne la replica, a cui lutto il popolo faceva eco di cuore: che troppo bella e toccante era la composizione perchè non avesse a commuovere gli animi di (pici gentili. La composizione della musica era dell’egregio maestro signor Giuseppe Bornaccini, c non poteva in verità a miglior ingegno venire affidato il voto pubblico