Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/96

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- 92 dell’elegante c svelto apparecchio che li copre, non j presentano più intrinseco ili sorta. | H lìorgoniaslro di Schicdam è un libretto, il (piale । -Oj accusa forse più che qualunque altro questa inalali- i gurata pecca. Il Borgomastro di Schicdam, attinto ad j uno scherzoso ma leggero melodramma francese, ha perduto adunque anch’egli nella traduzione tutte le sue 1 attrattive: poiché, come prima notai, non appoggiandosi la pièce originale che sullo scherzo c sul piccante, e non sulla forza delle cosi dette situazioni, è naturale, che essendovi nella traduzione, levato (pianto v’ha di piccante e scherzoso primitivo, non resti più nulla del ’ suo merito intrinseco; ed in conseguenza il mancamento d’interesse e gli altri difetti, che non sono scarsi, di codesto melodramma si facciano le dicci volle maggiori. Egli é ben poco simpatico (piesto Borgomastro, pc- j santello filosofo che s ubbriaca, che ama la sua ambiziosa c poco delicata cameriera, che fa la parte ora del Rodomonte, ora del padre nobile. Egli è un carat- | 1ère che, a mio modo di vedere, male si addice ai i nostri buffi italiani. Escluso ora il Soares che lo ha sostenuto con decoro, con intelligenza, (il Soares è i ancora per buona fortuna una specie di transizione i dal basso-serio-cantaiilc al buffo-parlante), e qualche altro rarissimo artista, che ora non saprei neppur farmi venire in mente, dove troverà, domando io, il signor Rossi un altro bu/fo-comico che possa rendergli quella parte com’egli 1 ha ideala? Quella, lo ripeto, non è parte pei buffi del nostro genere, gc। nere che sarà ed è anzi condannabile, ma che però esiste: ed anzi, disgraziatamente per l’arte, non esiste in giornata che (piesto solo. Bisognerebbe assolutamente che quella parte fosse scritta per un basso-cantante, altrimenti non so vedere (piale altro potrebbe essere l’artista al giorno d’oggi capace di sostenerla, senza correre il rischio, anzi dico la certezza, di renderla triviale, scurrile, e di farne nel terzo atto in special modo una vera parodia. Meno condannabile per mi cotale colorilo scenico ed assai più facile ad interpretarsi èquella di Giannetta la cameriera. E d’una I impronta sufficientemente comica, benché il carattere 1 individuale di questo personaggio, carattere caricato, Il villano e venale, riesca, anzi che no, mancante di ‘| simpatia, e perciò d’interesse. Questi sono i due I soli personaggi sui quali poggia il libretto; poiché gli altri due o tre, quelli di Adalberto cioè, di Rinaldo e di Margherita sono sì nulli, o almeno tanto ’ comuni, che nulla offrono a dire sul loro conio. Si aggiunga clic il traduttore o parafrasatoli del libretto non va ricco di facilità di linguaggio veramente comico. Quantunque vi si riscontrino (pia c colà de’buoni versi e un dialogizzare sufficientemente spontaneo ed ordinalo, tuttavia (pici certo che di frizzo comico, che vuoisi nell’opera buffa c che di questa é forse precipuo fondamento, (pii manca interamente, in modo tale che il j riso non vi é una sola volta, in lutto il corso del lungo I melodramma, promosso da nessun lazzo; gravissimo i danno in libretti di questo genere. La dicitura insomma é troppo accarezzata, troppo elevata; sarei per dire che alcune volle raggiunge l’epico. In prova mi basti citare questi pochi versi, che nell’introduzione vengono recitali dai Borghesi di Schicdam: I A’on staili forse progenie d’Adamo Come lutti del mondo gli eroi? Della rupe chi il seno non fenda Aera l’oro c le gemme che cela? Aon sarà che scintilla risplcnda Se la selce percossa non è. Sembrami che si veda chiaro che questo non può in verità essere linguaggio di sempliciotti galantuomini borghesi, né meno ancora quello che l’opera buffa richiede ed esige. E il linguaggio vuol dir tanto! - Non é valutabile l’influenza ch’egli esercita sulla musica destinata a j vestirlo. 0 Come volete mai su versi pressoché epici, come i precedenti, creare delle melodie popolari, famigliaci, semplici, non ricercate? E d’altronde la qualità del melodramma, dell’azione, il carattere dei personaggi le domanda, le vuole queste melodie correnti, sciolte, |O leggere, non elevate. Dunque o il maestro seconderà l’epicisino del poeta, ed il carattere locale della musica diverrà grottesco e travisalo: ovvero il compositore si terrà allo stile gentile c fluido dell’opera leggera, e vi avrà rozzamente manifesto c disaggradevole tra poesia e musica, danno sensibilissimo all’immaginato e voluto effetto. Lauro Rossi, questo bello ed ingegnoso talento, e ‘ per dura ed inesplicabile ingiustizia non ancora (pianto il meriterebbe conosciuto ed apprezzato, vestì di noie (piesto libretto, in modo che meglio, parmi, non polevasi. - Lo stile generale piano, ma (piasi sempre originale, sempre coerente a sé stesso, correggente anzi per (pianto si poteva il difetto notato testé di troppa elevatezza delle parole; le forme dei pezzi non ischio ve di inveterale convenzioni, ma libere sempre, ma sempre creale dalla faillira e forma poetica dei pezzi rispettivi nel libretto, per cui se questo le presenta! talfiata nuove, la musica le impronta nuovissime; i canti tessuti con non stentata larghezza di periodi; i parlanti facili, chiari, maestrevolmente combinali coi sottoposti eleganti movimenti d’orchestra; lo strumentale ingegnoso mai sempre, sicuro, non iscarso di nuovi effetti; tutti questi pregi fanno sì che io collochi il signor Rossi nel numero de’ migliori sostenitori delI Opera Buda italiana. Né sono lontano dal ritenerlo valentissimo anche nel genere serio, ma in questo per anco nulla ancora conosco di suo. Sì: lo ripeterò sempre: E un talento quello del signor Rossi che si merita un posto nell arte assai più distinto di quello che fortuna finora si è degnata accordargli. Volendo notare i pezzi di questo spartito che mi appagarono maggiormente, e fra i (piali alcuni anzi interamente, scorrendoli in ordine di libretto, incontro in primo luogo la Cavatina di Barione. In questa il movimento de’violini nel primo parlante, così largamente fraseggiato, é elegante cd originale, quantunque il maestro abbia qui dovuto lottare contro il metro poco parlante delle parole. Que’ dondoli unt i Decasillabi che i poeti sembrano prediligere tanto, restano in musica sempre zoppi, senza energia c nobiltà: nei pai lauti poi in modo particolare. La Cavatina di Giannetta non può essere meglio ideata. Quella bella melodia che intona P orchestra c che cammina per tutto (pici tratto di tempo, in cui la cu- | riosa cameriera trac la piccola cassetta, leva la catenella d’oro e legge la volontà testamentaria dell’estinto Borgo- ■ mastro, é lavoro di mano maestra c di talento finito. Si potrebbero accusare come leggermente condannabili certi slanci pretenziosi, che la Giunti rende più tragici ancora coll’ampollosità del suo fraseggiare neU’interpretarli. Ma nella cantante il vivo desiderio di far pompa dei suoi magnifici acuti, nel maestro la certezza d’un applauso di quella non iscarsa parte di pubblico che ama le grida, rendono, se. non da approvarsi, almeno perdonabile questo difetto, che però non é lieve, c che riproducasi pur troppo più volte nel corso dello spartito. Il pezzo migliore dcll’Opera é il Finale dell’alto pii- i ino. Novità intera di forme nc è il primo pregio: pregio tanto più stimabile in Italia, dove si usa, e adesso più che mai, lavorare qualsiasi musica, come dicesi, a macchina. Ogni singolo brano di questo Finale é trattalo eolia più avveduta filosofia: non v’ha colorito strumentale, non v’ha un piano od un forte che non sieno i richiesti dallo spirito della situazione. Nulla di in-! coerente: nulla di convenzionale. Peccato che le masse, le vocali in ispecic, nella loro esecuzione coin- t prendano ben poco le fine intenzioni del compositore. Per non parlare di altre mancanze, accenneremo soltanto del modo pesante cd affatto mancante di piano, di secco e staccalo, col quale se ne eseguisce la stretta; pezzo che esigerebbe ogni finitezza di esecuzione, ogni scrupolosa per non dire ogni sofistica osservanza dei chiaroscuri. Tutto l’effetto ideato dal compositore in (piesto pezzo é basato su questi: (radili una velia, resta perduta interamente tutta la filosofia del concetto. Nell’alto secondo fra gli altri pezzi brilla di maggior luce un Duello tra la cameriera c il Borgomastro, bello, | originale, ed assai bene eseguilo dalla signora RivaGiunti, c dal signor Soares. Ingegnosissimo e con grande artifizio sviluppalo e di effetto popolare é il quartellino che segue. Il largo del secondo finale si apre 1 pure con un’idea nuova c rimarchevole. • Nel terzo alto va notalo per felice accompagnamento strumentale il primo tempo de’ due bassi, che è benissimo sostenuto dal Giunti e dal Soares. La Cabaletta mi sembrò tuttavia alquanto tormentata dall’orchestra ETy. e poco spontanea. Sono vivaci le ultime variazioni della Riva-Giunti. y I Corisli furono nell’esecuzione di questo spartito intonali c sicuri: mancarono perii, come mancano sempre, di secco. In questa musica, che tanto ne richiede, più sensibile appalesasi tale difetto; difetto che j acquistasi ìrrinie.diabilmeulc sopra le troppo ampie scene della Scala; cd il corpo ile’Corisli del Re é: per lo appunto una parte di quello della Scala. I L’orchestra riguardata in (piesto ramo d’esecuzione ha diritto invece a qualche elogio. Ila d’altronde vigore, fraseggia c colorisce bene; ed in quest’Opera anzi meglio assai che d’ordinario. Il signor Ardili, clic ne é direttore, é un giovane pieno di sentire musicale c di foga giovanile: foga, che però in alcuni; rari casi dovrebbe qualche poco domare, pcr non correre il rischio per esempio di dare ai tempi l’impulso j di movimenti troppo stretti; il che riesce in primo luogo dannoso all interpretazione giusta della musica, e poi ancora all’esecuzione decantanti, i (piali, poverini, in certi punti trovansi nell’impossibilità di tener dietro all orchestra. Siane esempio il Duetto del secondo alto, | nel (piale il signor Soares, benché dotalo di non comune scorrevolezza di lingua, non giunge in tempo di poter articolare le ultime misure della sua Cabaletta. L’Ardili va pure distintamente lodalo (piale eccellente, suonatore di Violino, e bene avvisò il Maestro ad affidargli (pici breve ma succoso a solo nella sinfonia, che trac ogni sera gli ascoltanti a largo applauso. L’Ardili é degno allievo del Ferrara, c decoro del nostro Conservatorio. L’Impresa, mi pare, fu poco generosa nel tentativo di cooperare al buon successo di questa musica. Di sette tele, che il libretto richiedeva, non nc regalò che una o due di nuove. Lauro Rossi, però aveva a proprio sostegno il valore della sua squisita composizione, cd un uditorio colto che seppe apprezzarla come meritava. Alberto Mazzucato. in. MARIA IH KO1IAN di G. Donizetti (rappresentala la stagione corrente al Teatro Ducale di Parma) (I). Parma è stata prima fra le città d Italia, per quanto io mi sappia, a ripetere uno degli ultimi componimenti musicali del celebre Donizetti. vo’ dire, l’Opera Maria di Hohan, la quale lungo il Maggio di quest anno destò per parecchie sere nel pubblico parmigiano un’ammirazione crescente. Non è mio intendimento tener qui discorso degli egregi artisti che la cantarono, dei quali bau parlato già a dilungo tutti i giornali teatrali} nè del modo con cui fu squisitamente suonata dall orchestra Ducale, sotto la direzione del sig. Nicola De Giovanni, interprete felicissimo de! concetti del Donizetti. Passerò bensì in disamina alcune fra le molte bellezze di quel lavoro musicale, senza tacere di qualche parte in cui parve a me che fautore non si mantenesse alla medesima elevazione. La Sinfonia è uno fra i migliori pezzi dell’opera. Sviluppando concetti di melodia che tutti si risentono del far proporzionato e simonetrico per cui tanto distinguons! i compositori italiani. Donizetti seppe gialli) Siamo lieti di poter presentare ai nostri lettori codesto primo articolo d’un nuovo nostro collaboraSEGUE IL SUPPLEMENTO. is La lì. tore. Gli scritti del signor Maestro Torrigiani, uomo colto, e chiarissimo nell arte musicali*, Sono un nuovo c ricco acquisto che fa la nostra Gazzetta, c di cui i nostri associati, speriamo, vorranno saper apprezzare valore.