Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1847.djvu/14

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- 10 A sé «L’overtura, composta di parecchi frammenti, fu caldamente applaudita; ha prodotto molto effetto. L’aria di Barroiihet, Eh quoi! chez vous la crainte! cantata alla perfe1 zione, ha pure vivamente scosso l’uditorio: il coro di cacciatori però non fu applaudito; la platea rimase fredda. La signora Sloltz, nella sua cavatina, fu onorata di plausi, senza del rimanente eccitare entusiasmo, il quale sarebbesi ottenuto se ella non l’avesse eseguita con movimento lento di soverchio, movimento che improntava un carattere troppo drammatico al pezzo, concepito all’invece con assai di semplicità. Il duetto fra la Sloltz e Bottini sembrò alquanto lungo: aggiungasi che Bottini attaccò due volte un si bemolle di petto troppo sforzato, a tale che il pubblico gli manifèsto la sua disapprovazione. Fortunatamente il duetto s’è rimesso in onore in su! finire, grazie alla Stoltz elione disse con assai di garbo la cabaletta. E quanti applausi non irruppero alle strofe Alerte, fillette! cantate da madamigella Nau! Tutto il teatro battè le mani con un vero furore. Ella pure del resto dovrebbe cantarlo con minore lentezza, cosi no sembra, e n’otterrebbe ancora maggior effetto. I ballabili sono venusti. Paulin vi ha brilI oo lato; cantò la sua cavatina con buon gusto, perfettamente, dando saggio del miglior metodo. Fu assaissimo applaudito. Il finale dell atto primo venne giudicato magnifico, Vallegro addita la mano maestra, e i più caldi applausi ne hanno coronata l’esecuzione». «Nel second’atto, la romanza ammirabilmente resa dal signor Anconi, fu ricompensata da due grandi salve di applausi. Poco dopo sorvoline un incidente. La signora Sloltz era stata Irès-hMe nell’aria O chaste fiamme! ed era stata festeggiata generalmente: ma alcuni malintenzionati l’hanno a torto zittita; ella si lasciò accecare dall’impazienza, per non dir altro; allora fu che lacerò il suo fazzoletto, ed il Pubblico prese a lamentarsi di quest’atto, non troppo conveniente. La cantante doveva non porre attenzione ai malvolenti, ed acI contentarsi de’plausi della generalità del pubblico, chela predilige, come potè avvedersene nuovamente più tardi. Piacque il duetto tra Bruce e Maria. Tutto il terzetto tra Bruco, Arturo e Maria, respira magnificenza. Vaiolante, di un carattere ammirabile, vien chiuso da un allegro agitalo, sublime a tutto rigor di termine. Allorché la Stoltz ha pronuncialo le parole Vous aurez voulu mon trépas, il pubblico applaudi farneticamente: ed ecco adunque che codesto pubblico non aveva conservato rancore alla grande artista: la quale stava invero dal lato del torto, ci è forza il dirlo, imperciocché il pubblico è pure! un padrone assoluto, cui, giusto od ingiusto, l’artista deve rispettare. Nulla che attragga F attenzione trovasi nel pezzo (l’assieme che succede a questo bel terzetto. 11 finale del secondo ’ atto ebbe grand’elicilo, c come musica c come allestimento — «f pomposo di scena; gli è già gran tempo che all’Optra non risuona della musica cotanto possente». < Dà principio al terz’atto una romanza di Barroilhct, Ailles sur moi penchés, eseguila con superiore talento, fu assai gustata. Le strofe e il coro de bevitori passarono inavvertili. Il passo a tre fra le signore Maria, Robert e Desplaccs, e l’altro fra la signora Dumilàtre e Petipa bari fatto piacere. La danza con cori vorrebbe essere abbreviata, perchè cagiona lungherie inutili. Il sestetto ha prodotto un immenso effetto; si termina con una breve stretta ove rientra il coro de’ bardi». «Robert Brace fu allestito con un lusso straordinario, e il vestiario è della maggior bellezza: non altrettanto le decorazioni, salvo quella dell atto terzo. Noi poniam fede nell’avvenire di questo nuovo spartito, c gli prediciamo un lungo seguilo di rappresentazioni». Da questo e da nitri articoli che abbiati! soli’ occhio si rileva che nella prima sera l esilo di Robert Brace fu per verità lusinghiero, ma non completo, non tumultuoso, (piale un opera di Rossini doveva aspellarsi. Non è mai stato costume nostro di cimentarsi in profezie, ma questa volta ne pare timer ritenere die le susseguenti rappresentazioni di questo sparlilo sortir debbano una fortuna d’assai migliore. Se Rossini ha apposto il suo nome a quest’opera, è certo che ella deve essere una buona opera, a malgrado dell’apparenza di pasticcio di die è informala. Rossini la battezzò per nobile pasticcio: egli è cerio die questo grado di nobiltà,, Rossini, comecché trattisi di mi suo parto, non l’avrebbe accordato se non ne avesse creduto degno il lavoro. Vedesi da ciò clic noi poniamo ogni fidanza in Rossini, anziché nel giudizio di migliaja di persone. Crediamo anzi die non v’abbia critico de’propri parli migliore dell artista medesimo che li creò. Ora ne si dirà: «Perchè (picst’opera non ha ella destato tutto quell’entusiasmo che un buono lavoro di Rossini, unito all’influenza d’un nome sì gigante, doveva desiare? Forse perchè il Pubblico non ha intesa la musica?» No, no: forse piuttosto perchè quel Pubblico I’ aveva diggià troppo intesa. Ecco, secondo il nostro modo di vedere, i due principali motivi che tolsero alla prima rappresentazione di Robert Bruce la possibilità d’un completo successo: - primo, perchè noi crediamo fermamente che l’esecuzione dei cantanti dell’Opéra (checché se ne dica da giornali parigini) sia stata assai debole: mentre que" cantanti avvezzi, ancora più che i nostri, a declamare, 0 meglio a gridare conlinuamentc, si saranno al cerio trovali nell impossibilità di rendere come doveansi i gorgheggiali canti della Donna del Lago e d altre vecchie opere di Rossini, onde s impasta codesto Robert Brace. - La seconda cagione potrebbe essere la inclinazione a vuotar mezzette c lerzuolc d’un generoso razzente, ch’ivi con molla fortuna e celebrità da mescer l’oste spacciavasi. I tre avventori non conosccvansi affatto; ma la comunanza dei gusti, la fraternità del bicchiere, e quel brio che infonde il suco della vigna dispongono mirabilmente al cicaleccio, ed appianano il cammino ad una reciproca confidenza; e cosi avvenne., che dopo d’aver disertato alquanto sull’argomento di quel vino eccellente, entrarono a dire sulle notizie recenti della città, poi tirarono’ in scena le mogli, annoverarono i figli, e finalmente vennero a toccare delle loro rispettive condizioni. - In quanto a me «disse il primo interlocutore, che meglio degli altri due sembrava ricco in arnesi» non mi posso lagnar del mio stato, lo godo d un’intima amicizia colle più cospicue celebrità del giorno; tratto in seconda persona con Rubini, David e Lablache; a me dinanzi si spalancano le porte, se faccio visita a un Rossini o ad un Bellini, anche nell’ore più gelose de’loro studi, (piando l’ingresso non è i consentito a nessuno. Io occupo un seggio distinto nel teatro: fL nè, prima di vedermi comparire al mio posto, nessun si attentò mai di dar ingominciamento alla rappresentazione. Am- । «miratore di madama Pasta ho dato alcuna volta a questa ce73 lebre cantante dei suggerimenti i più opportuni: ho salvato, | con una mia parola a tempo il famoso Donzelli da un intricato passo in cui fatalmente crasi compromesso: non v’è artista insomma che a me fervidamente non si raccomandi; tolti mi spesseggiano alcun présent uzzo per cattivarsi il favor mio, il quale è di tanta importanza, che ove io non prestassi attenzione ad un’opera, Lullo il pubblico se ne accorgerebbe, e di rimbalza manderebbe ogni cosa a soqquadro. Di simili soddisfazioni, a mio credere, ben pochi privilegiati mortali vanno al pari di me favoriti: nè voi sarete lontani, io spero, di meco concorrere in tale opinione.» - Cosi concludendo irrorò il gorgozzule d’un gotto assai capace; ed assumendo un atteggiamento da eroe, si mise a investigare l’impressione prodotta dalla sua meravigliosa eoncione. Ma il commensale che allato gli sedea, rimovendosi alquanto da lui colla persona in isbieco, il guatò d’alto in basso con un sogghigno quasi di compassione, indi così prese a dire: -«Io pure costumo alla città ai teatri c ad altre feste, ma non tengo gran fatto all’acquisto di alte relazioni, perchè mi sa meglio il vivere tranquillo c poco conosciuto; con tutto ciò sono ben lungi dal portar invidia alle vostre fortune; imperciocché, dove il maggior vostro vanto, per quanto da voi ho udito, per la più parte deriva dalla molta considerazione ch’altri ama accordarvi, io al con