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Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1853.djvu/8

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vatorii, chiudansi le biblioteche ove si conservano le composizioni dei più celebri maestri, le pinacoteche ove tante mirabili opere di scalpello e pennello si sono con tanto dispendio adunale per salvarle dal morso roditore del tempo. Alla natura si torni, da questa sola si prenda norma. Nè si dubiti, sorgeranno i genii pari... pari a chi? Pari a Raffaello, a Canova, ad Omero, o a Dante, a Palestrina o a Rossini? Non illudiamoci, non esageriamo questa potenza del genio umano. La storia e i monumenti ci attestano quanti secoli trascorsero prima che dal tronco rotondalo sul vertice con cui i primi scultori credettero ritrarre le umane sembianze, tanto si progredisse da sapersi fare, non dirò una bella statua spirante vita ed affetto, ma solo colle braccia staccale dal tronco, e con giusta proporzione. Eppure nulla doveva essere più facile al genio imitatore dell’uomo che ritrarre le forme esterne e visibili dell’uomo. E se l’arte, che si riferisce a quanto cade più immediatamente sotto i sensi, tanto stentò a progredire, crederemo noi che potessero nascere più perfette quelle che a più recondito tipo si riferiscono? Oh l’affetto, il sentimento, la passione, dicono, fanno il poeta, fanno il musico, senza aver d’uopo di sussidi esterni nè dell’insegnamento altrui. Eh via, finiamola una volta con coleste fole, con cotesti sogni da romanzo. Perchè non troviamo fra i selvaggi d’America o di qual altra parte del mondo, perchè neppure tra i nostri villici e montanari poeti pari non dirò ad Omero o Dante, ma anche solo a’ più insipidi poetuzzi, non musicisti pari al più infimo alunno di una meschina scuola? Perchè Omero ed Esiodo sono i più antichi di cui siansi conservale le opere, perchè non si conosce quale fosse a quei tempi l’educazione di un poeta si argomenta che essi furono cosi dalla natura formali senza maestri, senza educazione? Ma che logica è questa? che criterio storico? Eppure Omero stesso ci narra che scuole vi erano prima di lui, quando di Achille dice, essere stato a durone affidato perchè gli insegnasse medicina e musica; e nomina poi tanti cantori poeti che furono prima di lui, a quel modo istesso che prima di Dante furono moltissimi poeti italiani, il qual Dante troviamo che si professa alunno di Virgilio. E la musica quanto tempo non rimase bambina? la musica, di cui la storia madre e regina di tutte le storie ricorda l’origine quasi coeva della creazione? e quando, quasi perduta e ridotta al solo canto corale, per opera di sommi ingegni fu richiamata a vita novella e rifalla coi rollami dell’arte greca spenta, quanti secoli non corsero prima che giungere potesse a quel punto cui fu recata da un Haydn, da un Mozart e fra noi da Paesiello, da Mayr, da Rossini? La natura, si, è il tipo di tutte belle arti; ma l’uomo ha d’uopo di molto studio per intendere la natura e sapere ritraila; ed oh! per quale immensa serie di errori non debbe egli passare prima di scorgere il vero! L’occhio s’inganna sulle linee, sui colori, e se non si studiano le leggi della prospettiva, se non si osserva con quale magistero i grandi pittori ritrassero il vero, diffìcilissimo è che s’indovini il modo di accostarvisi, non che eguagliarlo: e se l’occhio s’inganna contemplando non solo esseri semoventi, ma oggetti immobili che può mirare e rimirare a tutt’agio, quanto più non deve ingannarsi la mente che osserva moli interni sfuggevoli alla più attenta riflessione? E quand’anche si trattasse di individui dotali delle più squisite doli di sensibilità, memoria ed intelligenza, non rimarrebbe pur sempre la necessità di addestrarsi nel franco maneggio dell’arte, di penetrarne i misteri quasi inaccessibili ai non iniziali? E qui, restringendomi alla sola musica, non temo sfidare apertamente i sostenitori della iperbolica potenza del genio, i nemici degli studi, a citarmi un solo compositore di mediocre, non çhe di grande rinomanza, il quale non abbia avuto bisogno dell’istruzione. Ben vi furono e sono ingegni cosi felicemente disposti ed organizzali che, appena sia loro indicala la via, vi si pongono, e di carriera la percorrono. Certamente questi non hanno d’uopo di impiegare lungo tempo per compiere una educazione che possono procacciarsi da sè stessi colla scorta di qualche libro e coll’osservazione delle opere altrui. Squisito senso dell’arte, intelligenza prontissima, spirito di osservazione, acutezza di intuizione abbreviano il corso dello studio e lo velano agli altrui sguardi così, che nessuno quasi s’accorge avervi essi atteso; e al loro apparire al pubblico sembrano nati come Minerva dal cerebro di Giove. ■ Ma lo studio vi fu, sebbene non sempre fatto a modo degli altri; che, palese o nascosto, in una scuola sotto la viva voce dell’istruttore, o nel silenzio del gabinetto, meditando sui libri, e le opere osservando che più colpirono, egli è sempre studio, troppo vero essendo che nessuno nasce maestro. E cosi fu di Haydn il quale fu di sè stesso educatore, cosi fu parimente di Rossini che per altro fu educato nel liceo di Bologna, ma studiò piuttosto a modo suo che non a modo dei precettori suoi, d’onde poi essendosi sparso non aver egli studialo, fu causa che tanto s’ingrandisse e diffondesse l’opinione contraria all’utilità dello studio metodico. Ma, ripeto, lo studio vi fu, nè se poco o mollo puossi dimostrare, e se vi fu, se questi sommi studiarono, si educarono, non è più da dubitare che tutti studiar debbano, perchè resta provato a josa che senza studio nessuno può sperare di giungere al possesso di un’arte. Rimarrebbe a definirsi quali debbano essere gli studi e come condotti, perchè meglio si adattino a’ tempi nostri, e valgano a formare buoni artisti, dirò più esplicitamente, buoni compositori. Argomento vastissimo e di somma difficoltà, che potrebbe appena essere svolto a sufficienza in un volume, e spaventare ingegni di primo ordine. Cionullameno oserò esporre le mie idee restringendole quanto si può nei limili di un articolo, e ciò perchè appunto parmi che lo stato attuale delle scuole, e il conflitto in cui queste si trovano con opinioni diffuse e discordi esigano da una parte modificazioni di metodi, dall’altra lo schiarimento di importanti verità. Ma qui per procedere con ordine e chiarezza, si dovrebbero osservare partitamente i diversi punti, sui quali deve aggirarsi l’educazione musicale per riescire a sviluppare le diverse facoltà degli educandi, com’è dovere di ogni educazione. Ben disse il chiarissimo dottor Vigna doversi nelle arti distinguere due elementi, l’uno tecnico e scientifico, l’altro inventivo, originale, il primo che si riferisce all’intelletto ed è comunicabile (sino ad un certo punto, e date certe naturali disposizioni), l’altro dipendente dall’ispirazione e dal genio, epperò incomunicabile. E così pure ha ragione di dire che un’istruzione ristretta al puro tecnicismo è affatto insufficiente, e non può dare che un sussidio assai languido. Ma se l’elemento inventivo è incomunicabile, se il genio non può darsi nè acquistarsi, egli è cionullameno una di quelle facoltà che si possono assai bene coltivare per mezzo dell’intelligenza, ed è pur ciò che far deve l’educazione artistica, e che può fare certamente, approfittando di quella intima relazione e corrispondenza che passa tra le facoltà umane, e certamente fra l’intelligenza e l’immaginazione. Ma qui appunto è dove più si manca nelle scuole e nei metodi d’insegnamento, motivo poi della poca stima che molti fanno degli studii tecnici, e cagione in gran parte della renitenza dei giovani a percorrerli, onde poi il gusto sempre più tendente al triviale e slombato, e, sostituiti ai sussidii dell’arte e della scienza, i sussidi del frastuono e del grido, alla forza spirituale del concetto la materiale della sonorità. E questo danno è tanto più sensibile e notevole fra noi per la mancanza di istituzioni destinate particolarmente alla riproduzione in pubblico delle opere dei grandi maestri, unico mezzo per educare il pubblico e mantenerne il gusto, e dico di quelle opere non pregevoli solo agli intelligenti per merito di calcolo e sottigliezza di scolasticismo; ma per giusto impiego della scienza allo scopo ideale. Privo di confronti, il pubblico si appiglia all’ultimo compositore che riesce a dilettarlo: priva di esempi tenuti vivi, e vedendo che il pubblico apprezza più il bagliore che non la vera luce, la gioventù trascura lo studio, ed esagerando a sè stessa la potenza del proprio genio, non si cura di sussidiarlo di quella dovizia di mezzi che la sola scienza può somministrare. E il maggior danno si è che intanto la scienza caduta in discredito non progredisce, e non solo rimane molto al di sotto dell’arte pratica, ma insufficiente ai bisogni attuali, insufficiente a ben guidare l’educazione de’ nuovi artisti, e a conciliare le opinioni opposte. Quindi procede quel fatto ben a proposito notato dal signor Vigna e assai vergognoso invero alla scienza, ed all’arte dannoso, dell invettive che mai non mancano all’apparire di qualche novità, la quale sembri un’infrazione di antichi principii, e che poi si deve finire coll’approvare, perchè il consenso universale la sanzionò. Ciò dimostra apertamente che il tecnicismo si regge finora su un fondamento empirico, e che la vera teoria, cercata finora nei calcoli numerici e fuori di noi stessi, è tuttora un’incognita. Non incolpiamone però nè i contemporanei, nè i padri nostri, i quali non possono, nè potevano anticipare il momento destinalo dalla Provvidenza all’apparire della luce; ma studiamo il modo di procacciarcela questa luce, questa scienza, la quale sarà solo vera quando potrà valere ad educare ad un tempo e di pari passo e l’intelletto ed il genio. Intanto chi istruisce non dimentichi l’uno per l’altro, e incominci dal persuadere sè stesso, poi i giovani che deve educare, della necessità di studiare per possedere l’arte onde saperla adoperare non a sfoggio di sapere, che è vanità, ma dove e come può riescire utile ad ottenere colla maggiore efficacia lo scopo vero dell’arte stessa. E chi apprende si persuada di queste verità. Che i più grandi genii dovettero studiare per valere ciò che valsero e valgono, e produrre opere durevoli. Che il presumere di essere un genio nel senso di poter riuscire senza studio è follia, perchè di veri genii mai la natura non fu prodiga, e che se a chi ha studiato potrà un giorno o l’altro accendersi la mente e spiegare sublime il volo, chi non ha studiato non potrà mai sperare di sollevarsi oltre la mediocrità.

SEGUE IL SUPPLEMENTO