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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 139 di Vulcano e nel corso dell’atto il maestro cav. Verdi dovette presentarsi sèi volte. «Nel second’atto cominciò a fanatizzare il duetto fra Aida ed Amneris; nuovamente si applaudì lo scenografo per altra scena rappresentante uno degl’ingressi di Tebe e calato il sipario, dopo il grandioso pezzo concertato del trionfo di Radamès, il Sindaco da un palchetto di proscenio, presentò all’illustre maestro il diploma che lo iscriveva nel libro d’oro della cittadinanza parmense deliberatagli dalla città nostra e fece distribuire per la platea e pei palchi il relativo decreto col quale è inoltre stabilito gli sia offerta una medaglia d’oro, la quale, con la effigie di lui, porti parole che ricordino la memorabile circostanza in cui fu conferita. Quest’atto procacciò al maestro tredici chiamate al proscenio. «11 terz’atto venne inaugurato da nuovi applausi e chiamata all’egregio Magnani, per una scena che rappresenta un sito scosceso ed il tempio d’Iside sul Nilo. Molto incontrarono la romanza della signora Stolz, 0 patria mia; il suo duetto col baritono Pantaleoni (Amonasro), ed il susseguente col tenore Capponi. Sceso il sipario, oltre ai cantanti ed al maestro si volle vedere al proscenio anche l’esimio direttore d’orchestra, cav. Giovanni Rossi. «Nel complesso dell’atto, cinque chiamate a Verdi. «11 quarto ed ultim’atto fu un’ovazione continua. Il duetto fra Radamès ed Amneris entusiasmò, nè piacque meno la grande aria di quest’ultima: Sacerdoti compiste un delitto. L’ultima scena figurante il tempio di Vulcano ed il sotterraneo, in cui muoiono Radamès ed Aida, produsse reiterati e vivis- * simi applausi allo scenografo signor Magnani. Continuamente interrotti da battimani furono il signor Capponi e la signora Stolz, nella romanza di quello e nel loro duetto finale. — A fine d’opera, i cantanti vennero chiamati due volte al proscenio; cinque, nel corso dell’atto, il maestro, che, in totale si si ebbe ventinone chiamate (1). — Impossibile poi il dire quanti i segni d’approvazione, le battute di mano, i bravo ad ogni singola frase, ad ogni singolo artista. — Insomma, l’esito fu più che completo, esito di vero e grande entusiasmo, il quale riteniamo andrà sempreppiù crescendo, man mano che per successive udizioni si rivelino e si rendino più famigliari le bellezze dello spartito. L’incasso della prima rappresentazione fu di circa L. 5000.» Il Diavoletto scrive: «21 aprile, ore 1 di notte.— Aida!... etiopi, egiziani, sacerdoti, guerrieri, ballerine... a giorno, Stolz, Verdi, Waldmann, Capponi, Pantaleoni,.Vecchi -, gli Ibis, Iside, il Bue Api, tutto ciò danza nella mia testa una ridda spaventevole, che mi rende assolutameote inabile (a quest’ora!) a mettere insieme una relazione anche solo relativamente passabile. Quello che (posso fare è di presentarvi un quadro a fotografia istantanea, uso Diavoletto. “ Ore 8 i/2.— Grande aspettativa. Palchi adorni da belle ed eleganti signore. “ Si alza la tela. — Atto I. Applaudita romanza Radamès (Capponi). Il pubblico dà segni di commozione, 5 chiamate al maestro, queste non sono che l’antipasto, pardon, l’avanguardia. “Atto II. Applauditissimo duetto tra Aida e Amneris. Stolz, Waldmann insuperabili. Gran marcia e finale entusiasmo. Verdi chiamato 9 volte. Il Sindaco gli presenta sul proscenio il diploma di cittadinanza parmense. Entusiasmo massimo. “ Atto III. Duetto Amonasro e Aida stupendo, Pantaleoni, Stolz sommi. Duetto Radamès, Aida e il terzetto susseguente tra Amonasro, Radamès, Aida, rialzano i fondi dell’entusiasmo al delirio. 8 chiamate al maestro e agli artisti.» Atto IV. Grand’aria di Amneris cantata divinamente dalla Waldniann. Duetto Amneris, Radamès applausi infiniti.— Scena ultima magica, féerique. Gli occhi del pubblico sono abbagliati dalla stupenda scena del Magnani; il cuore rapito da melodie celesti... meglio ancora verdiane. Duetto finale... non trovo l’epiteto per adeguarne l’incanto. Il pubblico dal delirio passa... alla pazzia. 10 chiamate a Verdi — totale 32 chiamate. «Orchestra, cori, mise en scène superiori all’aspettativa, per quanto grande. «La Commissione e l’impresa Lasina dichiarati benemeriti dell’arte.— Introito L. 5000. «La natura reclamai suoi diritti.— Corro a dormire sugli allori... di Verdi. «Ecco ciò che cosa dice il Presente:» Ieri sera, 20 aprile 1872, data memorabile nei fasti del nostro Regio, sotto l’appalto Lasina, esordivano le rappresentazioni deXYAida.» Ieri sera ei venne finalmente sollevato il mistico velo di questa Iside verdiana! «Anche Parma adunque (per seconda in Italia) la udrà e la vedrà cotesta Aida, a cui l’autore del Nabucco sembra proprio abbia data la vita, spirata la creazione» d’Egitto là sui lidi». E si che c’è da udir molto, da vedere moltissimo e da ammirare più che tanto!» Asciugata l’ultima lacrima che ne lasciò sulla gota la tremenda semplicità del Quadro Finale, primo dovere di chi scrive si è di porre subito in fatto, che Y Aida ottenne il più completo e desiderabile successo. Si aggiunga però che, a tener conto dell’entusiasmo, il quale talora rasentò, talora si confuse col fanatismo, era d^uopo, era debito di usare a bella prima il più appropriato vocabolo «trionfo! — Buon per noi, cittadini di Parma, ed oggi (1) Intorno al numero delle chiamate i contatori non sono d’accordo., come si vedrà; a noi ne furono telegrafale 35^ ad altri 32, a giornali di Napoli e di altrove 3G_. e ad alcuni perfino quaranta! Concittadini di Verdi, e meglio per F Arte, che non fummo da soli nella sentenza. Erano con noi rappresentanze di varie città italiane e ne verranno, si confida, ancora di molte. Quest’Afta ha dunque le sembianze di presentarsi come una Festa Nazionale, un’àgape gloriosa; ed altrettali saranno, vivaddio, per lo innanzi tutte le pubbliche Mostre del Genio italiano. L’Arte e la Scienza hanno per ufficio di fondersi un po’ meglio che non la Politica e la Guerra... Ma tornando al segno, il giudizio Sull’Afta dal Cairo a Milano, fu portato ieri sera a Parma in terza istanza o Cassazione, che vogliasi; e Cappello, per quanto si obbietti, ne rimase in ogni capo splendidamente raffermato. «A che prò lo enumerare le evocazioni del maestro Verdi al trionfato proscenio, con o senza gli artisti, quando superate le venti, non metteva conto il segnarle fra mezzo ad un turbinìo d’applausi rotti ad ogni misura? È però nobile ufficio ricordar le chiamate che Verdi condivise con quel direttore che è Gio. Rossi, mente, anima e braccio della lodata esecuzione. Che brio, precisione e colorito; che strappate e sfumature; quanto assieme non seppe egli ottenere cogli accenni rapidissimi alle svariate fazioni delle masse e colle scosse dell’olimpica testa? «Giacché siamo in sul lodare dicasi pure che il cav. Magnani meritò fare atto di presenza sulla Boccascena parecchie volte per diverse tele, tra belle e bellissime. Anche il Mastellari, che con affetto studioso secondò, come sempre, l’illustre scenografo, ebbe gli onori del pubblico per F allestimento dell’intimo. tempio di Vulcano e della sottoposta fòssa che per Tenore e Soprano ha il tilol della fame. «Giudizii sul merito. Crediamo di far cosa gradita ai nostri lettori riportando alcuni frammenti di cinque belle appendici pubblicate nella Gazzetta ch Parma da Parmenio Bettoli. Egli piglia prima ad analizzare il libretto: “ Avvegnacchè abituati da lungo a considerare ogni nuovo spartito di Verdi quale un avvenimento nel campo dell’arte, pure nessuno di essi toccò mai l’alto grado assegnato a codesta sua Aida. — Egli è, quindi, con un sentimento di profondo rispetto e con tutte le trepidazioni dell’insufficienza, che il critico si perita all’arduo compito di assumerla in esame e di discuterne, senza ostili preconcetti nè pusille reticenze, i pregi come le pecche». «Per giudicare, con criterio e coscienza, di un’opera musicale, è anzitutto opportuno conoscerne bene a fondo il soggetto, siccome quello da cui il poeta e, dietro il poeta, il maestro trassero le loro prime ispirazioni — ». Segue l’esposizione critica delPargomento; il Bettoli dopo aver difeso Ghislanzoni dell’accusa mossagli da taluno per l’imprecazione di Amneris contro i sacerdoti, prosegue: «Con tutto ciò ed’ammesso pure fondato un simile appunto, il libretto del Ghislanzoni non è manco meritevole del più sincero encomio: c’è progressione d’interesse, ottima distribuzione degli effetti e gentilissima versegiatura. Solo a proposito di questa, m’è necessario rimarcare una cosa che tornerà opportunissima quando parlerò della musica, e cioè: la grande prevalenza nel complesso del melodramma de’versi endecasillabi sciolti e rimati, e la polimetria di molte strofette, quali per mo’ d’esempio: Morir! sì pura e bella! Morir per me d’amore... Degli anni tuoi sul fore Fuggir la vita! T’aveva il cielo per l’amor creata. Ed io t’uccido per averti amata! No, non morrai! Troppo io t’amai!... Troppo sei bella! «Io sono ben lontano dal biasimare codesto modo di fare; ma è fuori di dubbio ch’esso si stacca interamente, non dirò dalle regole, ma dalle tradizioni del melodramma italiano. Da Metastasio a Felice Romani, uso costante fu sempre di servirsi di endecasillabi e di polimetrie miste d’encasillabi, settenari e quinari pei soli recitativi, riserbando ai pezzi obbligati ed essenzialmente melodici le strofette unimetre ed anco, per lo più conchiuse da tronchi — E la ragione è facile a comprendersi quando si consideri come l’endecasillabo non possa venire abbracciato da un solo inciso di frase melodica, nè si presti ad essere tagliato in due parti uguali. Io non biasimo, ripeto, la novazione, a cui è ricorso il poeta; ma ne constato il fatto siccome causa efficiente di talune forme musicali praticate dal maestro. Infanto, per chi, alla udizione della musica, abbia fatto succedere la lettura del libretto, chiaro apparisce l’eccellente partito che il suo autore ha saputo trarre da tutte le situazioni più drammatiche della favola.» L’appendicista viene poi a parlare della musica: «Questione pregiudiziale: la musica dell’Aida è nostrale o straniera, è classica o romantica, è’ del passato, del presente o dell’avvenire? Dichiaro anzitutto di comprendere assai difficilmente codeste meticolose distinzioni in punto ad arte, nel purissimo campo della quale, quando si tratta di geni