Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/157

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REDATTORE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA Al presente numero sono annessi il IV. €> della. RIVISTA MINIMA e le tavole IO e 11 de^Ii AirOGRAII. ULTIMI GIORNI DI BEETHOVEN “ Benché io non abbia raggiunto un’età molto avanzata, rimangono in vita pochi assai di quelli che, al par di me, ebbero l’onore di vedere il più grande artista del nostro secolo e di trattenersi con lui. Dotato d’intelletto precoce, come la maggior parte dei musicisti, io potei seguire dal 1825 al 1827 le lezioni del celebre Kummel a Weimar, e mi fu dato di accompagnarlo in un giro artistico per Lipsia e Dresda a Vienna, viaggio che egli intraprese nel 1827. In quell’anno aveva nevicato abbondantemente e faceva un freddo vivissimo, però avemmo più d’un fastidio. Mi sovvengo tuttavia con piacere della corsa in slitta che facemmo da Dresda a Praga con un tempo superbo. Sento ancora una reminiscenza di giovinezza penetrarmi quando mi vedo assiso al fianco del mio maestro diletto, volando attraverso le montagne della Boemia coperte di neve e dorate dal pallido sole d’inverno. Il lunedì 6 marzo 1827 arrivammo stanchi nella villa ini-periale. Alle 8 andammo a visitare Beethoven. Benché in quel tempo si riuscisse ad apprendere assai meno intorno ai più grandi uomini di quel che oggidì si apprenda in una settimana intorno ai minimi, la notizia della malattia di Beethoven era giunta fino a Weimar. Beethoven soffriva d’idropisia. A Vienna tutti gli artisti che venivano a visitare Kummel ei davano nuove assai inquietanti sul suo stato, che non solo era disperato ma eziandio triste al di là d’ogni espressione. Una sordaggine assoluta, un sentimento di diffidenza sempre crescente; sofferenze fisiche; operazioni senza risultato favorevole; una tristezza continua nella sua solitudine; una fìsonomia quasi spaventevole — ecco la pittura che ne veniva fatta dello stato del grand’uomo. Così prevenuti, noi prendemmo il cammino del sobborgo. (1) Ferdinando Killer che, in età giovanissima, ebbe la fortuna di avvicinare Beethoven, ei informa degli ultimi giorni che precedettero il tramonto del grande compositore. Dopo di aver attraversato una vasta anticamera, dove entro alli armadi erano accatastati enormi pacchi di manoscritti di musica, entrammo (mi batteva il cuore) nell’appartamento di Beethoven, e fummo assai meravigliati di vederlo seduto alla sua finestra in aria di buon umore. La sua ampia veste da camera di stoffa grigia era semi-aperta; portava stivali che gli giungevano alle ginocchia. Assottigliato dalla malattia, mi parve d’alta statura quando si levò. Non aveva fatto radere la barba e l’abbondante capigliatura grigiastra gli cadeva in ciocche disordinate sulle tempia. L’espressione del suo viso si rischiarò e divenne amichevole quando riconobbe Kummel, e parve rallegrarsi molto della sua visita. Si abbracciarono cordialmente. Kummel mi presentò; Beethoven mi si mostrò benevolo, ed io potei sedermi in faccia a lui nella finestra. Nissuno ignora che la conversazione con Beethoven doveva farsi in parte per iscritto; egli parlava, ma il suo interlocutore doveva scrivere le sue domande e le risposte. A tale effetto egli aveva sempre sotto mano dei foglietti di carta e delle matite. Come doveva riuscire penoso a quest’uomo sempre così vivace, direi quasi pronto all’impazienza, di dovere attendere ogni risposta e incatenare ad ogni istante la sua splendida intelligenza, sempre che avveniva una pausa nella conversazione. Per quanto me ne dolga, io non posso farmi un rimprovero di non aver annotato seriamente tutte le parole di Beethoven; devo anzi rallegrarmi di aver avuto, a quindici anni, e trovandomi per la prima volta in una gran città, abbastanza calma per ritenere alcuni particolari. Colla coscienza in riposo, posso ora garantire la perfetta esattezza di ciò che comunico. Da principio la conversazione si mantenne nei limiti delle cose banali: si parlò di viaggi, di soggiorni, di relazioni con Kummel, ecc. Beethoven chiese con interesse affatto speciale di Goethe, di cui noi potemmo dare le migliori notizie. Alcuni giorni prima, prevedendo il nostro viaggio, il gran poeta aveva scritto alcune linee nel mio album. Il povero Beethoven si lamentava molto del suo stato. «Sono quattro mesi che mi trovo qui, sciamò egli; ce ne sarebbe da perdere la pazienza.» Tutto sommato la maniera con cui le cose cammina