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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 201 Non sappiamo quanta parte abbia in questo fenomeno l’illusione ottica dell’uomo che difende le sue opinioni, ma anche ammettendo il fatto tal quale, ei pare naturalissimo. La parte sentimentale fu la prima a divenir popolare per la sola ragione che il sentimento è più contagioso del terribile, del grandioso e del religioso; nulla di più naturale che le parti terribili e grandiose, divenute più famigliar!, diventino popolari alla loro volta. Ma ciò che importa per il successo e per l’avvenire d’un’opera è che nulla di ciò che parve bello alla prima udizione, sembri volgare alla seconda: e per questo rispetto l’avvenire del Faust di Gounod ei pare abbastanza sicuro. (Contìnua) Londra ha voluto andare innanzi a Vienna che prepara, come si è detto, per la prossima esposizione universale, una magnifica collezione di istrumenti a corda. Quella di Londra è già aperta al Museo di South Kensington, e si compone di antichi strumenti di ogni genere e di ogni età, fino al secolo XIX. Presieduto da S. Altezza Reale il Duca di Edimburgo, il comitato di direzione conta nel suo seno i principali membri dell’aristocrazia inglese segnalati per il loro gusto per le arti, i fabbricanti, gli artisti più celebri e più competenti, quali i signori Broadwood, Chappel, Benedict, Engel, Ella, Rimbault, ecc. Il Comitato ha fatto appello ai fabbricanti ed amatori inglesi e stranieri; la Francia occupa nel catalogo un posto molto rispettabile. Ambrogio Thomas, direttore del Conservatorio di Parigi; Vuillaume, decano dei fabbricanti francesi di strumenti ad arco e uno dei più celebri; Gallay ben noto per i suoi scritti interessanti sulla liuteria, fanno parte del comitato. Si ammireranno nell’esposizione i bei strumenti di Cremona e di Brescia, di cui essi hanno acconsentito privarsi momentaneamente; fra gli altri un incomparabile violino di Stradivarius soprannominato la Pucelle, un violoncello dello stesso, ben noto a Parigi e invidiato dagli amatori, bellissimi clavicembali prestati dalla signora Erard, curiose taschette, flauti alla Luigi XIII, cornamuse, le bacchette di direttore d’orchestra di Mozart, di Rossini, messe alla disposizione del Comitato dal signor Jubinal, di cui sono note le collezioni variate e interessanti. È la prima volta che una esposizione di questo genere permette di studiare e di confrontare, in numero abbastanza considerevole, i capilavori della fattura strumentale. Cosi il Menestrel. Sabato, 15 giugno. Per chiudere la serie dei suoi trionfi melodrammatici, il Politeama ha posto in scena il Rigolelto e ne ha affidato l’interpretazione alle signore Lezi e Giussani, al tenore Villa e al baritono Viganotti Affrettiamoci a dire che fu forse lo spettacolo migliore della stagione; tutti gli artisti vi erano a posto, nessuno ebbe a patire di improvvisi abbassamenti di voce, e tutti fecero come seppero meglio per farsi applaudire. Naturalmente a numerare gli applausi ei si deve rinunziare; immaginate il pubblico-vulcano del Politeama in uno dei suoi momenti più buoni e ponete che questo momento durasse tutta o quasi tutta la rappresentazione, ed avrete il vostro conto. Il baritono Viganotti fu l’eroe della festa; in quest’opera egli passa innanzi a sè stesso, e si fa un dito più alto della sua riputazione. Ha momenti di calore e di vera potenza come cantante e come attore; la sua voce, che non è delle più voluminose, quando sembra dovergli venir meno, si gonfia, si gonfia, acquista volume, rotondità e robustezza. Sembra un fenomeno a chi lo ascolta la prima volta, a chi lo ha udito più volte è invece la regola naturale più sicura — l’arte. Bene la signorina Lezi nella parte di Gilda, che interpreta.con passione; bene la signora Giussani nella parte di Maddalena. Il tenore Villa, che è dotato di eccellenti qualità per riuscire un ottimo tenore, fa male a fidarsi troppo del pubblico del Politeama. Quello è un pubblico che di tenori ne avea già sulla coscienza una mezza dozzina, quando portava quotidianamente il suo entusiasmo al Ciniselli, e dacché ha fatto San Michele non ha cambiato abitudini. Quegli applausi e quelle grida che rispondono alle grida, valgono assai poco e costano moltissimo; e chi sta sul palcoscenico deve cantare, se sa, anche quando chi sta nella platea urla. Il tenore Villa sa cantare, ed è perciò appunto che il consiglio non è vano. I cori fecero il dover loro, e sebbene l’orchestra fosse alquanto ribelle, tutto sommato, lo ripeto, T esecuzione del Rigolelto fu forse la migliore della stagione. Il teatro Fossati riabbellito e ringiovanitosi è aperto col Matrimonio Segreto di Cimarosa, un capolavoro venerando le cui rughe sfidano ancora il tempo. È un vecchietto amabile, un po’ ciarliero, un po’pettegolo, ma diritto ancora della persona e senza apparenti acciacchi; si ascolta volentieri, e gli si perdonano le lungaggini e le divagazioni e le ripetizioni non tanto perchè è venerando, quanto perchè è gaio ed ameno. Peccato che T esecuzione di questo musicale fenomeno di longevità abbia tutta l’aria d’un tiro degli eredi per cacciar il nonno nella sepoltura; un paio di maltrattamenti di questa fatta e il poveretto è spacciato. Si salvarono il baritono Graziosi, artista di belle maniere, il Ristori, un buffo della scuola classica, che sa far ridere la platea senza divenir egli stesso plateale, e il tenore Zanardi-Landi, il quale per altro non seppe più risollevarsi alle prime altare. Delle donne, una sola, la signora Pala-Graziosi, meritò qualche volta gli applausi; le altre furono applaudite e chiamate al proscenio, e una dovette perfino ripetere un pezzo, ma non possono