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238. GAZZETTA MUSICALE DI MILANO cambio d’uno. Noi credo. Mi pare impossibile che il Verger possa sostener la concorrenza, egli privo di sovvenzione contro un rivale che l’avrà. Dico che l’avrà perchè crederei che il Lefort ha perduto il senno, se fa costruir un teatro a bella posta, e che con lui l’ha perduto lo speculatore che costruirebbe questo nuovo teatro a proprio rischio e pericolo. Checché ne sia, e supponendo che Verger si ritira o che non possa a lungo sostenere la concorrenza, vi avremmo guadagnato una nuova sala di spettacolo. E se essa è centrale, come credo sapere, non possiamo che congratularcene. Ma che faranno gli artisti scritturati dal Verger se egli non può andare avanti? L’obbligheranno a pagare. E s’ei non può; s’ei non ha? Ricorreranno ai tribunali; questi condanneranno l’impresario e l’impresario risponderà, non possum, se conosce il latino; se no, si stringerà nelle spalle e farà il sordo, cosa assai facile pel direttore del teatro Italiano. Siccome qui non c’è più arresto personale, e siccome il Verger non ha poderi al sole, felice notte! Ma posso ingannarmi; voglio dire che il Verger sarebbe in grado di andar innanzi e di non interrompere il corso delle rappresentazioni ad onta della terribile concorrenza che gli verrebbe fatta. Ciò lo riguarda. «Ognun può far della sua pasta gnocchi»; ma a mio avviso, giuocherebbe un brutto giuoco. Già la curiosità è un grande stimolo, e se c’è un teatro nuovo, tutti vorranno vederlo, tutti vi accorreranno. Ora la gente che si diletta di musica italiana non è mica numerosa; non ce n’è abbastanza per due teatri; il nuovo la torrà per sè, il vecchio avrà torto. Ma perchè, mi domanderete, il Ministro dell’istruzione pubblica, dal quale dipendono i teatri, rifiuterebbe il Verger, vale a dire non gli darebbe la sovvenzione di centomila franchi, che fu volita dall’Assemblea? Comincierò dal dir che questo voto deve rmnovellarsi tutti gli anni all’epoca della discussione del budget, e che esso potrebbe benissimo essere ostile quest’anno come fu favorevole l’anno scorso. Ma c’è di più. A quanto ho potuto udire, il Ministro non è stato soddisfatto della maniera con la quale il Verger ha diretto il teatro Italiano durante i tre mesi primaverili. Non so quanto sia vero quel che si è detto a tal proposito e non ho missione di verificarne Inesattezza, ma si è sparsa la voce, a ragione o a torto, che non tutti gli artisti che hanno figurato sul cartello erano scritturati a pagamento. Ora se ciò è vero, il Ministro ha ragione di ricusare il suo appoggio al direttore. Il Teatro Italiano di Parigi, dotato come è, e mantenendo i prezzi assai elevati, non è un teatro di esordienti, ove tal o tal altro tenore, tale o tal’altra cantante possa provar la sua voce innanzi ad un pubblico che paga. Che a quando a quando, per eccezione, vi sia un esordiente, nulla di più naturale; ma non bisogna abusarne e farne un sistema. Il direttore di un teatro di tanta importanza come il Teatro Italiano di Parigi, non può dire al giovine artista o alla giovine prima donna: «provate, cantate una sera o due; se avrete successo cercherò di scritturarvi per l’anno venturo, se no, vostro umilissimo servitore». Il pubblico non si presta volentieri a questo genere di esperimenti che la facoltà medica chiama in anima vili. Gli amici e partigiani del Verger, credendo aiutarlo, gli fanno più male: difendono con calore la sua causa nei giornali; e ciò non può che irritare ancor più il Ministero, a cui parrà che gli si voglia forzar la mano, se mi concedete questa locuzione alquanto esotica. Ve ne sono altri die gli consigliano di riunire insieme i due teatri, il Lirico e l’italiano, e di far cantare, come credo già avervi detto, una sera l’opera italiana, la sera seguente l’opera francese e così via via. Ma come si farebbe per le traduzioni? II teatro Lirico dava spesso Rigoletto, la Traviata, la Sonnambula, il Ballo in maschera, tradotti in francese. Non sarebbe egli assai strano di far cantar sullo stesso teatro oggi il Rigolelto in italiano, domani lo stesso Rigolelto in francese? L’uno farebbe torto all’altro. Eppure mi si assicura che il Verger è disposto a seguir un cosi strano consiglio. Se ne pentirebbe ben presto. Habemus pontificem! Posso valermi tanto più di questa citazione, che è quistione del gran premio di Roma. Il trionfatore, il laureato, il felice mortale che ha ottenuto questo gran premio, che non era follia. sperare. è il signor Salvayre, allievo di Ambrogio Thomas e di Bazin. Il secondo è il. signor Ehrhart allievo di Reber. La cantata di Salvayre è stata eseguita da tre artisti Opéra: la Fidès de Vries, il tenore Bosquin ed il basso Gaillard. Il soggetto della cantata è Telemaco. Solo per aver messo in musica quest’argomento avrei ricompensato il compositore! Ha dovuto far prova d’una grande pazienza e d’una non meno segnalata rassegnazione. Telemaco, Mentore e Calipso! Che scelta triade per un piccolo dramma musicale in un atto e quattro pezzi. Quattro concorrenti sono rimasti sul terreno. Essi, come la povera Calipso, non potranno consolarsi d’aver passato ventinove giorni, chiusi in gabbia, per comporre una Cantata, che non ha prodotto loro che tedio, fatica-e disinganno. Almeno il vincitore se ne va a Roma a spese del Governo. Si può soffrir un mese per vivere con la pensione dello Stato durante due o tre anni. Ma gli altri.? Li compiango di tutto cuore. Non resterà loro che ad invitare i parenti e gli amici e a divertirli tutte le domeniche, facendoli assistere ad una esecuzione al pianoforte del loro Telemaco. fi. LONDRA, 8 luglio Ancora della Gelmina del principe Poniatowski — Un cantante-principe — Annunzìi e notizie. Per quest’anno, se non per gli anni avvenire, la musica di Gelmina non si sentirà più in Covent- Garden. L’uditorio di quel teatro, con tutto lo spirito aristocratico che possiede, manca di quella generosità, ch’è necessaria per, far vivere lunga vita all’opera ultima del principe Poniatowski. Che il principe Poniatowski meritasse successo è incontestabile; e nessuno più di me glielo ha desiderato pei suoi meriti personali, che non sono pochi; ma quando il pubblico è chiamato a dar giudizio d’un’opera d’arte, esso non sa e non deve ricordare troppo teneramente i meriti personali per quanto grandi dell’autore. Il pubblico ha sentito Gelmina, e nell’assieme non n’è rimasto soddisfatto; però esso non simpatizza meno col principe Poniatowski pei suoi nobili sforzi. Scrivere un’opera sembra che sia la cosa più facile di questo mondo. Tutti ne scrivono, tutti ne vogliono scrivere. Il successo d’una romanza fa credere al più giovine compositore ch’esso è già abbastanza erudito da poter scrivere un’opera. E poi siccome non il merito, ma l’influenza o Tintrigo porta simili opere davanti al pubblico (almeno generalmente), cosi si spiegano i fiaschi a dispetto delle cento e una melodia di tutti i maestri possibili, che costituiscono l’opera! Badate che intendo limitare le mie osservazioni a compositori di qui; i quali, a giudicare dall’istrumentazione delle cose loro provano ad oltranza come siano in aperta guerra colla scienza musicale. Avendo fatto menzione del principe Poniatowski accennerò che esso non è compositore, ma anche cantante. I giornali annunziano che esso canterà nell’occasione prossima di uno dei soliti concerti, che non interessano menomamente il pubblico. Ogni maestro ha il mal vezzo, come sapete, di dare un concerto annuo; e questo non interessa che lui, che si fa pagare i biglietti a prezzi di fantasia, in ragione di circa lire trenta T uno; e non interessa che i suoi discepoli i quali hanno da pagarle. La musica, che si fa a simili concerti, non è mai u quasi mai d’interesse pubblico. Nel caso che ho menzionato, la curiosità, se non altro, può stimolare qualche estraneo a spendere una ghinea per la soddisfazione d’udire cantare un principe. 11 Guarany di Gomez è annunziato pel giorno 11 con la Sessi, Cotogni, Faure, Bagagiolo e Nicolini; e domani sera debutterà finalmente la Smeroschi nell’Elisir d’Amore. Questa giovane cantatrice ha straordinaria fede in sè stessa e aspetta di cogliere un trionfo. Che Dio le mantenga a lungo quest’illusione; ma al Covent Garden quei signori, che sanno, ne dubitano. Al Drury Lane si sta preparando per la Mari mon la Caterina d’Auber, che sarà cosi rappresentata per la prima volta nel teatro italiano. Il Fancelli fa progressi, sebben non giganteschi, nel pubblico favore. Nella Lucia esso piace molto ed è meritamente applaudito. È cosa sorprendente che voci, come quelle di Fancelli e di Cotogni, passino qui comparativamente inosservate: mentre in Italia e altrove sono altamente apprezzate: ed è cosa anche più sorprendente che tali artisti vengano a Londra, dove ricevono paghe di gran lunga minori di quelle che ricevono e potrebbero ricevere nella stessa Italia e altrove, coll’aggiunta di essere apprezzati. I conjugi Bettini non andranno più col signor Pollini nel giro artistico dell’Olanda, del Belgio e della Germania. La Bettini rimane con Mapleson e il Bettini passa in disponibilità per l’autunno e la stagione di carnevale-quaresima. La rottura del contratto per parte del signor Pollini è ascritta non tanto a influenze femminili quanto all’improvvisa caduta di tutto il progetto. -c.