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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 245 teatro siano due istituzioni ben distinte e consacrate a diversi generi di musica. La Reale Accademia di Santa Cecilia ha già incominciato a tenere le sue adunanze per la riforma degli statuti, e per l’approvazione del regolamento per un Liceo musicale in fieri. Il vostro corrispondente ha avuto l’insigne ed inaspettato onore di essere ’ eletto a presiedere queste riunioni. Io non posso contraccambiare questa dimostrazione di stima che facendo fervidi voti affinchè i voti della illustre Accademia siano soddisfatti. Voi sapete che l’Accademia di Santa Cecilia è sorta nel secolo decimosesto, e conta fra i suoi soci non solamente tutti gli artisti romani, ma le principali illustrazioni musicali di tutto il mondo. Mutato il governo, la riforma degli statuti era diventata una necessità. Essa non muta le basi dell’Accademia stessa, e si riferisce piuttosto a particolari che credo inutile di riferire. L’idea di instituire un Liceo sorgeva pure spontanea, perchè è veramente strano che in una città come Roma non esista alcun Istituto d’insegnamento musicale. Da qualche tempo l’Accademia ha aperto due scuole gratuite di pianoforte e violino, alle quali attendono con singolare solerzia e grande disinteresse i benemeriti professori Sgambati e Pinelli. Il progetto che venne preparato da apposita Commissione e che ora si sta discutendo, è assai grandioso. Esso comprende un completo corso di studi musicali, coll’indispensabile corredo di studi letterari. Ma chi somministrerà i fondi per una istituzione di questo fatto? L’Accademia non ha altra rendita che le tenui quote dei soci. Dal governo temo che vi sia da sperar poco o nulla. Quanto al Municipio, permettetemi innanzi tutto di rettificare un grave errore tipografico che vi è sfuggito nella mia precedente corrispondenza. Mi avete fatto dire che il Municipio era assai poco disposto a favorire il nuovo Liceo. Io vi scrissi precisamente il contrario; il Municipio è cosi ben disposto in favore dell’Accademia e dei suoi progetti, che le ha concesso l’uso dell’Aula massima capitolina (quella stessa in cui si riunisce il Consiglio municipale) per tenervi le sue adunanze. Vedremo ora se a queste buone intenzioni corrisponderanno i fatti, e se la Provincia vorrà, alla sua volta, coadiuvare il Municipio. L’Accademia deve inoltre discutere ed approvare il progetto per la Cassa di mutuo soccorso, ma credo che domani terminerà i suoi lavori, che verranno poi sottoposti alla sanzione governativa. Al Politeama si prepara il Marco "Visconti del Petrella, con una compagnia superiore alle esigenze di quel teatro popolare. Le prime donne Ciuti e Colarieti, il tenore Culli ed il baritono Ciapini assicurano a quello spettacolo un gran successo. L’egregio autore, colla solita sua compiacenza, è venuto a posta da Albano, dove trovasi in villeggiatura, per assistere alle prove dell’opera ed alla prima rappresentazione. L’impresario Jacovacci ha definitivamente conchiuso il contratto col maestro Libani per mettere in scena, all’Apollo, nella stagione d’autunno, la nuova opera: Il Conte verde, con libretto del D’Ormeville. Le compagnie drammatiche fanno discreti affari, sovratutto quella diretta da Cesare Rossi, che recita al Corea e che ora ha preso il partito di dare delle rappresentazioni notturne. Allo Sferisterio la Compagnia Pezzana e Dondini piace anch’essa. Vi è poi il Quirino dove si va per fare del chiasso, ma questo non è spettacolo di cui possa decentemente occuparsi la critica. A... NAPOLI, 17 luglio. Risposta all’Omnibus di Napoli — La Repetto-Suardi — Notizie. Quando assumesi la difesa d’un impresario come il Musella od altri ejusdem farinae, si deve ricorrere il più delle volte alle ali del pensiero, impennarle e librar voli su’campi dell’ideale, chè in quella del reale corresi pur troppo il rischio di incespicare ad ogni piè sospinto; ogni passo un pericolo. L’Omnibus infatti, l’enfant terrible del presente impresario del Massiino, taccia di poca precisione la Gazzetta, o chi per essa, vai quanto dire l’umile sottoscritto, perchè accusò il Musella di negligenza non preparandosi desso a sostituire al nostro diapason il normale, adottato già a Parigi, a Londra ed a Milano "L’Omnibus dice che io avrei dovuto sapere che questo è un obbligo assunto dal Municipio e non adempito. Duoimi che V Omnibus, non ostante i molti suoi anni, sia molto leggiero, mentre si fa lecito condannare d’imprecisione altri che coi fatti addimostra di saper quel che si dice. Al direttore dell’Omm&ws non è mai saltato in mente, ed avrebbe dovuto farlo quando assunse il compito di perorare in prò’ del Musella, di leggere il capitolato di appalto. Avrebbe altrimenti saputo in che guisa nell’articolo 44.° trattasi la questione del diapason. Lo trascrivo testualmente affinchè lo leggiate e vediate poi quanto sia preciso VOmnibus nelle sue notizie e, come per confutare trovi validi documenti! «L’impresario si obbliga ad adottare per la grande stagione dell’anno ven» turo, cioè dal ventisei dicembre del Milleottocentosettantuno al martedì» Santo del Milleottocentosettantadue, il diapason col nuovo Corista normale» abbassato secondo l’uso de’teatri di Parigi, Londra, e Milano, ed a concor«rervi per la metà della spesa, rimanendo l’altra metà a carico del Muni» cipio. Per l’effetto, l’impresario presenterà, non più tardi della fine di agosto» del venturo anno, la tabella di tutti gl’istrumenti da modificare, con una» specifica della spesa. La Giunta la esaminerà e delibererà sulla accetta” zione o modifica del detto progetto, essendo in sua facoltà di poter direttamente» far provvedere a tale fornimento di nuovi istrumenti, per maggiore econo«mia e certezza di riuscita. La metà della spesa ricadente all’impresario ” sarà ritenuta in tante rate uguali per ogni rata di convenzione. I professori «sovvenzionati avranno l’obbligo di suonare con i nuovi istrumenti. e di sot» toporsi alle disposizioni, che il Municipio stimerà di emettere pel rimborso ” a rate di tutto o parte, non meno però della metà del prezzo dell’istru«mento che rimarrà di loro proprietà Questo rimborso degli Artisti sarà» diviso a parti uguali tra il Municipio e l’impresario. «Per tutti gli altri artisti non sovvenzionati l’impresario stipulerà nelle ” relative scritture un obbligo simile, ed il rimborso sarà fatto sulle loro» paghe, e diviso nella stessa proporzione.» Mancando l’impresario di far trovare impiantato il detto cambiamento di ” corista, almeno due mesi prima della grande stagione, il Municipio sarà ” nel dritto di farlo a tutta spesa dell’impresario, invece della metà, a titolo» di penale.» Rispondo adesso pe’ Cori; io so che per le masse vocali al S. Carlo ce ne vogliono molte, io non attingo le mie notizie da fonte sospetta, non rispondo mai con le parole che potrebbero mettermi in bocca gl’interressati, ma da per me so additare i mali dopo averli scoperti. Ignoro se i compilatori HeìVOmnibus sieno persone capaci di dare giudizi! speciali, ma quando leggo entro quelle colonne che pei coristi ei vogliono poche riforme, e maggiori per le donne, son persuaso che sono digiuni affatto di conoscenze musicali. Non vo’ intrattenermi qui molto, e sarebbe scrivere senz’alcun prò, se dicessi che di coriste che cantino a S. Carlo se ne possono contare cinque, e quindici fra tenori e bassi. Or credete voi che si possa trarre belli effetti da questi nostri Cori? Mettetevi ne’ panni d’un povero compositore che avesse scritto un Coro disponendolo per sei voci: soprani, contralti, tenori primi e secondi, baritoni e bassi e fosse tentato di far rappresentare la sua opera al S. Carlo; pensate un no’ come sarebbe contento. E che ciò sia vero varrà a provarlo un esempio recente: dovea rappresentarsi V Africana; provossi varie volte il celebre coro: o grande S. Domenico e non destava nessuna impressione, ma quando il Trisolini scritturò trenta altri coristi, fra i quali venti bassi, l’esecuzione di quel gran pezzo di concerto commosse per modo il pubblico che ogni sera ne chiedeva la replica. E a S. Carlo, sei sappia V Omnibus, bisogna un corpo di coristi che ascenda a 120 persone; che se il Musella avesse applicato un altro articolo del contratto e fondato la scuola corale già da due anni, non si sarebbe spaventato nel sentire che per VAida c’è da impiegare trenta bravi bassi di coro, nè avrebbe pregato il suo organo ufficiale di scrivere che tanti bassi è uno sciupio inutile di voci, nè si trovano in corrispondenza delle altre se non elevando almeno a centoventi il numero de’ coristi. Non ritorno sulla quistione Aldighieri che per fare una dimanda all’Omnibus. È egli possibile che un impresario cui fa conceduto un teatro dell’importanza del S. Carlo per cinque anni debba ridursi a concludere i contratti con gli artisti pochi giorni prima che cominci la stagione? L’Aldighieri dava la preferenza all’impresario Jacovacci perchè scritturava anche la sig.a Spezia, e bene sta, ma saprebbe poi l’Omnibus allegare le ragioni che indussero il Musella e non designare subito l’artista che dovea surrogare l’Aldighieri e a stringere contratto con esso lui? Credeva, di grazia, V Omnibus, cel dica, che i baritoni di grande valentia, pel S. Carlo insomma, passeggino dinanzi al Caffè di Fiori e sieno pronti ad ogni cenno del Musella, come pur troppo avveniva quando egli dirigeva il teatro Nuovo? Pertanto se fino ad oggi il baritono non fu scritturato, il Musella, VOmnibus cosi dice, seconderà plausibilmente anche l’illustre maestro o il Ricordi. — Utinam, rispondo io. — Il Musella fece padrone, sempre secondo V Omnibus, l’illustre Verdi di accomodare le cose a piacer suo. Ma circa le promesse del Musella non ho mai mosso dubbiezze o sospetti; è il modo suo di mantenere i patti che mi fa impensierire. Rispondo ora alla taccia di parziale che VOmnibus mi scaglia addosso, quando asserisce che io abbasso il Musella per alzare il Trisolini. Il vecchio giornale è in un grave errore; non credo siavi alcuno che aspiri al vanto di abbassare il Musella che con le sue gesta è sceso tanto giù nell’estimazione della maggiore e più cara parte della nostra cittadinanza. Io non parteggio per alcuno, lo dico e ripeto altamente qui. io tengo a serbar la più grande indipendenza, pago il mio viglietto quando ho necessità di assistere allo spettacolo, nè mendico un palchetto per isdraiarmivi entro e sedere a scranna col piglio d’un giudice delle peccata, e per iscrivere poi a ritroso delle mie convinzioni. Ho lodato il Trisolini e con ragione; nè l’ironia dell’Omnibus farà ricredermi. Quando al S. Carlo fu rappresentata VAfricana, la non era data in tutto il mondo, la Contessa d’Amalfi del