Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/265

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GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO 259 voce nella cavatina della Fausta, di Donizetti, un gioiello d’una opera che ne contiene molti e che pure è dimenticata. Infine due signorine, poco più di due bambine, Bracciforti e Rolandi, eseguirono con mirabile precisione di colorito un gran duetto per due pianoforti di Kalkbrenner. L’orchestra composta degli alunni e diretta dal Cerquetelli diede splendida prova. In complesso questi tre saggi lasciarono soddisfattissimo chi ha l’occhio all’avvenire del nostro istituto La settimana non ei ha dato spettacoli nuovi di sorta, tranne; un ballo al Politeama, una Maria di Hasvig, musica ed argomento del signor Besozzi, coreografato, mi si acconsenta il vocabolo, dal bravo Marzagora. L’esito fu nè caldo nè freddo; nella musica ei è qualche buon lampo, ma il resto è notte fitta; delle danze ce n’ha qualcuna buona, il resto è volgare. Se è lecito tirar pronostici, questa nuova creatura coreografica vivrà senza infamia e senza lode. Quanto al Papà Marlin, alle successive rappresentazioni guadagnò molto; alcune bellezze del terzo atto che non apparvero alla prima furono gustate, e il maestro ebbe, meglio che una conferma del primo trionfo, un nuovo trionfo. Presto andrà in scena la Jone le succederà la Follia a Roma di Ricci, nuova per Milano. Giorni sono nella sala del Ridotto alla Scala ebbe luogo un concerto a beneficio del baritono Bonora. Vi presero parte la signora Aspri, pianista, le signore Grane, Spindler, Germiniani e Parini, il tenore Byron e il baritono Bonora. Ci furono applausi per tutti. Finisco con una notizia: il nuovo teatro Donizetti o dal Verme non sarà più nè Donizetti nè Dal Verme, ma semplicemente Teatro nuovo al Foro Bonaparte. Siccome il nuovo battesimo è abbastanza lungo, non si sa ancora se, amputato a dovere, diventerà Teatro nuovo, piuttosto che Teatro Bonaparte o piutosto che Teatro al Foro.?■ r ALLA RINFUSA Scrivasi da i Weimar: Fi’anz Liszt non passerà l’estate in Ungheria, come aveva divisato, ma solo in settembre si recherà a Szegssard ed in principio di novembre a Pestìi. Questo ritardo è cagionato dal fatto che il granduca di Weimar lo pregò di assistere alle nozze di suo figlio, il principe ereditario, come già nel 1843 veva assistito alle proprie. È vero che le nozze avranno luogo a Pietroburgo verso la fine di agosto, ma saranno poi celebrate anche a Weimar con feste corali, concerti e tornei al Wartburg. Liszt non solo aderì all’invito, ma offrì di comporre la musica per tale festa. Dicesi che il deficit della festa musicale di Boston ammonti a dollari 250,000. Merelli, impresario dell’opera italiana a Pietroburgo, deve aver fatto negozii eccellenti, perchè la Gazzetta russa annunzia ch’egli aprirà una banca con un capitale di mezzo milione di rubli, cedendo la direzione del teatro al suo alter ergo, sig. Ferri. Vièuxtemps prese parte ad una mattinata a Baden-Baden, suonando il primo Tempo del suo gran concerto in la mag. e la Fantasia appassionata colla brillante Tarantella. Le ovazioni fattegli dal pubblico furono degne di questo insigne artista. Un Nizzardo, certo signor Gnidi, ha inventato uno strumento che simula un’orchestra completa; s’intitola appunto orchestrino e nella forma rassomiglia ad un pianoforte. Il premio francese Monthyon (della virtù) fu riportato da una figurante del teatro di Havre, in ricompensa di una vita di rassegnazione e di sacrifizii. Rara avis! Vediamo nei giornali francesi annunziata la rivelazione a Pampélune d’un nuovo fenomeno musicale, nientemeno che una fanciulla diciottenne dotata d’una voce di basso prepotente. I giornali aggiungono che lo stesso Lablache ne sarebbe‘geloso e che un impresario parigino ha già scritturato il fenomeno. Apprendiamo dai giornali inglesi che il giorno 11 luglio ebbe luogo a Londra il sesto gran concerto al Royal Surrey Gardens. Vi presero parte valenti artisti, fra cui il celebre tenore inglese Reeves, e il baritono italiano Francesco Mattino, che fu applauditissimo in varii pezzi. 1/ esito del concerto fu assai lieto. In un giornale americano si legge quanto segue: «Avviso ai compositori— Alcuni partigiani del presidente Grant offrono 500 dollari (2,500) lire al compositore che scriverà la melodia più attraente, più commovente per il canto che essi vogliono intonare nel recarsi allo scrutinio nella prossima elezione presidenziale. «Durante il primo semestre 1872 i teatri di Parigi introitarono 7,865,932 lire. In questa somma non sono compresi nè gl’introiti del teatro Italiano, nè quelli dei sobborghi. — Oh, sì, esclamò l’altro alzando la fronte e guardando il il duca con gratitudine profonda: soltanto a voi e a Giovanni, il mio mulatto, l’affiderei! — Andiamo, dunque, nel vostro appartamento, Velâzquez, disse il duca passando il suo braccio, sotto quello dell’artista; Giovanni ecl io l’accompagneremo, e rimarrà sicura nella mia casa dove la verrete a trovare. Diego Velâzquez giunse alla sua abitazione col duca, e chiamò a bassa voce alla porta. Il servo che F aprì impallidì e retrocedette due passi nel vedere il padrone. — E donna Anna? chiese ansiosamente Velâzquez. Il servo, cogli occhi fissi al suolo, sembrava una statua di cera. — E donna Anna? tornò a chiedere Velâzquez scuotendo il braccio del servo. — Signore!... — Parla!... — L’hanno rapita. — Rapita! Questo grido fuggì angoscioso e rauco dalle labbra dell’artista, che rimase per alcuni istanti annichilito e muto. Tosto corse verso la dimora di Anna, seguito dal duca. Gli stralunati occhi di Velâzquez percorsero la camera in un secondo; ma l’artista dovette appoggiarsi ad una sedia per non cadere. La stanza conservava tutti i segnali della recente presenza della povera fanciulla. — Giovanni! gridò Velâzquez con voce soffocata. — È pure scomparso. — Venduto a lui! borbottò Velâzquez, il quale nell’udire la risposta del domestico pensò neppure di chiedergli com’era avvenuta la scomparsa di Giovanni. Indi si precipitò alla porta, vacillante come una persona ebra. Il duca lo seguì colpito da quella terribile scomparsa. — Lo hanno comperato affinchè me la rapisse!... diceva coi denti stretti l’artista. S’è venduto all’oro... del Re.... ma... io lo ucciderò! Lo sventurato Velâzquez cadde rovescione al suolo, e il suo bel capo nero e ricciuto battè sul pavimento della galleria. In quell’istante entrava in essa, dalla parte opposta, un cavaliere di circa cinquant’anni, di alta statura e dall’aria spigliata ma piena di nobiltà e dignità. La sua veste, di damasco celeste, alla fiamminga, era fastosamente ricamata d’oro, e sul suo cappello vedevasi trattenuta da un gioiello di diamanti e rubini una bella piuma di airone reale. Le insegne di molti ordini coprivano il suo petto; e le mani bianche e di bella forma’uscivano da una massa di pizzi uguali a quelli che gli scendevano sopra gli stivali. Lo seguiva una immensa comitiva di nobili spagnuoli e fiamminghi, e una guardia d’onore, come fosse, nè più, nè meno, una persona regnante. Era infatti il Re della pittura, Pietro Paolo Rubens, artista celebre, eminente diplomatico, e ambasciatore della Infanta donna Isabella, governatrice della Fiandra e dei Paesi Bassi, presso la maestà di Filippo IV. Rubens si dirigeva all’abitazione di Velâzquez per visitarne lo studio, giacché non aveva potuto vederlo, per trovarsi all’Escorial, come gli aveva detto la Regina. Nel vedere il duca dell’Infantado, che gli era stato presentato nel ricevimento dalla stessa Regina, nel vederlo, ripeto, sostenere sulle sue ginocchia il capo di altro uomo svenuto, Rubens s’affrettò. — Volete che vi aiuti, signor duca? chiese il cittadino di Anversa colla dolce amabilità colla quale, nonostante T alterezza del suo aspetto, gli era abituale. — Grazie, signor ambasciatore, grazie.... già torna in sè, rispose il duca ponendo sotto il naso dell’artista il suo fazzoletto profumato. ) — Velâzquez! aggiunse poscia movendolo soavemente.