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GAZZETTA MUSI Rivista Milanese Sabato, 17 agosto. La settimana che è passata fu tutta una settimana di gestazione, benemerita forse dell’avvenire, ma niente affatto della Rivista d’oggi! Il Politeama, intanto che preparava la Follia a Roma per questa sera, si tenne alla meglio in arcioni passando dal Papà Martin alla cavalcatura zoppicante della Jone, e gli altri teatri hanno serbato come al solito un silenzio di rigore. Non metto nel novero il teatrino estivo, parodia di teatro in cui si fa la parodia di opere in musica, perchè la sua natura microscopica lo sottrae ai rigori della critica. Non voglio però tacere che Y Elisir d’amore vi è eseguito meglio che non mi aspettassi, da una prima donna che sa il fatto suo, da un tenore, da un baritono e da un buffo pieni di buona volontà. Ora che l’impresa ha ricorso al mezzo eroico di aggiungere allo spettacolo una consumazione (sic), senza aumentare il prezzo del biglietto, può darsi che le stelle guardino con occhio benigno il Don Procopio che va in scena questa sera. Si fa un gran dire delle feste prossime in occasione dell’Esposizione, che sarà inaugurata il 26 corrente. Siccome il programma non è ancora determinato, i collaboratori alla compilazione sono innumerevoli, e ciascuno vuol dir la sua. Oltre la mezza dozzina di inaugurazioni che avranno luogo in quest’occasione, oltre l’inevitabile fuoco di bengala fra le guglie del duomo, si pronostica una magnifica illuminazione in Piazza della Scala, e un Concerto monstre allestito per cura del violinista Marzorati e del dilettante cav. Castoldi. Se la cosa non va in fumo, in questo concerto verrà eseguito un inno di Leopoldo Marenco alle Arti posto in musica dal maestro Quarenghi, senza contare le nuove composizioni del Marzorati, e il debutto del celebre Mario che come si sa non volle mai cantare in Italia. Augurando che tutto si avveri appuntino, mi permetto di dubitare di quest’ultima diceria. CALE DI MILANO 275 Quanto agli spettacoli teatrali è un peccato che non ne sia pronto almeno uno per il primo giorno delle feste, chè il Teatro al Foro con quel che segue si aprirà il 31 corrente e la Scala intorno a quel tempo. Rimarrà il Politeama, più il Serraglio di bestie feroci del signor Bidè] che è sorto all’improvviso in Piazza Castello. Questo serraglio è variato e ricco, e il sig. Bidel gode l’intimità dei suoi dozzinanti, a cui fa fare le più graziose moine che quella brava gente sappia fare. È uno spettacolo nuovo. Si vedono i lupi a braccetto cogli agnelli, e i leoni che danno del tu alle pantere - il problema della genesi è così risoluto: il paradiso terrestre... era una gabbia del signor Bidel. S. F ALLA RINFUSA Un processo per frode fu discusso a Monaco- il 24 luglio, interessante per ciò che F imputato si faceva passare per un Luigi van Beethoven di Aiennà. Egli insieme colla sua consorte commise varie truffe. Come sedicente parente del celebre Luigi van Beethoven si volse anche al re di Baviera per ottenere un sussidio, ed ebbe dalla cassetta particolare di S. M. varie somme dell importo totale di fiorini mille. L inganno rendendosi sempre più evidente, la rea coppia disparve ed i creduli restarono mistificati. Il processo fu fatto in contumacia. Durante il soggiorno dell’imperatore di Germania a Wiesbaden, fu rappresentata, per ordine suo, la Dinorah di Meyerbeer. Il gioviale maestro Himmel (notisi che Himmel in tedesco significa cielo) diede un giorno alla cantante Schwalz una lettera di raccomandazione diretta al maestro Naumann, la quale cominciava con queste parole: «Colla presente l’Himmel (il cielo) vi spedisce un angelo grosso». > Un’importante scoperta bibliografica fu fatta testò nella Biblioteca Mazzarino di Parigi dal sig. Pottier, il quale ha posto finalmente la mano sul famoso esemplare tanto ricercato della «Musique Universelle, contenente tutta la pratica e la teorica» (208 pagine) di Antonio de Cousu, canonico di SaintQuentin, esemplare che il sig. Teodoro Nizard (abbate Normand) assicurava esistere in un pubblico deposito dove egli l’aveva copiato per intero e del quale, da bibliofilo egoista, non aveva voluto divulgare il nascondiglio agli eruditi. Si sa che il sig. Thoinan ha consacrato a questo libro rarissimo, di cui non raccogliendo freddamente il guanto di Velâzquez: prima di tutto sarà bene che mi proviate il diritto che avete di volere essere il padrone assoluto di quella infelice fanciulla, che tenete sottomessa al più indegno servaggio. — Partite, vi dico!.... tornò a gridare Velâzquez snudando la spada. Il favorito si diresse lentamente allo scrittoio del Re, e agitò il campanello d’oro che vi stava. — Il capitano delle guardie di S. M. il Re! disse don Gaspare con calma glaciale all’usciere che si presentò. — Siete un infame, signor conte-duca de Olivares! urlò don Diego, in pari tempo che il capitano delle guardie entrava. — Per ordine del Re, disse il favorito senza neppure guardare il pittore, per ordine del Re arrestate don Diego Velâzquez de Silva. Il capitano avvicinossi a Velâzquez, e aspettò la spada che stringeva con mano tremante dal furore. In quell’istante aprissi strepitosamente la cortina di velluto che copriva una porta situata alle spalle del Re. — S. M. la Regina! gridò un usciere in tutta gala. E Isabella di Borbone, vestita d’una lunga veste di cerimonia, apparve in sulla soglia. — Eseguite gli ordini di S. M. gridò imperiosamente l’Olivares al capitano delle guardie, nello stesso tempo che lanciava un’occhiata sinistra sulla Regina. Isabella rispose a questo sguardo con altro di sprezzo. — Vengo, signore, disse poscia dirigendosi al Re, vengo a cercare don Diego affinchè finisca il mio ritratto già incominciato giorni sono, perchè la nostra Maria Teresa lo desidera nella sua camera. Un raggio di gioia irradiò l’abbattuto sembiante del nobile artista; il favorito, invece, rimase scornato e livido di rabbia. Filippo IV guardò dubbioso il favorito e la Regina; l’istante facevasi sempre più imbarazzante. Improvvisamente udissi un grande rumorio di passi e di spade, e un istante dopo, un paggio annunciò: — Sua Signoria l’ambasciatore di Fiandra! Alzossi Filippo IV per ricevere colui che rappresentava l’Infanta sua zia, e assai contento che quella persona gli evitasse l’esplosione della collera che da mezz’ora stava per iscoppiare. Il conte-duca uscì ad incontrare Rubens, maledicendo in sè qùel contrattempo d’etichetta. La Regina lasciò spuntare sulla sua bella bocca un sorriso di orgoglioso trionfo. — Signor ambasciatore, ella disse dirigendosi a Rubens; il nostro pittore di camera vi invita per bocca mia a visitare domani il suo studio, dove sarà esposto il mio ritratto che ora sta per terminare. Rubens inchinossi profondamente e baciò la morbida e bianca mano della Regina, frattanto che essa guardava con mestizia la pallidezza e lo sfiorirsi di quel viso. Senza dubbio il Re della pittura era divorato da qualche occulto e intenso dolore. Quando Pietro Paolo Rubens alzò il capo, Isabella presentò la sua mano a Velâzquez, il quale, dopo d’essersi inchinato innanzi al Re ed all’ambasciatore, voltò le spalle con disprezzo al favorito, e parti colla Regina. XII. LO STUDIO. Gli scolari di Velâzquez andavano e venivano confusi e affannati; era il giorno in cui Rubens doveva visitare lo studio del loro maestro. Quei poveri ragazzi erano giunti da Madrid nei tre giorni che Velâzquez trovavasi all’Escoriai, perchè il loro amore all’arte era tanto grande, e stimavano tanto il maestro, che non avevano risparmiato preghiere presso le loro famiglie, affinchè permettessero ad essi di continuare le lezioni nella reale residenza di S. Lorenzo. Nel giorno di cui parliamo, terzo dell’arrivo all’Escorial di Velâzquez, i discepoli erano assai occupati a pulire dalla polvere, diligentemente, i cavalletti, collocandoli in fila secondo la loro grandezza, con una uguaglianza scrupolosa, e ponendo a posto tutti i mille oggetti che si vedono nelle dimore dei pittori. — Quale mancanza è per noi quella di Giovanni! disse un