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298 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO suo conservatorio, e la morte lo colse appunto quando preparava nuovi miglioramenti. Io ebbi l’onore di apprendere dalle sue labbra ciò che intendeva proporre al ministro dell’interno. Era un magnifico disegno d’insieme, ad effettuare il quale non mancava altro se non un sussidio che la sua memoria giustificava pienamente. Nel mese d’agosto del 1871 io faceva parte del giurì di musica religiosa al conservatorio di Liegi. Quei concorsi furono i più interessanti a cui io abbia mai assistito, in qualità di giudice. E a Soubre che il Belgio deve il ritorno del celebre violinista belga, Léonard, nel suo paese. Riguadagnare alla patria uno dei creatori della scuola nazionale di violino, era un renderle immenso servigio; già noi vediamo ritornare a Liegi, alla scuola di Léonard (come a Bruxelles alla scuola di Vieuxtemps), gli allievi stranieri per i quali il nostro insegnamento non sembrava più esistere. Tolto nel fiore dell’età, e d’un subito, da una malattia di cuore, Etienne Soubre lascia una numerosa famiglia, degna per ogni rispetto dell’affezione e della stima profonda che il suo capo aveva meritato nel paese. Uav. vam JJlewyck. VARIETÀ Quando, il 29 marzo 1827, ebbero luogo a Vienna i funerali di Beethoven, ed artisti d’ogni paese erano accorsi per assistervi, uno straniero che si trovava colà dimandò ad una fruttivendola: «che significa questa folla e tutti questi militari schierati?» La Tuona donna lo guardò dapprima con stupore, poi con riso sarcastico gridò: «Si vede proprio che capita a Vienna oggi per la prima volta, altrimenti dovrebbe sapere che si porta alla sepoltura il generale dei musicanti.» V In uno dei passati numeri abbiamo dato la notizia dell’invenzione attribuita all’inglese signor Withe d’un flauto, che, senza chiavi di sorta, si presta all’esecuzione d’ogni difficoltà meglio dei flauti costrutti secondo il sistema Boehm. La cosa ei parve incredibile, e cosi parve anche alla Espana musical, la quale, avendo amici a Liverpool, (dove i giornali dicevano abitasse il signor Withe), chiese loro informazioni, e ne ebbe le seguenti: «Il signor Withe è uomo che rasenta la quarantina. Biondo, come la maggior parte dei figli d’Albione, ha gli occhi quasi neri e sguardo penetrante come quello dei figli del Mezzodì. La sua fronte è larga, la testa calva. Quando entrammo nella sua abitazione, chiuse un manoscritto di musica che io presi per uno spartito; poi, dopo averci offerto da sedere, ei interrogò circa l’oggetto della nostra visita. Come gli fu manifesto, trasse da un cassetto un flauto d’ebano non molto ben pulito, senza chiave alcuna e alquanto più largo dei flauti ordinari. — Ecco, ei disse, il nuovo strumento, la cui invenzione ha cagionato qualche rumore nel mondo musicale, e che farà una vera rivoluzione, se pure mi riesce di vincere una difficoltà, piccola secondo i miei amici, grave a parer mio. — Se non vi desse incomodo, dissi io, vi pregheremmo di farci udire questo strumento. — Con molto piacere. Però permettetemi di collocarmi un po’ in distanza, perchè possiate apprezzare meglio i suoni. Il signor Withe non fu abbastanza franco con noi; ciò che egli desiderava era che non potessimo conoscere il meccanismo del suo strumento. Si trasse in disparte e ei fece udire un pezzo, che ei disse di poi essere di sua composizione. Come ebbe finito, salutammo il signor Withe con un evviva entusiastico. Egli ei salutò col capo e senza dir parola ripose nel cassetto il suo flauto. Stavo per dirigergli la parola, ma comprese la mia intenzione e mi prevenne. APPENDICE =-">ì=@=5<3<=— — ■ LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL PILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI DANIELE RUBBI, (Cont. Vedansi i N. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 e 35J. Da lungo tempo regnava il silenzio in quella camera. All’improvviso aprissi una porta, e una donna vestita di velluto nero e coperta da un gran velo, pure nero, entrò nella stanza. Chinatasi sul letto di Anna, baciò replicate volte la sua fronte e i suoi capegli, senza che la fanciulla si svegliasse. — Grazie!... disse poscia quella dama prendendo la mano di Rubens; grazie, Pietro Paolo, d’avermi mandata a cercare per raccogliere l’ultimo anelito della figliuola mia. Gli occhi di Anna si aprirono in quell’istante. Sembrava più diafano e bello l’azzurro delle sue gote, ma i lineamenti alteraronsi tosto. — Diego! fu la sua prima parola. L’artista stava per avvicinarsi, quando la nuova venuta trasse dal seno una lettera e gliela mostrò, stringendogli la mano. Era quella che Diego Velâzquez aveva scritto alla madre di Anna, partecipandole che partiva per la Spagna con la figlia. — Diego! tornò a bisbigliare Anna con lenta e debile voce; Diego!... Babbo!... Venite.... perchè muoio. I due pittori avvicinaronsi; Giovanni asciugossi il pianto che gli scorreva sulle guancie, e si sedette innanzi al cavalletto per darvi le ultime pennellate. L’incognita inginocchiossi ai piedi del letto, nascondendo il capo fra le coltri e singhiozzando amaramente. — Diego, aggiunse Anna con una voce tanto fioca che quasi non si udiva; Diego.... l’amore ch’ebbi per te ha troncato la mia vita!... Quando in quella lettera fatale mi dissero che non eri mio fratello.... e che avevi una sposa.... e una figlia da amare.... la disperazione si impossessò di me... Quando seppi che era un inganno.... mi trovava già ferita.... a morte.... Tacque Anna,’e per alcuni istanti udironsi solo i singhiozzi dei genitori e i gemiti di Velâzquez. Il mulatto aveva terminato il suo quadro e piangeva in silenzio. Di repente Anna alzossi su un braccio, e guardò attentamente il capo chino di quella donna. — Madre!... gridò protendendo le braccia e riconoscendo con quella strana intuizione che possedono i moribondi, che essa poteva essere soltanto quella che le aveva data la vita. — Figliuola mia! gridò l’altra correndo verso T ammalata e stringendola fra le braccia. Anna alzò il velo dell’incognita, e apparve un volto ch’era la copia fedele del suo. Quella donna aveva i capegli d’uguale colore, la tinta degli occhi di Anna pareva fòsse stata tolta a’ suoi, e la stessa somiglianza riscontravasi in tutto il resto della persona.