Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/339

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333 seguito. È in del 10. non ha non queau- lato GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO intonazione toglie pregio alle buone qualità del Bulterini, il quale ha bellissime sovratutto le note acute. Il basso Morroto piaceva assai al Politeama; all’Apollo, come si dice in gergo teatrale, si difende. I cori vanno senza scandali; l’orchestra, diretta dal Terziani fa sfoggio di colori. Vorrei eseguito più delicatamente il terzetto dell’atto secondo, a cui si dà qui un carattere troppo drammatico. Ma in generale è un’interpretazione vivace ed animata. L’opera è posta in scena senza sfarzo straordinario; però decorosamente. Tirata la somma la parte musicale dello spettacolo non è cattiva. Assai peggio va il ballo Ariella del Ballerini composto già da alcuni anni ed eseguito dalla Boschetti che mi dicono fosse nel medesimo insuperabile. La signora Bosè non dispiace, ma non riesce a dar vita a questo componimento coreografico, che si regge più sulla mimica che sulle danze. Il pubblico lo ha trattato severamente. Anche l’esecuzione lascia a desiderare. Il corpo di ballo è mediocre, i ballabili sono eseguiti con poca precisione, le scene sono belle, e la musica del Giorza non è fra le migliori del suo autore. Eccovi fatto in poche parole il bilancio del ballo, che è caduto per non più rialzarsi. La Deputazione teatrale volle la prima sera che il ballo fosse eseguito dopo il secondo atto dell’opera. Il pubblico e la stampa protestano contro questo barbaro costume, ed ora, siccome il ballo non piace è assai probabile che si farà l’opera tutta di prova la Mignon, ma non potrà andare in scena prima L’impresario, convien rendergli giustizia, quest’anno lesinato, ed è stato più disgraziato che colpevole. Il concorso del pubblico fu considerevole la prima sera, scarso la seconda. Al teatro Valle si sta provando V Attila. Altri spettacoli musicali non abbiamo in questo momento. E non abbiamo neppure, per ora, una buona compagnia drammatica. Alamanno Morelli ha levato le tende chiudendo il breve corso delle sue recite col Ridicolo, nuova commedia di Paolo Ferrari. Non ve ne parlo perchè fra breve sarà rappresentato anche a Milano. Prendo soltanto atto del successo favorevole indipendente da qualunque discussione si possa fare sul merito del lavoro. NAPOLI, 2 ottobre. Il maestro Musone ed il suo Camoens — Altri spettacoli — Il Pipelet al Rossini — Lucrezia Borgia al Politeama — I due forzati del maestro Aspa al teatro Goldoni — Le due scuole di pianoforte al Conservatorio — Trasformazione del Conservatorio-Convitto in Liceo Musicale. Quali siano i precedenti del Musone non saprei dirvi, perchè qui sono variamente narrati; altri vuole che, nato da un pizzicagnolo di Casapulla, piccolo paesello in Terra di Lavoro, cominciasse dapprima coll’acconciarsi a bottega di un calzaiuolo, e quindi avesse studiato il modo di adoperare la lesina e le bullette. Poscia entrato come allievo nella banda nazionale del suo comune apprendesse a suonare il quartino, e, che fatti rapidi progressi, corresse qui in Napoli dove fu adoperato fra i secondi strumenti della musica della prima legione della guardia nazionale. Stretta amicizia col figlio del suo direttore, il giovane maestro Napoleone Gatti, che avea testé compiuti gli studii con l’egregio maestro Conti, ebbe cosi qualche lezione di armonia; per pratica cominciò a ridurle per banda e fu poco di poi capo musica in un reggimento di fanteria. Altri vuole che il Musone facesse suoi studii prima con un prete, poi con un di Libero già direttore di una banda musicale nell’esercito borbonico. Ad ogni modo il Musone ha fatto pochi ed imperfetti studii, e lo ingannano gli amici che gli parlano della sua profonda scienza; saranno certamente mossi da intenzioni rette, da lodevoli sentimenti, ma non è a questo modo che si coopera all’incremento di un giovane ingegno. Il Musone ha mestieri di lunghi e forti studi per secondare i doni della natura; egli ha poche ed imperfette conoscenze di una scienza che i più soglion trattare con leggerezza e parlarne quasi con dispregio, forse perchè mai non l’impararono, il contrappunto. E pure il contrappunto è nella musica ciò che l’impasto de’ colori in pittura. Or che si direbbe di colui che si accostasse al cavalletto senza essersi prima esercitato a ben maneggiare i pennelli, a ben conoscere le varie tinte che può dargli la sua tavolozza. Il Musone ha pur bisogno di studiare la disposizione delle voci, che ben spesso trascura, e lo strumentale; perchè nel suo Camoens indovini subito che egli è abituato a scrivere per banda. Ei confonde i generi inserendo talora ne’punti più drammatici de’passi appartenenti allo stile giocoso o medio. Il notare tutte queste pecche quasi quasi mi risparmia una generale disamina, se non che parmi dover ancora notare, ciò che conferma un giudizio emesso testé, che i cori sono poverissimi, e al secondo atto v’ha un finale che altro non è se non un pensiero di cadenze, le quali cadenze fanno spesso capolino quando il giovane autore non sa condurre a termine una frase accennata appena. Non toccherò nè punto nè poco dell’originalità di pensieri; un giovane che comincia non può aver idee proprie e l’imitazione è pur troppo un bisogno della natura umana. Pertanto non mi pare che l’imitazione del Musone sia sterile e fallace, egli si attacca alle note di quell’opera che vuol riprodurre, e sto è pel critico un buon segno; tanto più che il nostro tore lesse abbastanza musica e ne fece prò solamente dal inventivo. Cosi egli vi riproduce i procedimenti melodici del Gounod, del Verdi e fin del Wagner con la sua favella impacciata e balbettante. Del Wagner sì, perchè è sua T idea di far udire sempre lo stesso preludio all’apparire del personaggio medesimo, e il Musone ripete le stesse mosse orchestrali quante volte presentansi in iscena il Camoens ed il duca di Soria che sono i principali interlocutori del dramma del Golisciani. Ed ora un po’ sui particolari: il primo e secondo atto sono al disotto del mediocre. E qui non posso fare di meno di ricordare al Musone che è passata la stagione in cui il dramma per musica scrivevasi con lo scopo di metter in bella mostra l’abilità dei cantanti. E però fece male introducendo nel primo atto un’aria di soprano con un diluvio di note le quali soffocano una bella immagine oppure non pervengono mai a figurarle in tutta la sua purezza. Nel primo atto v’era un grazioso accenno d’una ballata su le parole: Gli altri si sperdono Nella marina Come i fantasmi D’un primo amor ma poi l’autore perdesi nel campo del barocchismo e l’idea primitiva che cominciava col farvi piacere vi turba invece. Il terzo atto è migliore dei due primi ed il quarto ancora più del terzo. Gli assoli del Camoens sono quasi sempre affettuosi: e per finirla permettetemi che io esprima con una sintesi tutto ciò che sento. Il Camoens rivela nel suo autore un giovine di belle speranze, ma non ancora un compositore, non un maestro. Intanto il Fondo ha chiuso le sue porte e dicesi voglia il Trisolini continuare ancora un poco a dare spettacoli, trasportando i penati nel teatro dei fratelli Grégoire, ma non mi rendo mallevadore delle verità dell’asserto. Intanto di spettacoli musicali qui abbiamo abbondanza: al Rossini, al Politeama, al piccolo Goldoni, che ora chiamasi dei buffi napoletani, e fra breve anche al Teatro Nuovo. Dopo il Furioso al Rossini abbiamo avuto il Pipelet nella quale opera ha esordito la signora Ida Valburga-Melloni, che ha voce discreta e canta benino; presa da gran panico sulle prime tremava come una foglia, ma incoraggiata andò innanzi benissimo, fu applaudita assai e le fecero ripetere il bolero. Il tenore è lo stesso che cantò il Furioso, il Cosmi, ma non sapeva quel che facesse, credo abbia soltanto adesso imparato la parte di Carlo; abbastanza brio addimostrò il Gizzi (Cabrion) ma non ha molta voce; eccellente protagonista fu il buffo Apolloni. Al Politeama abbiamo avuto una Borgia un pochino maltrattata. La Pirola che il manifesto battezzò prima donna di car