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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 335 Premesso ciò, il Faust come venne riprodotto al Paganini, piacque ad un affollatissimo uditorio; la Spaark-Maresi cantò ed agi nella scena dei gioielli molto bene, e riprodusse con grande verità il carattere ingenuo della tedesca contadina quale il Goethe la dipinse. Faust rappresentato dal tenore Karl, è deboluccio e freddo, la sua voce non è sempre certa, quantunque tal volta ascenda abbastanza per strappare applausi. Mefìstofele è il baritono Brandini abbastanza noto per essere uno dei migliori interpreti di questo difficile carattere, e non ismentì la fama. Brandini non ha gran voce, non è gran cantante, ma è un bravo attore, non cadde nel triviale ed anzi fu sempre verosimile nella raffigurazione dell’ideale genio del male; nella scena delle croci fu applauditissimo. Caravatti (Valentino) e la Stoika (Siebel) fecero abbastanza bene — Marta svisa la parte, atteggiandosi più a compiacente amica d’woa cocotte che alla severa parente della rigida Margreth. Cori debolucci, mise en scene economica, ballabili di cattivo gusto eseguiti da ballerine sulle quali gli studenti di clinica medica potrebbero fare a meraviglia i loro studi d’osteologia. JV p. p. P-AJRIGrl., 2 ottobre. Apertura del teatro Italiano: la Traviata — L’Ateneo: Z’Alibi — Un melodramma al teatro del Vaudeville. Non ho già interrotte, per qualche settimana, le mie lettere ebdomadarie per negligenza o per bisogno di andar a respirar l’aria libera della campagna, ma per assoluta penuria d’argomento. Non volendo scrivervi che non aveva nulla a scrivervi, ho preferito astenermi. Il settembre è il mese meno musicale di tutto l’anno a Parigi. Ma ottobre è arrivato, e i teatri lirici cominciano ad aprirsi l’un dopo l’altro. Ieri il teatro Italiano ha dato l’esempio; fra tre giorni l’Ateneo schiuderà di nuovo le sue porte, con una novella direzione e sarà tutt’altro di quello che è stato fino ad ora. L’antico direttore volle tener alto e fermo il vessillo dell’arte e questo lodevole sforzo lo condusse ad un bel fallimento. Il novello non sarà cosi scrupoloso; sembra risoluto a mantenersi negli stretti limiti dell’opera comica e dell’operetta. Nè ha torto; la sala è così angusta, che tornerebbe ben difficile il farvi rappresentare le opere che abbisognano di numeroso personale di cori. I Masnadieri di Verdi, benché il successo ne fosse stato felicissimo, si risentivano delle esili proporzioni della sala. Il teatro Italiano ha dunque inaugurato, iersera, la novella stagione musicale, ed ha dato la Traviata, con due nuovi artisti, nuovi per Parigi beninteso: la Torriani ed il tenore Ugolini; il baritono era una nostra antica e gradevole conoscenza, Napoleone Verger, fratello dell’impresario. Molto bella la sala, a questa prima rappresentazione il pubblico era eletto ed elegantissimo. Da ciò vedo che Parigi non domanderebbe meglio che continuare ad andare al suo bel teatro Italiano; che è stato sempre il più splendido in questa capitale. Vi si va come ad una festa da ballo; la più parte delle donne vi si mostra coi fiori nei capelli e coi diamanti al collo. Ma bisogna profittare il più che si può di questo buon volere del pubblico, cercando di non farlo pentire’ d’avere speso il suo danaro, sopratutto quando si pensa che il prezzo dei palchetti o delle scranne di tribuna e d’orchestra è abbastanza alto. Convien dire ancora che il pubblico è divenuto più esigente e più difficile ad esser soddisfatto, e ciò dopo aver inteso su quella stessa scena artisti di primo ordine. Per esempio, la parte di Violetta, affidata altravolta ad Adelina Patti, diviene una difficoltà per una novella artista, qualunque sia, ed in ispecie per una esordiente. La signora Torriani ne è uscita onorevolmente; ed è tutto quello che posso dire di lei. Non già che non sia stata ben accolta; al contrario, a quando a quando ha meritato ed ottenuto il plauso, in un teatro ove la claque è fortunatamente ancora ignota. Essa ha assai ben cantato, benché in vari punti con una certa mollezza che neutralizzava le simpatie del pubblico; ed ha agito assai meglio di tutte o quasi tutte quelle che l’avevano preceduta nella parte di Violetta. Ma qui ove l’abilità dell’artista drammatica è valutata quasi allo stesso modo che quella dalla cantante, le qualità spiegate dalla Torriani come attrice sono state abbastanza pregiate ed han fatto appesantir un po’ meno i più restii su quelle che essa avrebbe potuto mostrar come cantatrice. Se non fo errore, questa nuova cantante non è nuova costà. Mi si assicura essere un’alemanna, signora Tornguist, ed aver esordito al Carcano. Poco importa; ora è qui ed ha potuto essere scritturata al Teatro Italiano. Il successo di stima ottenuto ieri sarà bastevole per lei? Non so; ma, a meno che questo successo vada crescendo in altra opera, non sarebbe bastante pel pubblico del Teatro Italiano. Il tenore Ugolini, di cui anche prima d’averlo inteso sulla scena, si esaltava la bella voce, non ha fatto avverare le speranze che la direzione aveva fondato su lui. Comincio dal dire che ha avuto il torto di esordir nella parte d’Alfredo della Traviata, parte che esige una certa eleganza della persona ed una distinzione nelle forme. Qui si tien molto più conto che altrove di quel che chiamasi le physique de l’emploi, e veramente il tenore Ugolini, che forse sarà molto migliore in altre opere, non giustificava che mediocremente la sventurata passione di Violetta. Aggiungete che aveva una bella paura del pubblico, e comprenderete il perchè l’accoglienza fattagli, senza essere affatto sgradevole, è restata ad una temperatura di cerchio polare. Il baritono Verger ha trovato il mezzo di far salire il termometro della sala ch’era rimaso al di sotto dello zero. È stato caldamente applaudito. L’avverbio è di opportunità. Per ritornare all’Ateneo, dirò che l’opera annunziata pel 5 corrente (serata d’apertura), e che probabilmente sarà ancora ritardata ha per titolo T Alibi; è in tre atti; parole di Moineaux, musica di Nibelle. Per una convenzione fatta tra il direttore dell’Ateneo da una parte, ed il signor Avrillon del teatro di Brusselle, T opera del Nibelle dovrà essere rappresentata la stessa sera a Parigi e nella capitale belga. Il nuovo impresario dell’Ateneo, il sig. Ruelle, lo stesso che ha tradotto i Masnadieri del Verdi in francese, ha scritturato espressamente Mad.a Girard, già artista del Teatro Lirico e poi deM OperaComique. Finora è il solo nome ben noto e di qualche valore che sia sul cartello; ma non si può giudicar degli altri prima d’averli intesi. Non è tutto. Il teatro del Vaudeville alla cui direzione prende attualmente parte l’ex direttore del Lirico, il signor Carvalho, ha tentato di fare un’innovazione, vale a dire di dar un lavoro drammatico al quale la musica darebbe maggior attrattiva. Non è nè un vaudeville come quelli sinora rappresentati, nè un’operacomica o altro simile. Gl’intermezzi degli atti sono riempiti da pezzi d’orchestra, come altrettante piccole sinfonie o ouverturesche indicano il più possibile il carattere dell’azione che succederà. Inoltre vi sono varii cori, cantati nelle quinte. Per ultimo, nei momenti più drammatici o più patetici, l’orchestra accompagna sottovoce la declamazione degli attori. V’era già qualche cosa di simigliante nei drammi dei teatri di genere. Questa volta l’importanza data alla musica è maggiore. Il dramma (o melodramma, come si usa chiamarlo qui), è intitolato YArlesienne; esso è di Alfonso Daudet, la musica è del maestro Bizet, autore di quella tal Princesse jaune di cui vi ho già parlato in una mia precedente lettera, e che fu data con un tal qual successo di noia Opéra-Comique. Mi affretto a dire che, essendosi limitato ad un preludio, agl’intermezzi degli atti ed a tre o quattro cori, è stato assai più felice. Non potendo consolarsi di non esser più direttore d’un teatro di musica, il Carvalho ha voluto far alla musica una parte più generosa, foss’anco in un teatro di prosa; ecco perchè si è diretto ad un compositore per fargli scrivere il preludio, gl’intermezzi ed i cori dell’Artesiana. Sventuratamente il dramma del Daudet scritto con molta grazia e molta delicatezza, è piuttosto una miniatura che un quadro a tocchi arditi, come lo esige il teatro. Si è dunque renduto giustizia all’ingegno dell’autore, ma non credo che la sua Arlesiana avrà lunga vita; e non con