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406 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO suoni, onde, col dialogo e col discorso degli strumenti, il maestro dipinge il pensiero, svolge le situazioni del dramma, ve ne suscita la passione tutta, formano il pregio principale di questa musica. Aggiungete a questo i nuovi pensieri e freschi, gai, vivaci, vivacissimi al primo atto: lamentosi e flebili come il dolore nel secondo; lugubri e laceranti, come l’aspetto di sciagura irreparabile dove occorre e concludete che il pubblico sente muoversi e bisognoso sempre di forti emozioni, trova in questo sublime capolavoro un campo oltremodo ubertoso. Nel Don Carlo il cuore si pasce di grandi passioni, lo spirito innalzasi ai più soavi pensieri, inebriasi d’un incanto dove la fantasia vivificasi ed accendesi Si, il Don Carlo è un lavoro perfetto, un’opera meravigliosa, ingemmata d’infinite bellezze, che sarà collocata fra quelle rare produzioni che piacciono ai dotti e agl’indotti, e che fanno epoca nella storia dell’arte V’ha cosa che stupisca più del finale del terzo atto, dove mille esordii raggruppansi senza che il discorso musicale mai s’interrompa? Vasta tela è questa dove brilla il colorito del Rubens con certa distinzione di forme che il pittore fiammingo mai non conobbe. Ma come oggi sono dolente del poco spazio che voi mi consentite, egli è perciò che debbo terminare, senza neppur cominciarla. la particolareggiata analisi di questo capolavoro che tutti dovrebbero tenere nella mente e nel cuore come quello che ei dà un’epopea che collocasi accanto a quella dello Schiller donde fu tratta e la vince in più d’un luogo, chè il linguaggio della spiritualissima delle arti vince talvolta la poesia, la figlia della parola, l’organo immediato della passione e dell’intelligenza. Mi piace pertanto farvi noto che iersera nessun pezzo dell’opera passò inosservato; vi furono applausi a molti punti che per la trepidazione d’una prima rappresentazione non furono resi, come alla seconda perfettamente. La canzone del velo è sempre bissata, perdonatemi il barbarismo, e le otto misure celebri del duetto tra tenore e baritono alla fine della prima parte del terzo atto suscitano entusiasmo indescrivibile e il pubblico la fece ripetere tre volte in ambe le rappresentazioni. Al grand’effetto di questo grande spartito ha contribuito la perfetta esecuzione. L’orchestra esegui con tale maestria, unione ed accordo da non potersi domandar di più, e per verità in nessnn’altra potrebbe con più opportuno colorito sonare, e tutte e due le sere ebbe un fragoroso tributo d’applausi da tutto il pubblico. Per parlare della Stolz nel Don Carlo converrebbe impiegare la frase che i maggiori di me usarono per la Pasta nella Norma e per la Malibran neWOlello. Ella crea la sua parte, e la crea con tale verità di finzione che meglio non vide chi vide il vero. I giudici più severi hanno riconosciuto nella Stolz una voce magnifica, di estensione straordinaria, un metodo perfetto, una facilità che incanta, un ingegno drammatico pieno di forza, di fantasia, di verità. Comparsa nel Don Carlo non lasciò desiderii, le difficoltà anziché indebolirla sembravano darle maggior lena; la sua voce, rarissimo impasto di soprano e di contralto, spiegasi con grande agevolezza. Anche ai passaggi più arditi e perigliosi ella sa dare, quando è uopo, l’accento del dolore. La Stolz è dunque attrice e cantante e chi l’ascolta può promettere più che diletto commozione a sè stesso; poiché è in lei un vero ammaestramento, nè dubito che col tempo l’alta intelligenza ch’ella manifesta cantando la musica de’ sommi, avrà una felice influenza sul gusto e sull’istruzione del pubblico e degli artisti. La Waldmann ritorna fra noi con tutto l’ingegno e le finitezze d’una grande artista; vinse le aspettazioni di tutti e adoperò e nel canto, e nell’accento, e nell’azione, un tale prestigio ed affascinamento d’arte da non trovarsi il maggiore. Il Patierno ne fece conoscere una parte che sospettammo soltanto finora; la sua voce è bella e potente e, quel ch’é più, sa farne buon uso. Il Patierno è nostro concittadino, cantò un’altra volta fra noi e piacevasi talvolta di promuovere effetti plateali, ma oggi è un cantante finito e può dirsi che abbia fatta ora la sua fortuna. Le tante melodie ond’è cosparsa la parte di Don Carlo sono da lui rese con magistrale valore, e nel duetto con Elisabetta e in quello con Posa e altrove produce effetti mirabili. Il Collini nella seconda rappresentazione andò assai meglio che nella prima; è artista coscienzioso, e con la maestria e la grazia del canto sa farsi applaudire. Il Miller seppe mostrarsi perfetto artista e fu applaudito assai nella romanza magnifica: Ella giammai m amò. Assai bene andarono i bassi Cesare e D’Ottavi, la D’Aponte (Paggio), e i cori da varii anni non cantavano tanto bene. La decorazione è magnifica, degna del San Carlo, ed ammirabile per precisione storica. Stasera si darà la terza rappresentazione del Don Carlo. Mi dicono che dopo avremo la Favorita; il ballo Alfa e Omega va innanzi con le prove. Evviva il Musella che si è messo sulla buona via. Avrei da darvi un altro sacco di notizie, dovrei parlarvi del concerto dato dal Palumbo, ma per oggi fo punto. Acuto. GENOVA, 5 dicembre. L’acqua e le beneficiate — Fiera delle Fioraie — Mario Tiberini nello Zampa — Romeo e Giulietta di Marchetti — Bellini — Vaccai — Le cronache Veronesi e il libretto di Marcello. La scorsa quindicina fu fertile d’acqua e di beneficiate nei teatri. ma sgraziatamente la prima, che cadde in abbondanza, tolse molto al proficuo risultato delle seconde. Al Paganini vi furono serate a beneficio per Brandini. per la Bay. prima ballerina, per Bini, coreografo riproduttore, per la prima ballerina italiana, di cui non rammento il nome, ed una quinta, da dividersi a metà fra la cassa della Società per l’incremento dell’arte, ed i danneggiati dall’inondazione. Al Nazionale vi furono beneficiate per la brava Budel-Adami e per la prima ballerina Limido. Al Boria, per i clown Courads e per i coniugi Andrea e Clotilde Ciniselli e per l’aurea chiomata Ubenski. E inutile il dirvi che corone, fiori e nastri ed applausi vennero impartiti ai singoli eroi delle feste. Se gli abbonati non amano le beneficiate, le fioraie genovesi pel contrario ne vanno pazze, perchè esse trovano il vero lucro. Vengo per ultimo a parlarvi della comparsa di Tiberini al Nazionale sotto le spoglie di Zampa. Tiberini è un grande artista, checché ne dicano i suoi avversari, e di fronte ad altri cantanti mi parve l’uomo nei paesi lilipuziani. La musica di Hérold è indiscutibile come fattura, come testo, ma è monotona per noi che siamo abituati a melodie varie e spiccate Quantunque questa musica diletti ma non commuova come i lavori di Bellini e Donizetti e si senta un distacco dalle sublimi note di Lucia e di Amina, pure il teatro fu sempre gremito ad ogni volta che il cartello annunciava Zampa con Tiberini. Era voce che si dovesse riprodurre la Matilde di Chabran, nella quale avrebbe cantato anche la Ortolani-Tiberini, ma in questo momento mi si vuol far credere il contrario, e che invece al 14 andante andrà in iscena il sempre giovane-vecchio Barbiere di Siviglia. Tardai a scrivervi nella certezza di potervi dare il resoconto della prima rappresentazione del Romeo e Giulietta di Marchetti, protratta -di sera in sera dal 20 dello scorso novembre, ma mi fu impossibile il farlo, perchè annunciata definitivamente per questa sera. L’esecuzione è affidata alla signora Spaak-Maresi ed ai signori Karl, Balsamo e Zimelli, ed è posta in iscena dallo stesso maestro. L’aspettazione è grande, e domani saprete se l’esito vi corrispose. P‘- F- rFjVRIGtI, 26 novembre. Madame Turlupin, opera-comica di Cormon, musica di Guiraud all’Ateneo Poscritto: les deux Reines. Non vi avrei scritto quest’oggi se TAteneo non me ne avesse fornito l’occasione. Avevo troppo contato sul teatro Italiano che promise per lunedi la prima rappresentazione delle deux Reines, e che l’ha anche questa volta ritardata. La promette «immancabilmente» per questa sera. L’avverbio è di soverchio. Chi può esser sicuro, con la presente stagione, della gola d’un artista. Una raucedine, un ingorgo alle tonsille e Y immancabilmente è bell’e spacciato. Anche l’Ateneo aveva creduto poter dar la stessa sera due novità Madame Turlupin di Guiraud, e Dans la forêt di Constantin. Ma all’ultima ora ha dovuto metter una striscia bianca sul cartello, per annunziare a lettere manoscritte che per causa dell’improvvisa indisposizone del baritono Troy l’opera di Constantin era rimessa ad un’altra sera. Vi lascio immaginare il dispetto del pubblico; per buona fortuna Madame Turlupin è un cosi bel lavoro, ed il successo ne è stato così splendido, che ei ha ricompensati del ritardo dell’altra partitura. — Vi parlerò dunque di questa bell’opera comica, o piuttosto opera buffa, una delle migliori tra quante ne sieno state scritte, da qualche anno a questa parte. Comincio dal libretto, che quantunque molto semplice, è chiaro, ameno, divertente. Eccone in poche parole l’argomento: Madame Turlupin, moglie d’un artista girovago, commediante da fiera o saltimbanco, come più vi piace, è bella quanto onesta. Essa ama alla follia suo marito, ma ciò non impedisce che più d’uno le faccia la corte e speri arrivar al suo fine. Vero è che non ei arriva mai. Ma la bella non è così sciocca da respingere gli omaggi. Come attrice, la sua amabilità farà aumentar l’incasso. Il capitano dei moschettieri (la scena è al tempo di Luigi XIII) e l’albergatore sono tutti e due innamorati cotti di lei. Quegli la minaccia di proibir la commedia che la compagnia Turlupin si accinge a rappresentare; questi non vuol far credito, e non c’è un soldo in cassa. Madama Turlupin promette un ritrovo segreto all’uno ed all’altro, ed ecco che la commedia è permessa ed il