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410 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO PRONUNCIATO DAL DIRETTORE DEL NOSTRO CONSERVATORIO DI MUSICA IN OCCASIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEI PREMI fi per l’anno scolastico 1872-73 h;h! LLi • A J (Continuazione e fine. Vedasi il N. 48).

i! Un altro serio desiderio degli amatori serii sarebbe quello che il Conservatorio offrisse di quando in quando qualche.grande e classico lavoro, non a sola educazione degli alunni, ma a quella altresì di questa colta popolazione, che ne’ giudizii musicali tiene, è giustizia il rammentarlo, uno dei primissimi seggi. I nostri Regolamenti, a dir vero, fanno anzi di questo desiderio una legge. Ma di fronte alle strettezze finanziarie dello Stato, ai molteplici bisogni dell’istituto, questa legge, che ad essere osservata, importerebbe anch’essa spese ragguardevolissime, s’è dovuta da qualch’anno porre in dimenticanza anche dal mio illustre predecessore; al quale si sono più volte dovute esecuzioni grandiose, stupende e accuratissime. Si aggiunga che queste esecuzioni a masse relativamente colossali, adoperandovi contemporaneamente l’intero personale cosi dei professori, come degli alunni, venivano ad interrompere per un tempo indefinito l’insegnamento in pressoché ogni classe, cagionando un grave ritardo ne’ progressi degli alunni medesimi. Certo, che se la città non offrisse a tali musiche se non l’arringo del Conservatorio, l’istituto nostro non potrebbe esimersi dall’allestire di quando in quando questi imponenti concerti, che i Regolamenti appellano di educazione. Ma dacché una cittadina Società fiorente e benemerita, la Società del Quartetto, mira a consimile scopo, ed egregiamente lo raggiunge, la necessità per il Conservatorio di accingersi a questa bisogna è diminuita d’assai. E vero che il carattere sino ad ora quasi esclusivamente sinfonico della Società del Quartetto lascia una grave lacuna che dovrebbe colmarsi colle esecuzioni a grandi corpi vocali; ma siccome è nostro intendimento ordinare quandocchessia su vasta scala una scuola corale, retta dal Conservatorio, ma applicabile eziandio ai teatri, alle Società musicali, e via dicendo, così è lecito il ripromettersi che anche le musiche basate sopra siffatti elementi potranno in non • lungo volger di tempo risuonare o in questo recinto, od in altri, senza recare al Conservatorio gl’inconvenienti notati. Quanto agli esami privati intorno alle numerose materie, musicali e letterarie, di cui va ricco, più che qualsiasi altro, il Conservatorio nostro, diremo che li abbiamo posposti ai Saggi pubblici, a motivo che la preoccupazione di questi stornava negli alunni l’attenzione e l’interesse di quelli. E crediamo anche di esserci bene apposti riducendo il periodo di codesti esami a sole due settimane, senza nulla torre per altro alla loro importanza. Abbiamo udito sollevarsi tuttavia qualche lagno sulla soppressione degli esami pubblici: ma l’esperienza ei convinse che, di codesti esami pubblici, i frequentati non erano che quelli di canto e strumenti: negli altri tutti gli scanni destinati al pubblico rimasero sempre letteralmente deserti. Ravvi di più: il pubblico che v’interveniva non parve il più calmo all’uopo: si abbandonava di buon grado a un tale sistema di fragorosi applausi, confondeva molte volte nei plausi medesimi siffattamente il mediocre col buono, che non solo lo scopo non era raggiunto, ma le commissioni esaminatrici stesse ne rimanevano gravemente sturbate, a tale che la serenità del giudizio correva rischio d’offuscarsi. Per massima generale, nemmen io sarei lontano dall’istituire un controllo, una guarentigia; sebbene la specchiata probità del nostro corpo insegnante li renda superflui affatto. Ma, d’altro canto, rimane pure indubitato che se v’ebbe talvolta indulgenza, e indulgenza soverchia, essa si verificò precisamente quando da noi si schiusero le porte ad un pubblico non invitato, e ciò non ostante singolarmente ottimista. Nè giammai difatti come allora i premii, le onorificenze piovvero in così grande abbondanza sul capo de’ nostri alunni, e più ancora delle nostre alunne. Nell’anno che si chiude, le onorificenze si numerano in misura alquanto minore, e andranno scemando, io credo, e spero, di più in seguito. Tuttavia ridurle a quei minimi termini che alcuni vorrebbero ad ottenere che una distinzione sia tale non solo di nome ma anche di fatto, non la mi pare cosa gran che agevole, avvegnaché in uno Stabilimento di questa natura, dove le ammissioni non sono libere, ma invece subordinate alla distinta disposizione dell’aspirante, è evidente che le nullità ed anche le mediocrità non possono costituire che un’eccezione. Ciò non ostante, e su questo tema e sul precedente, Consiglio, Professori e Direzione convengono che qualche riforma è desiderabile; ed è loro fermo pensiero occuparsene di proposito. Ma sono questioni delicate; e conviene andare a rilento; perchè distruggere è facile, ma riedificare non lo è. Collo scemare delle onorificenze diminuirà pure in proporzione il numero delle pensioni che vi sono di diritto annesse, costituite, come è noto, dal fondo altre volte stanziato per i posti gratuiti nel Convitto. Già fin dall’anno scorso si potè operare un risparmio in questa categoria, che unitamente ad altri diversi varrà a porre in misura il Conservatorio di procacciarsi mille cose di cui si deplora la mancanza. Del resto s’è di questi giorni assai esagerato, duplicato, triplicato quasi, l’ammontare di codeste pensioni, che partono dalle 10 lire per salire al maximum di lire quaranta mensuali. Anche qui s’è provveduto dal Consiglio passato che le pensioni, anziché versarsi mese per mese, si accumulassero in un fondo, destinato a sovvenire l’alunno a compiuto corso di studii nell’arduo inizio di sua carriera. Cosi si innalzerebbe pure un argine ad impedire che i giovani escano immaturi dall’istituto; fatto che pur troppo s’avvera di frequente. E parlando di riforme, abbiamo veduto espresso un desiderio giustissimo; cioè che nelle nostre scuole venga accordata una maggior importanza all’insegnamento di lettura musicale ed a quello di basso numeralo. Senza discendere a maggiori particolari accenneremo che il primo non ha mai potuto ben ordinarsi, a cagione che si cumularono per ragioni economiche in alcuni professori, del resto valentissimi, disparate funzioni, al cui contemporaneo disimpegno manca un orario commisurato. Quanto alle classi di basso numeralo, noteremo che gli era stato in parte sostituito il metodo orale d’armonia che s’usa in Francia e altrove, metodo che non manca di pregi, ma che appunto congiura tanto quanto a far negligere quello tradizionale della scuola italiana. Il Consiglio Accademico intorno a ciò prevenne il pubblico voto, e sin dal maggio scorso invitò la Direzione a provvedere.

Non soltanto il frequente parlare delle cose nostre per parte della stampa locale; non soltanto l’accorrere crescente di eletto pubblico a qualunque dei nostri Saggi, ei è testimonianza dell’affetto che in generale la città nostra porta a questo nostro prediletto Istituto; ma ce ne porgono anche indubbia fede i doni splendidi che non pochi generosi vanno offrendo al Conservatorio. Quest’anno medesimo possiamo contare una triplice offerta, una più cospicua dell’altra. Un eccellente violino, dono del signor Finzi di Venezia, viene ad aumentare la collezione nonispregevole dei nostri strumenti d’arco; uno stupendo pianoforte di Erard a due meccaniche, appositamente commesso dal signor Francesco Lucca, verrà per disposizione del donatore a rendere più attraenti gli sperimenti dei nostri giovani pianisti. Il signor cav. Giulio Ricordi non cessa mai dall’incoraggiare a maggiori progressi i nostri alunni di qualsiasi classe, regalando gran numero d’opere, opere sempre egregie per istile, e spesso preziose per bellezza d’edizione. Nel corso dell’anno può ben calcolarsi ad oltre un migliaio di lire il valore complessivo di codeste edizioni. Taccio per brevità di un’infinità di altri presenti minori, dovuti a donatori diversi, fra i quali alcuni professori nostri: i quali doni se pur meno importanti, non riescirono men graditi.