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62 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO sentimpofi. E notate bene che questi effetti non partivano che dalla sola voce; perchè Rubini era un mediocre attore e i suoi gesti poco eletti, e spesso nocivi all’espressione drammatica. Non si può adunque appuntare di debolezza la voce di Rubini, poiché prestavasi agli effetti più potenti e drammatici; ma Rubini aveva saputo regolare le ricchezze che gli offriva il suo organo vocale; egli ha saputo cantar pianissimo in guisa da farsi s* ntire al San Carlo di Napoli, alla Scala di Milano e al Teatro della Regina a Londra; le tre più vaste platee d’Europa. Se egli, dopo, cantava piano, si notava già una gradazione di vigore, una prqgressione sensibilissima, un effetto; il piano gli bastava peri cantabili, per le frasi espressive e pei sentimenti d’un grado più elevato; e allora ei faceva altrettanto e più effetto di molti cantanti quando spiegano tutta la loro voce; ma quando si trattava di manifestare dei sentimenti vigorosi, eccessivi, della passi< ne viva, d’arrivare ai grandi effetti drammatici, allora soltanto Rubini spiegava la forza naturale della sua voce. Nè mai ricorreva alle grida, agli urli, agli straziamenti di voce; egli era sicuro della sua potenza perchè era vera e non artificiale: egli era certo di conservarla sempre, perchè era nella natura stessa della sua voce e 1 aveva spiegata con uno studio giudizioso, e non coll’artifizio nè collo sforzo! Lo sforzo! Ma questo è segno o di debolezza o di fatica. La forza è il segno della capacità! Lo sforzo non deve mai diventare un principio, e <hi tal lo proclama si fa reo di lesa-voce. Nessun artista dee fare sforzi. Voi compositori e poeti, su, fate dunque degli sforzi pei’ trovare un pensiero nuovo! Non vi vien egli spontaneo quando avete del genio? Voi, cantanti, fate adunque degli sforzi per deliziare e per trascinare! Voi darete nell’esagerato, e perderete il tempo e la voce. Un artista su mille si salverà collo sforzo, e questa è una sventura, una grave sventura: perchè incammina alla perdita tutti coloro che lo imitano, e diventa il vero autore della decadenza vocale. Poniamo termine a questo breve cenno persuasi di aver invogliato i lettori a procurarsi il libro del Panofka, e fatto nascere in coloro che professano l’arte del canto uno scrupolo ed un timore benefico pel proprio avvenire artistico. F. La musica ed i musicisti dal secolo X sino ai nostri giorni, ovvero biografie cronologiche di illustri maestri, per Amintore Galli, membro on< rario di varie accademie. Milano, presso Giovanni Canti editore di musica. La storia degli artisti è la storia dell’arte: lo studio di quelli è inseparabile dallo studio di questa. Tale è il compito impostosi dal signor Amintore Galli colla pubblicazione del suo pregevolissimo opuscolo. Non si può dire in modo assoluto che questo libro venga a coprire una lacuna fra le molte pubblicazioni congeneri fatte sin qui; poiché, tanto nella parte biografica come nella parte tecnica, possiamo accennare ad altre opere di cui questa del signor Amintore Galli sarebbe figliazione, come a cagion d’esempio VAtlante musicale di Mazzucato, il compendio della storia della musica del Basevi, e quel mare magnum di tutti i biografi musicali che si chiama il Dizionario di Fétis. Nuovo forse fu il concetto di tessere per sommi capi la storia dell’arte in quegli artisti che vi primeggiarono; ma qui accade appunto di domandare se la necessità del fare del lavoro una specie di sunto non abbia portato danno alla sua chiarezza storica. L’esposizione pura e semplice delle varie fasi di una qualunque storia non ha utilità alcuna se non si studia il nesso delle fasi stesse e le ragioni intime delle modificazioni subite da una scienza, da un’arte, da un popolo. Non sappiamo che simile lavoro sia stato da alcuno tentato, ma gli è cosa certa che non sarebbe materia da compendiarsi in breve fascicoletto. Questo del signor Amintore Galli rivela eccellenti studii e molta erudizione. Non tutti i giudizii espressi nel libro si possono accettare senza beneficio di inventario, e non è nostra intenzione di discuterli. Non ristaremo però dal notare come nell’enumerazione degli autori che primeggiarono nell’arte ed al di cui indirizzo incontrastabilmente contribuirono, dovevano figurare anche Schubert e Schumann i di cui lavori sono gemme che non possono essere calcolate come zero. Dell’emulo di Haendel, di Sebastiano Bach, il celebre fughista, è fatto cenno in tre righe; così di Gounod, di David, i campioni della moderna scuola idealistica. Giusto tributo d’onoranza porge il signor Amintore Galli nelle sue biografie ad Alberto Mazzucato ed a Raimondo Boucheron che ei rechiamo ad insigne fortuna d’aver avuto a maestro. ^DWART. Durante il suo soggiorno a Milano il maestro Verdi venne bersagliato da ogni sorta di lettere anonime e non anonime; gli furono offerti 49 soggetti drammatici per opera, gli vennero chiesti 320 autografi ed in soccorsi pecuniarii le domande passarono le 30 mila lire!... Questi particolari li dobbiamo ad un cameriere dell’albergo, il quale raccolse in un cesto tutte le carte inutili lasciate dall’illustre maestro. — Fra le altre, una delle più curiose è la seguente lettera anonima, che copiamo testualmente: «Sig. Cav. Maestro Verdi. «Genova Febrajo 1872. «Sapendo col mezzo dei giornali di costà, i tanti sucesi della «vostra Opera adicala in Alesandria d’Egilo Aida.... è posia «cosà— protesto sul vostro contegno cioè quelo di non con«siderare la vostra città natale, dove la vostra gloria la con«sidero nulla. «Un cittadino «A. B.» Sappiamo che il povero maestro Verdi rimase assai afflitto da questa energica protesta! Trovasi disponibile a Parigi un prezioso autografo musicale di Mozart, che consiste in una grande Aria con accompagnamento di orchestra. Questo magnifico manoscritto intieramente fatto di proprio pugno da Mozart, porta sul frontespizio: Per il sig. Raff: di Amedeo Wolfango Mozart, Mannheim li 17 di feb 1778. L’autografo suddetto contiene tutti i cambiamenti ed accorciature di cui lo stesso Mozart parla in una lettera del 28 febbraio 1778, diretta a suo padre.

Durante il suo soggiorno a Roma Federico Ricci fece la conoscenza di Orazio Vernet, il quale ebbe l’idea di farlo posare per l’Oloferne, del suo quadro Giuditta ed- Oloferne, di cui la Giuditta non è altro che il ritratto della signora Rossini. A parlar giusto adunque, il quadro del celebre pittore rappresenta la signora Rossini che taglia la testa al maestro Federico Ricci.