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2 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO


CARTOLINE POSTALI



I nostri lettori devono essere curiosi, e leggeranno con piacere alcune cartoline che si furono indirizzate in questi giorni a proposito della quistione del teatro alla Scala, che ha trasformato amici, critici e giornalisti in tanti Guelfi e Ghibellini!... Noi ci siamo sempre astenuti dall'entrare in merito, perchè le ragioni in pro ed in contro furono già brillantemente sostenute da altri. E ci asteniamo ancora dall'entrare in lizza, approfittando invece delle cartoline postali che abbiamo ricevuto in proposito, le quali rappresentano forze meglio l'opinione pubblica, di quello che non faccia il noi dei cronisti, dei critici e degli appendicisti.

Intanto ci serviamo della cartolina postale della nostra Gazzetta per mandare a tutti i nostri abbonati presenti e futuri cordialissimi auguri per un felice 1876. A loro: Salute e quattrini. A noi: Diecimila abbonati.

La Direzione





Cartolina N. 1.


Signor Direttore della Gazzetta Musicale.

Milano.


Avendo messo da bando un centinaio di lire per festeggiare colla mia famiglia l'ultimo dell'anno, avevo pensato di condurre moglie e figlie a Milano, e far loro godere lo spettacolo della Scala. Ora ho letto sulla Perseveranza un articolo di un certo Filippo che, per quanto dolcemente, dice roba da chiodi, in ispecie dell'opera. Io, povero provinciale, non so chi sia questo Filippi: ma se un giornale così importante come la Perseveranza, alla quale devono stare veramente a cuore gli interesse cittadini, permette che si stampino tali appendici, è segno che è la verità. Pare dunque che lo spettacolo della Scala non volga davvero la pena di un viaggetto da Lodi a Milano: perciò risparmio i quattrini. Ma siccome nel mio caso vi sono molte altre famiglie, e tutte desiderano almeno una volta in carnevale vedere quale cosa di buono, così prego Lei, signor Direttore, di dirmi se gli spettacoli del Carcano e di Santa Radegonda vanno proprio così bene come si dice, ed allora farà la progettata gita.

Ringrazio e con stima, ecc., ecc.

C. Gaudenti


Lodi, 29 Dicembre 1875.




Cartolina N. 2


Alla Gazzetta Musicale.

Milano.


Il celebre critico della Perseveranza, signor Filippi, ha dunque avuto ragione!... Ha predicato, predicato, ma ai quattro venti, che fatto ottanta!... Ho letto sull Perseveranza l'esito buono del ballo, e meschino dell'opera, la cui scelta anch'io sapevo infelicissima... Io sono ardente fattore del signor Filippi, e sono felicissimo di vedere avverate le sue profezie!... Sapendo che è collaboratore della vostra Gazzette, vengo con questa mia a fare una proposta: si chiuda la Scala: si abbatta il fabbricato, ed al suo posto invece di una colonna infame si eriga un monumento al Dr Filippo Filippi. Se i denari del comune non bastano, concorrano i privati; io intanto comincio ad aprire il fuoco, mandando un Biglietto da 50 centesimi della Banca Popolare di Milano, che qui non ha più corso.

Le raccomando quanto sopra, e mi protesto

Bernardo Candidi


Abbiategrasso, 28 Dicembre 1875




Cartolina N. 3.


Redasione della Gaseta

Musichala.                     Milano.

O leto su la Perseveranza qualmente i chostumi di laschala sono tuti frusti e roba dacciodi. Io sono pataro demestiero esservo sempre i pgliasci di compagni e questri. Mi facia assapere subbeto se poso tratare con laschala per quistare i chostumi. - Speravo anchialtri spetaculi con robba frusta: ma mi dicieno chedora in'anzi se fano novi, sopra li dissegni de un certi Filippa. Ciè di vero?... Epprego risponderme subbito epprego darmi vazione. E sono

suvo


Mosè Griffi


sarto e pataro.


Bergamo, 29 Dicembre 1875.




Cartolina N. 4.


Alla Direzione della Gazzetta Musicale.

Milano1


Il Dottore FIlippi ha nella Perseveranza fatte alcune critiche al mio costume ed a quello del mio amico Enrico. E queste critiche furono trovate così assennate, che alla seconda rappresentazione la Commissione artistica della Scala vi pose, con lodevole zelo, riaro. Enrico, per mezzo mio, vi fa sapere che in quei tempo in Sicilia si portava pochissimo il berretto, e che veniva da pressocchè tutti usato il cappuccio, assai più comodo e più atto a riparare dalle intemperie. E siccome appunto nei giorni in cui avvennero i Vespri il bel tempo non fece difetto, così Enrico non ebbe mai campo di mettersi il cappuccio in testa. Mi venne detto che l'artista incaricato di rappresentarlo alla Scala, aveva il suo bravo cappuccio sulle spalle, e che non lo indossò perchè in nessuno dei Vespri vi fu acquazzone di sorta. Quanto al mio costume per la festa del ballo, devo dare piena ragione al Dottor Filippi: mi sono guardato bene dal travestirmi in modo di non poter essere riconosciuto!... Misi per soprappiù la maschera al viso: ma del rimanente andai in casa Monforte coi vestiti i più severi e adatti al mio personaggio, ed a maggio precauzione appiccicai sulle mie spalle un biglietto su cui scrissi:

“Io sono Giovanni da Procida

  1. Questa lettera era scritta in italiano antiquato e fu voltata da noi con molta fatica in un italiano che meriterebbe d'esserlo.