Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1885.djvu/72

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sita delicatezza, è un pensiero leggiadro, ben filato dall’accompagnamento di quartetto, ed il Baccanale- è ricco, pieno e animatissimo. Parve a taluno che in questa musica non vi fosse sempre quel suggello d’originalità che forma il carattere individuale. Io credo che questo sia il desiderio di coloro che s’aspettano sempre qualche sorpresa o per cambiamenti bruschi di ritmi e di tonalità, o per complicanze strumentali che sbalordiscono sviando la mente da quel filo che la conduce tranquilla e sicura. E se così è, dirò anch’io che novità grande non s’incontra; ma chi bada alla nobiltà espressa con modi chiari, ricchi e fluidi; chi pregia la concatenazione delle idee manifestate con splendore di forma, senza lampi, nè bagliori introdotti per proposito; chi si contenta di provar diletto con soddisfazione pure dell’intelligenza, senza ricorrere ad interpreti malsicuri e pregiudicati; nella musica del giovane Del Valle c’è quel tanto, a parer mio, da presagirgli una carriera nell’arte da fare onore a lui e al nostro paese. Così almeno pare a me che, del resto, non m’impanco nè a dottore, nè a profeta, contento che nel mio modesto avviso non entri mai nulla che turbi la mia coscienza. Il concerto Del Valle chiamò un pubblico scelto e numeroso che lo udì tutto con piacere, senza dar segni di noia e applaudendo costantemente e fragorosamente. Ora veniamo al resto della corrispondenza, e qui procederò più rapidamente. Al Pagliano si sono (col basso Borgioli succeduto al Brogi) avvicendati Ruy Blas ed Emani, fino alla comparsa del Faust colla Copca, un’elegante e cara Margherita, dalla voce morbida e vellutata, dal canto animato ed espressivo, col tenore Lazzerini, che ha bei modi di canto e che, vinte le prime incertezze, si fece valere e applaudire specialmente nella romanza: Salve dimora, e nel duetto con Margherita. La Copca ebbe a ripetere V aria dei gioielli, e il Lazzerini la sua romanza. L’impresa Lisciarelli, non badando a spese e propensa a meritarsi l’approvazione del pubblico, scritturò a bella posta il basso Barberai per la parte di Mefistofele; ma, per lo strapazzo del viaggio, cólto da indisposizione, lo sostituì, senza prove e all’improvviso il basso Buzzi che uscì dal difficile impegno onoratamente e applaudito. Il Barberat comparve la terza sera, ma era forse meglio che ei lasciasse nel desiderio di sè. Benino la esordiente M. Mercuri per il Siebel, benissimo il Ciapini nella parte di Valentino; è un artista troppo noto e troppo caro ai Fiorentini, perchè ei si trattenga a tesserne le lodi. Bene, al solito, l’orchestra, sotto l’animata direzione del maestro V. Fornati. In questo frattempo ebbe luogo al Pagliano la serata d’onore dell’egregio baritono A. Brogi, che eseguì tutto V Emani e il terzo atto del Torquato Tasso. E fu veramente serata d’onore; poiché al Brogi fu fatto quel più che può un pubblico ad un artista: applausi senza fine, corone, canestri e pioggia di fiori, di poesie, d’iscrizioni, richieste di pezzi, chiamate al proscenio: il teatro pieno zeppo per tutto, illuminazione doppia; concorso eletto e straordinario. Alla Pergola si tira avanti col Roberto il Diavolo e con una seconda edizione, come alla Scala, della Favorita. L’impresa Boracchi non si perde mai d’animo, è troppo pratica del suo mestiere per non sapersi trar d’impaccio in certe congiunture improvvise. Finiti gl’impegni colla signora Biancolini e con Aldighieri, ha condotto per la Pergola il Brogi e la signora M. Lucchesi; e riudimmo la Favorita con quei due nuovi personaggi la sera del 25. Dirò che il Brogi ebbe a cantar due volte tutti i suoi pezzi, cominciando dalla sua cavatina; ciò solo vi dica coni’ ei fosse festeggiato. Anche la signora Lucchesi venne molto applaudita sotto le spoglie di Eleonora che ben s’attagliano alla sua bella figura; e così l’impresa si destreggia abilmente, intanto che prepara l’opera nuova, Bianca, del signor Barone Tasca; e che, per di più, vi ha promesso il Ballo in maschera. Voglio informarvi che in una sera del Roberto, preso da indisposizione il direttore d’orchestra Catalanotti; e nessuno volendo salire improvvisamente sullo sgabello, il giovanetto violoncellista e compositore Sarti, cedendo alle insistenti premure dell’impresa e d’altri, assunse la direzione del difficile spartito, e condusse per quella e altre sere felicemente e con plauso in porto la nave. Non vi par questo un bel segno di coraggio d’artista che si sente confortato dalla coscienza del proprio valore? La mattina del 25 l’Istituto Musicale tenne un’adunanza ordinaria, e vi fece una lettura importante il prof, maèstro Giovacchino Bimboni, trattando dell’acustica, della musica e della sua esecuzione. Lo dicevo che era copiosa la materia per questa mia; laonde fo punto senz’altro; e per non allungare, mi astengo dal chiedere l’assoluzione della mia prolissità. — V. M. GENOVA, 28 Gennaio. Il concerto della Società Filarmonica — Altri concerti — Il Rigoletto al Doria. UNED* sera abbiamo avuto una vera festa artistica alla sala Sivori. Si tratIO~ll tava d’un grandioso concerto a prò’ della Società Filarmonica di mutuo soccorso, iniziato e diretto dal presidente della Società medesima, cav. maestro Giuseppe Bossola. Attrattive particolari di detto concerto erano: il nostro illustre concittadino Camillo Sivori, ed una distinta cantante, la signorina Carlotta Badia, che per la prima volta udivamo in Genova. Di Camillo Sivori cosa potrei dire, che già non sia stato ripetuto in tutte le lingue e da tanni anni? A proposito di anni, una signora mi chiedeva quanti ne ha il celebre violinista. Ad udirlo, le’ risposi, non gli se ne darebbero venti, tanta è la robustezza, l’energia, la sicurezza di quel suo arco magico; a vederlo si rimane pure ingannati, perchè, piccolo com’è, saltella sempre ed è vivo, arzillo come un giovinetto. Dunque?... dunque contentiamoci di udirlo, conchiusi, e così facemmo, dopo che l’orchestra, diretta dal Bossola, ebbe terminato il Preludio di quel magnifico Concerto, Op. 61, per violino, del sommo Beethoven. Non so come farei a dirvi ciò che Sivori ha saputo trarre da quella stupenda sonata, ma in fine della stessa, fu un vero uragano d’applausi; il quale si ripetè all’Aria di Bach (Suite in re maggiore); al Canto della sera di Schumann; all’Adagio cantabile, al Movimento perpetuo e alla Berceuse del Sivori stesso. La Società, a cui favore suonava l’eminente artista, gli presentò una bella corona d’alloro fra le ovazioni dell’affollato e sceltissimo uditorio. Un bel successo, e sopratutto vero, spontaneo, ebbe pure la signorina Badia. Trepidante da principio, nella grand’Aria della Semiramide, non tardò a farci sentire sicurezza d’intonazione, facilità d’emissione, trillo ed agilità non comuni. A metà del pezzo aveva guadagnato tutte le simpatie dell’uditorio e calorosi applausi la richiamarono più volte al proscenio. Pose il colmo al suo successo, la bella romanza Sur le lac, l’aria Deh vieni, non tardar di Mozart e il valzer La farfalla di Gelli, del quale ella dovette fare il bis. La voce della signorina Badia è di mezzo-soprano giusto, con tendenza al contralto; non panni che oltrepassi il la negli acuti e l’egual nota nei bassi; ma queste due ottave ha chiare, sonore e di bel timbro, se ne togliamo un paio di note centrali di suono gutturale, ma che non costituiscono difetto, anche per l’abilità sira nel dissimularlo. Mi è impossibile giudicare se la sua voce avrebbe grande espansione in teatro, perchè la sala Sivori è d’una infelicità acustica più unica -che rara; però è certo che la signorina Badia è una distinta cantante, ed in concerti credo non abbia a temere rivali. L’orchestra, come dissi, era diretta dal Bossola, ed essa pure fu applaudita nella Sérénade Française di Burgmein e nelle Airs dans l’ancien style del Delibes; accompagnò stupendamente le sonate del Sivori, e contribuì da sua parte all’esito brillantissimo di questo concerto che, credo, ben a ragione, ho chiamato una vera festa artistica. Un altro concerto diede il Sivori, fin dal lunedì della scorsa settimana, al teatro Doria, e qui pure con gran concorso e pieno successo. Al Circolo Artistico hanno già avuto luogo due mattinate musicali, esse pure con esito brillante e numeroso concorso; all’ultima prese parte la distinta pianista, signora Berta Frugoni, la quale ottenne completo successo ed applausi senza fine. Come vedete, della musica e buona se ne fa; ciò che manca è la grand ligne, come dicono i nostri vicini, cioè lo spettacolo imponente; il quale, mercè la trascuratezza dei nostri pater patria e i puntigli dei signori palchettisti del Carlo Felice, manca assolutamente, con poco decoro d’una sì ricca città. Al Doria ha avuto buon esito il Rigoletto, mercè la valentia della prima donna signora Turconi-Bruni e del bravo baritono Mazzoli, che replicano seralmente fra applausi entusiastici il gran duetto del terzo atto. Il famoso quartetto invece passa sotto silenzio, a cagione del tenore, che stona come... ditelo voi; io penso al supplizio della povera Maddalena, la quale, sopratutto avendo delle belle braccia, meriterebbe almeno uno spasimante meno... stonato. — Minimus. FERRARA, 22 Gennaio. Aktos, melodramma in un prologo e tre atti, versi e musica del maestro Antonio Finotti di Ferrara, al Comunale di Ferrara la sera del 21 gennaio. a nostra Ferrara venne qualche volta, molto a torto, chiamata Beozia della musica, quando invece è una terra d’Italia eletta donde sorgono musicisti, cantanti, maestri, e quello che è più, autori melodrammatici. Sono pochi anni che Giovanni Bergamini ei presentava la sua Parisina, lavoro di merito indiscutibile che contiene pagine di musica dettate da mente superiore; oggi è il maestro Antonio Finotti, che fra le molteplici cure della sua avviata professione di notaio, trovò il tempo di immaginare un soggetto mitologico eroico che svolse nella classica Attica, vestì di versi buonissimi, di sapore Metastasiano, e poscia vi costruì uno spartito musicale che è pregevole lavoro di un ingegno non comune. Dopo un concerto coscienzioso ed accurato, il lavoro del Finotti si presentò ierserà ad un pubblico tutt’altro che benigno, giacché non voleva essere tacciato di pietoso strumento ad un successo cittadino, ma severo, e che siedeva a giudice dell’opera che udiva. Ciò dico per istabilire a priori, come il successo ottenuto dal Finotti, non sia da annoverarsi fra quelli cosidetti di stima, o possa ritenersi un generoso sostegno ad autore concittadino. In un prologo e tre atti il Finotti presenta il soggetto che non ha intrecci, ma è semplice e piano; ei appalesa una sfida fra Giove e Bacco per far cadere una Dea nelle braccia di un mortale. Re Aktos s’innamora pazzamente di Glori, divinità dei boschi; Bacco favorisce questi amori, che hanno effetto, e poscia ne avviene un connubio, col quale lietamente si chiude l’opera. • La musica del Finotti è severa, è maestosa, ma non affascina subito l’uditorio. Egli sta «fra coloro che aspirano al maggior progresso dell’arte, accettando il bello ed il grande, dalla ispirazione melodica Belliniana, alla magica sfumatura istrumentale di Wagner;» e sono sue parole, vere, logiche, e certamente non ismentite. Forse il pubblico attendeva qualche brano che lo scuotesse di più, qualche trovata che lo eccitasse. — No, nel lavoro del Finotti la maestosità ed imponenza delle tinte è costante, ed, a costo di urtare in qualche monotonia, il bravo maestro non si è mai scostato dal genere che imprese a trattare, dallo stile suo. Egli non cadde mai in plagi; e tanto meno, però, in reminiscenze; cosa che sarebbe accaduta a compositore poco accorto, rilevandosi spesso situazioni musicate da sommi maestri. Lo strumentale è condotto con accurata dottrina, e mentre encomio assai il modo di trarre bellissimi effetti dal quartetto e dal registro dei legni, opinerei per qualche sordino agli ottoni. Il pubblico emise un verdetto affermativo, chiamò per ben dieci volte il maestro all’onore della ribalta, e finita l’opera lo rivolle assieme agli esecutori ed ai maestri Campanini, Nepoti e Ungarelli. Vi furono anche tre bis, spontanei e voluti con insistenza, alle due romanze ed arie del tenore dette con metodo finissimo e con frase appassionata dall’ottimo Metellio; e ad una marcia nell’ultimo atto, che contiene una bella e nuova frase, eseguita da trombe e tromboni, con effetto stupendo di lontananza. Il Pessina fu un bravo Bacco; il Giommi un tonante Giove, la Bazzani e la Castellani eseguirono pure con intelligenza la loro parte, e furono applaudite.