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232 Codice cavalleresco italiano


Ma, siccome errare humanum est, e al direttore del combattimento, il quale non ha i cent’occhi d’Argo, può facilmente passare inosservato un colpo, che ha toccato il bersaglio contro cui era diretto, le regole del duello prescrivono:

ART. 401.

Se al direttore o ai testimoni passa inavvertita una ferita, il duellante, che sente di essere stato toccato e quindi ferito dal ferro nemico, deve fare un passo indietro per sciogliere la misura, e dire ad alta voce: «toccato», onde prevenire i testimoni dell’esistenza della ferita, per la sospensione del combattimento.

ART. 402.

Nulla di più facile, che nel calore della lotta, anche al ferito sfugga d’essere stato toccato dall’arme nemica. In tal caso spetta all’avversario di saltare fuori misura e, restando in guardia, dire ad alta voce: Signori, credo di aver toccato; e i testimoni, se lo crederanno, arresteranno il combattimento.

Nota. — Il supposto feritore si guardi bene di dirigere la parola all’avversario; ciò, oltre ad essere contrario alle regole del duello, è sconveniente e indecoroso.

Le parole dirette al nemico durante la lotta, possono inasprire l’animo specialmente del ferito: condurlo ad eccessi deplorevoli e dare tristi risultati.

Un tale procedere poco corretto costò la vita allo Chapuis nella vertenza contro il Dekereil, del quale tenemmo parola, trattando dell’uso della mano sinistra sul terreno, nel Manuale del duellante e nei Duelli mortali del secolo XIX, a pag. 198.