Pagina:Gelli - Codice cavalleresco italiano.djvu/38

Da Wikisource.
12 Codice cavalleresco italiano


presumere di vincere la scommessa. E si passa addirittura nel campo dei rifiuti di galera, quando si pongano in opera male arti per esigere un credito che non esiste, e così via (v. art. 239 e in nota). Giudicò in questo senso il Tribunale d’onore composto dei signori Carlo Cugia dei Marchesi di S. Orsola, Maggior Generale; Conte Eugenio Michelozzi Giacomini, Maggior Generale; Colonnello (poi Generale) Morelli di Popolo, su appello del Cav. Leonida Giovannetti e capitano Clemente Sacco (22 dicembre 1899) rappresentanti di Gelli; il Giurì di Milano 17 settembre 1899, presidente Colonnello Cingia; e il Giurì nella vertenza tenente Di Giorgio e Argentieri, Torino, marzo 1911, presidente il Generale Corradini. Anche l’Angelini a capitolo IV, 5° p. 34 e 6° p. 36 conferma il medesimo concetto.

ART. 10 a.

L’autopresentazione ad un terzo, che trovasi in compagnia di amici comuni, non costituisce provocazione; mentre può costituire offesa di 1° grado respingere l’abituale e convenzionale domanda: Mi permette? all’atto dell’autopresentazione; e codesta offesa può diventare di terzo grado qualora resulti premeditata e consumata con preconcetto di offendere per dispregio (C. d’O. Livorno, 25 marzo 1922).

ART. 11.

Per meglio valutare la entità delle offese in rapporto alla riparazione da concedersi, esse si dividono in quattro gradi:

a) offesa semplice, o di primo grado, se diretta contro il prestigio della persona ingiuriata; e l’offensore, avendo ferito coll’offesa il valentuomo, deve rispondere di un affronto.