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caterina di spagna 201

racchiudere il ritratto di colei che era morta d’affetto per lui, disegnando di sua mano un piccolo modello. Era una specie di medaglione chiuso, il quale aprendosi, da una parte lasciava vedere il ritratto della principessa con questo motto: Morte levar non la può, Amor la impresse: e dall’altro i due C intrecciati, incoronati dalla corona ducale, attorniati da S, e con sotto un nodo d’amore, ed il motto:

Altra tomba quaggiù non può avere
Caterina Real che il cor di Carlo.

Egli raccolse poi, con cura minuziosa, ogni piccolo oggetto a cui fosse legato un ricordo di lei, e tutto conservò gelosamente. Si era fatto come un museo di coserelle che gli rammentavano tanti felici momenti, e in questo vi figurava sino un foglietto di carta, su cui la Duchessa aveva posato la mano, e colla penna, forse la stessa con cui il Duca attendeva a scrivere, aveva per scherzo disegnato i loro ritratti. Chi sa quanti ricordi erano legati, per Carlo Emanuele, a quel pezzetto di carta! Egli vi scrisse sotto di suo pugno, in spagnuolo, la lingua più usata da lei: «Fatto di mano della mia signora».

Poi le corde del suo cuore, scosse dal dolore, vibrarono fortemente, e poetò, ed ecco qui un saggio dei suoi versi, fatti in quella occasione.

Albergo ove il mio ben stette e si piacque,
Com’or mi torna in voi il mio destino?
Il sol già si sparì nel bel mattino,
Tu cieco io senza luce
Restiamo allo sparir del lume amato
E così con ragione anco s’induce.