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cristina albertina di curlandia | 387 |
la pena. So che il posto di mia figlia è presso S. M., ma io gli chiedo due grazie: Prima, di attendere l’arrivo della Regina, a volerla, perchè sotto la protezione della quale soltanto mi sembra che una giovinetta principessa debba esser posta, eppoi perchè sarebbe facile che il Re, o per andare appunto a prendere la Regina, o per recarsi a Vienna, o per qualunque altro caso, dovesse lasciare il Piemonte, ove mia figlia si troverebbe sola, isolata, senza nessuna parente che potesse vegliare su lei, sebbene abbia la più gran fiducia delle persone a cui egli potrebbe affidarla. Seconda: Arrivata la Regina, chiedo di condurle io stessa mia figlia, e di non separarmene fino al momento in cui ella possa occuparsene: la decenza per una giovinetta, i riguardi per una madre e per la Casa di Savoia stessa, devono farmi sperare che il Re, la cui bontà è conosciuta, si degnerà approvare queste modificazioni, facendomi una grazia che ricadrà principalmente sui miei figli e sulla famiglia di cui ho l’onore di far parte.
Il Re, sul primo, non sembrava disposto a cedere, e benché riconoscesse giuste le espressioni della Principessa, e temesse violentandola qualche sua scappata, pure insisteva per avere la giovinetta a Torino. Pel momento però attese il ritorno della Regina. Intanto, queste emozioni e queste incertezze furono un terribile colpo per Cristina Albertina, la cui salute, come ho detto, non era florida, ed una fiera malattia mise in pericolo i suoi giorni. Più che al figlio, alla separazione dal quale ella era da lungo tempo preparata, essa era