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in suo onore di rose e di bianchi panneggiamenti. Dalla reggia dei Normanni, ove soggiornò, visitò le memorie storiche e mistiche della capitale, la tomba di Santa Rosalia, la Grotta del monte Pellegrino, il mausoleo di Ruggero I, la badia di Monreale, ecc. Era artista, colta, devota, e tutto la interessava. Visitò stabilimenti industriali, istituti, ricoveri; largheggiò con tutti, e la sua partenza fu desolazione generale. Palermo, che durante la sua permanenza rigurgitò sempre d’altri isolani, il 2 agosto, giorno della di lei partenza, aveva triplicata la sua popolazione.

Ritornata appena a Napoli, cadde ammalata di languore. Propostole per rimedio il soggiorno di Caserta, dopo alcuni mesi parve riavuta, e l’esultanza generale fu quale ne era stato l’abbattimento. Ma non era che apparenza. Le discordie del Re colla famiglia, ch’ella non poteva capire, l’amareggiavano e ne limavano la delicata salute, perchè nell’udire le parole plateali che fra loro si scambiavano quei suoi rustici parenti, alcune delle quali toccarono talvolta anche a lei, si sentiva morire.

Finalmente si conobbe madre! Ma ahimè, allora essa presentì la sua fine, e calma vi si preparò, ordinando tutte le cose sue. Avvicinandosi il desiderato avvenimento il Re andò con lei nella villa di Portici, perchè potesse godere più calma silenziosa; ma il popolo bramò che l’erede fosse napoletano e fu pregata di tornare a Napoli. Questa partenza essa stessa l’annunziò così alla sorella, duchessa di Lucca: «Questa