Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/161

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A quest’uomo avevi confidato tutto il suo cuore l’inesperta fanciulla. Oh perché Dio le aveva tolto sì presto la madre sua? Non valse la severità, e l’ira paterna a contrastare quell’affetto mal collocato, che dal contrasto medesimo pareva pigliar forza maggiore. La disgraziata infermò, e per non vedersela morir sotto gli occhi, il padre, stretto dal consiglio de’ medici e domato dalle infinite promesse del cavaliero, gli diè la mano della figlia e l’ingente dote promessa.

Ohimè! Come rapidi eran passati due anni di Trionfo e di contentezza! La discordia era venuta a sedere tra i due giovani sposi, e a ritornarli alla pace e all’amore non bastò quell’angioletto che loro aveva dato il Signore dopo un anno di matrimonio. Il cattivo marito non lasciò le triste sue pratiche di prima; le spensieratezze eleganti eransi fatte vizii, e poco mancò non diventassero delitti:

ma intanto la ricchezza era svanita in gran parte; e gli usuraj ne avevano divorate le reliquie. Vennero i giorni della miseria e dell’abbandono. Il superbo signore è morto senza rivedere la figlia, e legò tutto il suo in fastose beneficenze. La povera moglie piange in una deserta soffitta il suo povero bambino che Dio le avea dato, e di recente ritolto. Il crudele marito era lontano già da mesi e mesi. Ella sa pure la misera che quell’uomo, veduta uscir vana la speranza di raccorre qualche parte dell’eredità del ricco suocero, non tornerà più: eppur piange e spera tuttavia.

Una malattia di languore ha solcate le sue guancie; la marezza del suo corpo addolorato e tremante, e quegli occhi vivi e infossati, e le sue braccia scarne e le dita affilate, mostrano ch’ella ha già troppo sofferto