Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/285

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Anzi dirai che quella tenera donna, di tratti sì dolci e gentili, non può d’alcun modo stringere nella destra un ferro omicida, se pur nol facesse semplicemente per vezzo, atta solo com’è, a recar danno o morte altrui per eccesso di voluttà e d’amore. Ed avremmo per ciò stesso a notare di menda il Conconi, che nel dar persona all’Armida, scordò ch’era dessa una fattucchiera, e tale essendo, imprimere le doveva nel volto alcun che di perfido e d’infernale, siccome a colei che adoperava tutt’arti diaboliche, per far uscire a vuoto la sacra impresa dell’esercito crociato. Se non che ci rende inclinati all’indulgenza, il considerare qual prepotente seduzione

eserciti, sovra una mente infervorata e giovanile, il verseggiar del Tasso, il quale pure, è da credersi, riprodusse in Armida qualche maga lusinghiera della Corte di Ferrara, e spese le più dilicate e vive tinte dell’estro, ad eternare riminiscenze o brame dell’anima sua altamente amorosa e poetica.

Abbenché poi gli intendenti severi trovino nel comporre, e spezialmente nel colorire del Conconi, alcune parti meritevoli di critica, noi non esitiamo a presagire aversi fra non lontano tempo a riconoscere in lui un dipintore assai valente, il quale (data opera da prima con assiduo studio a rinvigorirsi nelle parti tecniche dell’arte) quando vorrà potentemente interrogare sé stesso, troverà nella propria fantasia e nel cuore ricchezze inestimabili, che prenderanno dal suo pennello soavi forme e parlanti.

G. B. Bazzoni