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286 | LA GERUSALEMME |
XLIV.
Odi qual novo strepito di Marte
Di verso il colle e la Città ne viene?
D’uopo là fia che ’l tuo valore e l’arte
348I primi assalti de’ nemici affrene.
Vanne tu dunque, e là provvedi, e parte
Vuò che di questi miei teco ne mene:
Con gli altri io me n’andrò dall’altro canto
352A sostener l’impeto ostíle intanto.
XLV.
Così fra lor concluso, ambo gli move
Per diverso sentiero egual fortuna.
Al colle Guelfo, e ’l Capitan va dove
356Gli Arabi omai non han contesa alcuna.
Ma questi, andando, acquista forze, e nove
Genti di passo in passo ognor raguna:
Talchè, già fatto poderoso e grande,
360Giunge ove il fero Turco il sangue spande.
XLVI.
Così scendendo dal natío suo monte
Non empie umile il Po l’angusta sponda;
Ma sempre più, quanto è più lunge al fonte,
364Di nuove forze insuperbito abbonda.
Sovra i rotti confini alza la fronte
Di tauro, e vincitor d’intorno inonda:
E con più corna Adria respinge; e pare
368Che guerra porti, e non tributo al mare.