Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/155

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CANTO DECIMOQUINTO. 135

XXXV.


     Ecco altre isole insieme, altre pendíci
Scoprian alfin men erte ed elevate.
Ed eran queste l’isole felici;
276Così le nominò la prisca etate,
A cui tanto stimava i Cieli amici,
Che credea volontarie, e non arate
Quì partorir le terre, e in più graditi
280Frutti, non culte, germogliar le viti.

XXXVI.


     Quì non fallaci mai fiorir gli olivi,
E ’l mel dicea stillar dall’elci cave:
E scender giù da lor montagne i rivi
284Con acque dolci, e mormorio soave:
E zefiri e rugiade i raggj estivi
Temprarvi sì, che nullo ardor v’è grave:
E quì gli Elisj campi, e le famose
288Stanze delle beate anime pose.

XXXVII.


     A queste or vien la donna, ed, omai sete
Dal fin del corso, lor dicea, non lunge.
L’isole di Fortuna ora vedete,
292Di cui gran fama a voi, ma incerta, giunge.
Ben son elle feconde, e vaghe e liete;
Ma pur molto di falso al ver s’aggiunge.
Così parlando, assai presso si fece
296A quella che la prima è delle diece.