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Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/227

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CANTO DECIMOSETTIMO. 203

LXXXIX.


     Quel ch’a lui rivelò luce divina,
E ch’egli a me scoperse, io a te predíco.
Non fu mai greca, o barbara, o latina
708Progenie, in questo o nel buon tempo antico,
Ricca di tanti eroi, quanti destina
A te chiari nipoti il Cielo amico:
Ch’agguaglieran qual più chiaro si noma
712Di Sparta, di Cartagine, e di Roma.

XC.


     Ma fra gli altri, mi disse, Alfonso io sceglio
Primo in virtù, ma in titolo secondo,
Che nascer dee quando, corrotto e veglio,
716Povero fia d’uomini illustri il mondo.
Questo fia tal, che non sarà chi meglio
La spada usi o lo scettro, o meglio il pondo
O dell’arme sostegna o del diadema,
720Gloria del sangue tuo somma e suprema.

XCI.


     Darà fanciullo, in varie immagin fere
Di guerra, indizio di valor sublime.
Fia terror delle selve e delle fere:
724E negli arringhi avrà le lodi prime.
Poscia riporterà da pugne vere
Palme vittoriose, e spoglie opíme:
E sovente avverrà che ’l crin si cigna
728Or di lauro, or di quercia, or di gramigna.