Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/234

Da Wikisource.
208 LA GERUSALEMME

II.


     A lui, ch’umil gli s’inchinò, le braccia
Stese al collo Goffredo, e gli rispose:
Ogni trista memoria omai si taccia,
12E pongansi in oblio le andate cose.
E per emenda io vorrò sol che faccia,
Quai per uso faresti, opre famose:
Chè in danno de’ nemici, e ’n pro de’ nostri
16Vincer convienti della selva i mostri.

III.


     L’antichissima selva, onde fu innanti
De’ nostri ordigni la materia tratta,
(Qual si sia la cagione) ora è d’incanti
20Secreta stanza e formidabil fatta:
Nè v’è chi legno ivi troncar si vanti:
Nè vuol ragion che la Città si batta
Senza tali instrumenti: or colà dove
24Paventan gli altri, il tuo valor si prove.

IV.


     Così disse egli: e ’l cavalier s’offerse,
Con brevi detti, al rischio e alla fatica:
Ma negli atti magnanimi si scerse
28Ch’assai farà, benchè non molto ei dica.
E verso gli altri poi lieto converse
La destra e ’l volto all’accoglienza amica.
Quì Guelfo, quì Tancredi, e quì già tutti
32S’eran dell’oste i Principi ridutti.