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Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/238

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212 LA GERUSALEMME

XIV.


     Così pensando, alle più eccelse cime
Ascese; e quivi, inchino e riverente,
Alzò il pensier sovra ogni Ciel sublime
108E le luci fissò ne l’Oriente:
La prima vita e le mie colpe prime
Mira con occhio di pietà clemente,
Padre e Signor, e in me tua grazia piovi,
112Sì che ’l mio vecchio Adam purghi e rinnovi.

XV.


     Così pregava, e gli sorgeva a fronte
Fatta già d’auro la vermiglia aurora
Che l’elmo e l’arme e intorno a lui del monte
116Le verdi cime illuminando indora;
E ventillar nel petto e ne la fronte
Sentia gli spirti di piacevol’ ora,
Che sovra il capo suo scotea dal grembo
120De la bell’alba un rugiadoso nembo.

XVI.


     La rugiada del Ciel su le sue spoglie
Cade, che parean cenere al colore,
E sì l’asperge che ’l pallor ne toglie
124E induce in esse un lucido candore;
Tal rabbellisce le smarrite foglie
Ai mattutini geli arido fiore;
E tal di vaga gioventù ritorna
128Lieto il serpente, e di novo or s’adorna.