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220 LA GERUSALEMME

XXXVIII.


     Tornò sereno il Cielo, e l’aura cheta:
Tornò la selva al natural suo stato:
Non d’incanti terribile, e non lieta,
300Piena d’orror, ma dell’orror innato.
Ritenta il vincitor s’altro più vieta
Ch’esser non possa il bosco omai troncato,
Poscia sorride, e fra se dice: o vane
304Sembianze; o folle chi per voi rimane!

XXXIX.


     Quinci s’invia verso le tende; e intanto
Colà gridava il solitario Piero:
Già vinto è della selva il fero incanto:
308Già sen ritorna il vincitor guerriero.
Vedilo; ed ei da lunge, in bianco manto,
Comparia venerabile ed altero:
E dell’aquila sua le argentee piume
312Splendeano al Sol d’inusitato lume.

XL.


     Ei dal campo giojoso alto saluto
Ha con sonoro replicar di gridi:
E poi con lieto onore è ricevuto
316Dal pio Buglione; e non è chi l’invídi.
Dice al Duce il Guerriero: a quel temuto
Bosco n’andai, come imponesti, e ’l vidi:
Vidi, e vinsi gl’incanti: or vadan pure
320Le genti là, chè son le vie sicure.