Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/287

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CANTO DECIMONONO. 259

XLVII.


     Come pastor quando, fremendo intorno
Il vento e i tuoni, e balenando i lampi,
Vede oscurar di mille nubi il giorno,
372Ritrae la greggia dagli aperti campi:
E sollecito cerca alcun soggiorno
Ove l’ira del Ciel sicuro scampi;
Ei col grido indrizzando e con la verga
376Le mandre innanzi, agli ultimi s’atterga;

XLVIII.


     Così il Pagan, che già venir sentía
L’irreparabil turbo e la tempesta,
Che di fremiti orrendi il Ciel feria,
380D’arme ingombrando e quella parte e questa;
Le custodite genti innanzi invia
Nella gran torre, ed egli ultimo resta.
Ultimo parte, e sì cede al periglio,
384Ch’audace appare in provvido consiglio.

XLIX.


     Pur a fatica avvien che si ripari
Dentro alle porte, e le riserra appena;
Chè già, rotte le sbarre, ai limitari
388Rinaldo vien, nè quivi anco s’affrena.
Desio di superar chi non ha pari
In opra d’arme, e giuramento il mena:
Chè non oblia, che in voto egli promise
392Di dar morte a colui che ’l Dano uccise.