Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/37

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CANTO UNDECIMO. 25

LXXI.


     Stassi appoggiato, e con sicura faccia
Freme immobile al pianto il Capitano.
Quegli in gonna succinto, e dalle braccia
564Ripiegato il vestir leggiero e piano,
Or con l’erbe potenti in van procaccia
Trarne lo strale, or con la dotta mano:
E con la destra il tenta, e col tenace
568Ferro il va riprendendo, e nulla face.

LXXII.


     L’arti sue non seconda, ed al disegno
Par che per nulla via Fortuna arrida:
E nel piagato Eroe giunge a tal segno
572L’aspro martir, che n’è quasi omicida.
Or quì l’Angel custode, al duol indegno
Mosso di lui, colse dittamo in Ida:
Erba crinita di purpureo fiore,
576Ch’have in giovani foglie alto valore.

LXXIII.


     E ben mastra Natura alle montane
Capre n’insegna la virtù celata,
Qualor vengon percosse, e lor rimane
580Nel fianco affissa la saetta alata.
Ouesta, benchè da parti assai lontane,
In un momento l’Angelo ha recata:
E, non veduto, entro le mediche onde
584Degli apprestati bagni il succo infonde.