Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/289

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esclamando: sventura! sventura! il martello della vendetta ha spezzato un cranio che racchiudeva i più importanti segreti della scienza. Io spenderò un milione di lussi per possedere questa meravigliosa scatola di intelligenza e di sapere.

Quegli che così parlava era il Virey.

Frattanto, l’Albani colla sua donna al braccio tentava allontanarsi da quel luogo facendosi largo colla voce e col manico della mazza.

Il palazzo di cristallo era quasi demolito. Un migliaio di essere umani si agitavano ignudi fra le rovine di quel piccolo mondo sotterraneo, spauriti dalla folla, rifuggenti da ogni carezza, emettendo grida selvaggie. Taluni, i più adulti, mordevano i pietosi che a loro si accostavano. Si vedevano delle ignude fanciulle ancora impuberi avvinghiarsi ai garzonetti parimenti nudi, invocando protezione con gemiti strazianti, con gesticolazioni che parevano licenziose ed erano ingenue. Il monte era letteralmente coperto di persone. I curiosi serrati in battaglione urtavano la massa degli inerti. Tutti miravano ad un punto, anelavano di vedere l’ignoto. Le grida di viva e di morte formavano un tal frastuono che le creste del monte ne oscillavano. Le nevi smosse precipitavano dai culmini più elevati, formando delle valanghe. Nessuno parea preoccuparsi di un singolare fenomeno atmosferico che si andava sviluppando; nessuno pareva accorgersi che il cielo si copriva di nuvole sinistre, che l’aria tratto tratto era scossa da un cupo rombo di tuono.

Eppure lo scioglimento era prossimo, e quale!... Una voce che parlava da un immane tubo saxopelitto echeggiò improvvisamente di vetta in vetta.

— Deladromo! Deladromo! — gridò la folla convergen-