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Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/68

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Terzo Berretta, la famiglia dell’Olona ha solennizzata la Nuova Pasqua delle genti.

Ed oggi il funebre squillo della campana di Giustizia richiama i cittadini nella piazza per assistere ad una cerimonia lugubre, alla condanna di un gran delinquente, cui giusta il Codice di redenzione è riservata la pena della morte civile.

Allo scoccare dell’ora sesta, una folla di duecentomila persone si estende dalla gradinata del tempio fino alla estremità della contrada Santo è il Lavoro, che termina all’Arco della Pace.

Non una donna fra tanta moltitudine.

Questa elettissima parte dell’umana famiglia è dispensata dall’intervenire alla triste cerimonia. — Nell’anno 1977, una donna che spontanea assistesse a tale spettacolo sarebbe disonorata.

La creatura nata per amare, benedire e compiangere, non deve assistere ai sacrifizii inesorabili della legge.

Ma silenzio...! L’ora giuridica è suonata... L’esecutore della legge ha tolte le cortine che coprivano il palco d’infamia elevato a poca distanza dalla cattedrale... Il colpevole, vestito di gramaglia, le ginocchia strette di catene e il volto velato... deve udire la sentenza...

I magistrati, i savii, gli anziani del popolo, che seggono nelle tribune laterali, si levano in piedi, si scoprono il capo... Le porte del tempio si spalancano. I sacerdoti preceduti dal gran Levita si schierano sulla gradinata, giungendo le mani in atto di preghiera.

Un colpo di cannone annunzia ai presenti ed ai lontani fratelli dell’Olona che il banditore della giustizia è salito sulla torre e sta per proferire la sentenza...

La coscienza del dovere ha imposto silenzio alla folla... Duecentomila persone ammutoliscono... al primo cenno della legge.