Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/90

Da Wikisource.

— 88 —


che forza fisica da me obliata si interponga fra il concepimento e l’effetto... Temo altresì che la giustizia di Dio mi attenda al varco fatale per intercettare colla sua mano onnipotente l’opera del peccatore!...

— Oh! non dubitate! — esclamò Fidelia coll’accento della convinzione. — Il genio emana da lui, ed egli non lo dona perché vada sprecato. La vostra opera fu concetta nel desiderio del bene, e ciò che è buono è benedetto da Dio! Ormai non ho bisogno di altre spiegazioni. Contemplando da questo luogo i meravigliosi apparecchi, io già mi figuro il grande spettacolo che deve aver luogo domani. Le acque ribollono come per incanto... I vapori si concentrano nel vasto serbatoio... Al cadere del sole, voi aprite le grandi valvole — una densa colonna di fumo, sospinta dalle trombe pneumatiche, si slancia verso l’orizzonte che in pochi minuti sì copre di nubi... Dalla città si leva un grido di ammirazione, e i vapori agglomerati e rinfrescati nelle alte regioni dello spazio, si sciolgono in pioggia abbondante!...

— L’angelo ha parlato; io non posso più dubitare dell’opera mia; — disse il giovane cadendo in ginocchio dinanzi a Fidelia, e baciandole un lembo della tunica verginale. — Ora che avete confermata la fede dell’artista, aggiungete, o fanciulla, un miracolo, rendete all’uomo la pace che egli ha perduto da molti anni!

— Alzatevi! — sclamò Fidelia quasi atterrita. — La pace viene da Dio, che la promette e la dona agli uomini di buona volontà.

— La voce della donna è la voce di Dio — proseguì il giovane coll’entusiasmo dell’ispirazione. — Io non leverò le mie ginocchia dalla terra, prima che voi abbiate risposto ad una domanda. Credete voi che un uomo, il quale un tempo si chiamava Secondo Albani, possa aspirare all’amore di una donna?