Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/117

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— Egli non è in grado di poter rispondere — osserva timidamente don Dionigi...

— Zitto lei! signor rompi-torta!

— Nella mia qualità di zio credeva aver diritto...

— Ah! lei è lo zio di questo bel mobile!... lei resti pure... E loro signori prendano subito la porta. —

Carlo Obrizzi, seguíto dalla moglie e dai fratelli, si ritira nella anticamera. Il conte Bolza cava di tasca uno scartafaccio, si avvicina al letto del ferito, e dà principio alla inquisizione:

— Dunque lei è quel carne di collo che si chiama Teodoro Dolci? —

Alla vista dei poliziotti armati e del feroce commissario che gli stava addosso col grugno, quasi volesse divorarlo, Teodoro si leva sui guanciali, e risponde con cenno affermativo del capo.

— Ha ella, nella sera di lunedì scorso, assalito proditoriamente un picchetto di gendarmi?...

— Signor commissario, — interrompe don Dionigi. Io le giuro che mio nipote non è capace di commettere... sì orribili eccessi...

— Zitto! le ripeto, signor menadubbi!... I rapporti che noi abbiamo ricevuti da zelanti impiegati ci assicurano che il signor Teodoro ha ammazzato in piazza Fontana non meno di ventiquattro gendarmi, e feriti cinquanta dragoni dell'imperiale esercito... È ben vero che, dietro altri rapporti pervenutici in appresso, abbiamo constatato che nessun gendarme e nessun soldato delle nostre imperiali regie truppe rimase morto o ferito; ma ciò non toglie che il signor Teodoro siasi recato in sulla piazza con micidiali disegni. Risponda adunque, signor pendolo da forca: quante vittime s'era ella proposto di fare la sera dello scorso lunedì?...

— Stimatissimo signor commissario, — risponde di nuovo il prete, — ella vede che il mio povero nipote è tanto aggravato dal male, che per ora non è in grado di discolparsi; ma io, che conosco l'indole di questo povero figliuolo, io, che l'ho allevato coi santi principii della obbedienza e della religione, posso attestare che loro signori si ingannano.