Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/281

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acete?.... Voi comprimete i singulti? Voi dissimulate i vostri più ardenti affetti dinanzi ad una società codarda, pronta sempre a condannarvi!...

Madama Regola è visibilmente sconcertata da sì inattese conclusioni. A un tratto ella balza in piedi, e con un gesto da Lucrezia romana: figliuole, dice, è ora d'andarcene a letto!... Questo signore ha certe idee...

— Peccato! mormora la Geltrude... Un bel giovinotto!...

— Voi partite, signorine belle? chiede il Brentoni, vedendo che il suo discorso ha prodotto un effetto contrario alle sue speranze. — Vi ho forse offeso con qualche parola?... Vi spiacerebbero forse le mie teorie?

— Poichè volete saperlo, dice madama Regola... io credo che queste mie figliuole, in fatto di matrimonio, abbiano delle idee affatto diverse da quelle che voi avete espresse...

— Possibile! esclama il Brentoni con quella ingenua sorpresa, che è propria di tutti gli esaltati, quando il caso li richiami sul terreno della realtà... Possibile che queste signorine... non dividano con me l'orrore di questa schiavitù legalizzata... che si chiama il matrimonio?

— Pur troppo... non possiamo dividerla!

E tutte le ragazze se ne andarono come uno stormo di oche, modulando in diversi toni: pur troppo!

La cucina era quasi deserta... Lo Zammarini e il Quinetti, che dapprima parean prendere il più vivo interesse alla animata eloquenza di Teobaldo, s'erano addormentati ai lati dell'apostolo. L'albergatore e l'ostessa coi loro sbadigli accennavano il desiderio di ritirarsi.

— No! io non dormirò in questo albergo! disse il Brentoni! C'è troppa malva! Non vorrei che le esalazioni mi avvelenassero... Ehi di là! c'è qualche buon figlio del popolo che voglia rendermi il servigio di accompagnarmi a Ponte d'Albiate?

Un contadino, che in tutta la serata era rimasto silenzioso in un angolo della cucina, facendosi innanzi al Brentoni, e levandosi il cappello: