Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/74

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il varco attraverso a quella immensa barricata di popolo, e animati dal sorriso e dalla voce del generale che loro stendeva le braccia come a fratelli, si lanciarono nella sua carrozza.

Quasi al medesimo punto la campanella diede il segnale della partenza e il convoglio fra un uragano di viva uscì trionfalmente dalla stazione ed indi a poco disparve.

Quei tre giovani, apparsi inaspettatamente a completare la solennità e l'entusiasmo di un istante, divennero il soggetto di tutti i discorsi.

Chi erano? Nessuno li aveva riconosciuti. La camicia rossa aveva abbagliato gli sguardi. I meglio informati sostenevano che erano tre faccie forestiere; altri invece, affidandosi alle ipotesi, profferivano dei nomi e inventavano delle favole assurde; ma l'episodio dei tre garibaldini non cessava per questo di rappresentare un enigma.


VIII.

Com'era da prevedersi, quella straordinaria effervescenza di popolo tornò propizia alla attrice che in quella sera dava in teatro la sua serata di benefizio. Il nuovo dramma La partenza dei volontarii, ritraeva dagli avvenimenti del giorno un'interesse di attualità quale l'autore ed i comici erano lungi dall'aspettarsi.

Allo schiudersi delle porte il teatro fu invaso dalla folla. La platea, le gallerie, il loggione traboccarono di spettatori. L'intera città si era travasata in quell'angusto recinto.

Eugenio Lanfranchi, l'autore della commedia, passeggiava fra le quinte collo sgomento nell'anima. S'egli avesse preveduto quel formidabile concorso di spettatori e di giudici, non avrebbe osato sfidarlo.

Gli pareva che in paragone degli avvenimenti reali il suo dramma fosse una frivola e sbiadita parodia. Le forti commozioni da lui provate al cospetto di Garibaldi, alla vista dei tre sconosciuti che si erano slanciati nella carrozza dell'eroe per seguirlo sui campi di battaglia, gli rinfacciavano la pochezza