Pagina:Giacomelli - Dal diario di una samaritana, 1917.djvu/16

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non è una cosa abbastanza viva... Io sognerei d’avere i mezzi per arricchirla, e sopratutto per poter regalare a ciascun soldato qualche pubblicazione che piacevolmente innalzi gli spiriti, tempri i cuori, formi le coscienze.

Più sto coi soldati, più capisco che il loro contegno al fronte (almeno di gran parte fra essi), contegno che ci riempie d’ammirazione e d’orgoglio, è tanto più meritorio perchè questa guerra, nella grande maggioranza, non la sentono, non la possono sentire come noi. In parte sarà colpa di quegli ufficiali che non si son data la briga di efficacemente spiegarne loro le ragioni, e anche solo che non hanno saputo affezionarseli. (Oh! i soldati, come sanno amare i loro ufficiali, se questi li hanno amati, li hanno istruiti, li hanno educati... E quando rispettano ed amano i loro ufficiali, di che cosa non sono capaci?) In parte sarà anche perchè non erano preparati ad intenderle, le grandi, le alte, le sante ragioni della nostra guerra. E di questo abbiamo colpa un po’ tutti...

A tutto ciò devo pensare quando odo espressioni che mi fanno dispiacere... Li sento pure spesso parlare di imboscati. Ah! se tutti facessero il loro dovere, se non vi fossero nelle retrovie tanti giovani forti, che si sono umiliati a chiedere favori vergognosi, senza pensare a quelli che portano quasi tutto il peso della guerra...


Li 28. — Oggi la signorina portalettere è stata apportatrice ai nuovi arrivati di molta gioia, insieme ai soliti amari disinganni. Questi nostri soldati, che sopportano volentieri tante privazioni e tante fatiche, si esasperano spesso per la mancanza di notizie da casa. «Signo-