Pagina:Giacomelli - Dal diario di una samaritana, 1917.djvu/28

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pronto. Non voglio dire con questo che tornare in trincea sia il suo sogno; ma non farà nulla per ritardarne il momento; e quando sarà venuto, ripartirà semplicemente, senza lamenti.

E’ un buon figliuolo, desideroso di leggere e d’imparare...

Che bella cosa sarebbe, se il tempo dell’ospedale fosse, per ciascuno dei nostri soldati, una scuola. Perchè non la faremmo? E tanto più che quasi tutte le mie compagne sono maestre, e già a qualcuno hanno insegnato, con risultati addirittura brillanti. Non sarebbe un giusto ricambio verso i nostri combattenti, e un mezzo di più per preparare il domani della Patria?


Li 14. — Oggi è arrivata alla signorina Riva una lettera di Palumbo, uno dei partiti del mese scorso. Egli la incarica di ringraziare «tutte le persone che appartennero alla sua guarigione», e aggiunge espressioni di gratitudine davvero esagerate, povero figliuolo. Ma sopratutto m’hanno fatto piacere queste parole, con le quali termina: «Buone sorelle, non trovando altra parola migliore per chiamarle, ho creduto bene dare sfogo al cuore. Mando di nuovo i saluti dal fronte di guerra, e mando le migliori impressioni sul buon umore dei nostri vecchi soldati. Non potete averne un’idea come qui si soffre con pazienza e serietà».

Son proprio questi i nostri buoni, gentili, valorosi soldati.

Ho letto queste ultime righe in sala due, dove c’è