Pagina:Giannone, Pietro – Del regno celeste, 1940 – BEIC 1830525.djvu/9

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INTRODUZIONE A’ tempi di Tiberio Augusto, essendo tetrarca della Galilea Erode Antipa e proconsule della Giudea Ponzio Pilato, da’ deserti vicini al Giordano si vide uscire un uomo selvaggio, che non si cibò che di erbe silvestri e di locuste, e non cinse le sue reni che di cuoio, né vesti le sue membra che di peli di camelo, il quale andava gridando per le contrade: «Poenitentiam agite; appropinquavit enim regnimi coelorum» <*). Era costui Giovanni figliuolo di Zaccaria, sacerdote della stirpe di Abia, nato prodigiosamente da Elisabetta, vecchia e sterile, in un luogo posto fra le montagne della Giudea, il quale, fin dalla sua giovinezza vivendo nelle solitudini di quei deserti, non usci se non dopo che pervenne all’etá di trent’anni, annunziando questo nuovo regno celeste ed un nuovo Messia, di cui egli era solo precursore ed indegno nemmeno di potergli scalzare le scarpe da’ piedi, al quale dovessero credere; e che siccome egli battezzava nell’acqua, cosí colui avrebbe battezzato nel fuoco e nello spirito. Per questo nuovo Messia intendeva Giovanni Gesú di Nazaret, cittá della Galilea, nato in Betlem di Giudea, mentre i suoi parenti Giuseppe e Maria, della famiglia di David, da Nazaret si portavano nella Giudea per ubbidire all’editto della numerazione di Cesare Augusto in far iscrivere i loro nomi (i) Matteo, III, a.