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dell'impero romano cap. ii. | 65 |
Claudio, il numero dei provinciali fosse quasi doppio di quello dei cittadini d’ogni età e d’ogni sesso; e che gli schiavi fossero almeno eguali in numero agli abitanti liberi dell’orbe romano. La somma totale di questo calcolo imperfetto ascenderebbe quasi a cento venti milioni; popolazione, che forse eccede quella della Europa moderna1 e forma la più numerosa società che sia mai stata unita sotto lo stesso sistema di governo.
La pace e l’unione interna erano le naturali conseguenze della moderata ed illuminata politica dei Romani. Se volgiamo gli occhi alle Monarchie dell’Asia, vedremo nel centro il dispotismo, e la debolezza nelle estremità; la percezione delle entrate, o l’amministrazione della giustizia sostenuta dalla presenza dell’armi; nemici barbari stabiliti nel cuor del regno; satrapi ereditari che usurpano il dominio delle province, e sudditi disposti alla ribellione, sebbene incapaci di libertà. Ma l’obbedienza del Mondo romano era uniforme, volontaria e costante. Le vinte nazioni, raccolte in un gran popolo, ponevano giù la speranza, anzi il desiderio di riacquistare la loro indipendenza, e consideravano appena la loro esistenza come distinta da quella di Roma. L’autorità, già assodata degl’Imperatori, si stendeva senza fatica per la vasta estensione dei
- ↑ Se si contano 20 milioni di anime in Francia, 22 in Germania, 4 in Ungheria, 10 in Italia e nell’isole adiacenti, 8 nella Gran-Bretagna e in Irlanda, 8 in Spagna e in Portogallo, 10 o 12 nella Russia europea, 6 in Polonia, 6 in Grecia ed in Turchia, 4 in Svezia, 3 in Danimarca e Norvegia, e 4 nei Paesi Bassi; il totale monterà a 105, o 107 milioni. Ved. la Stor. Gen. di Voltaire. [I computi della popolazione europea sono ora diversi d’assai. La sola Italia contiene al presente 12 milioni d’abitatori (N. D. T.)]